Giorgio Strehler: Cristina Battocletti ne racconta vita, morte e miracoli

Da Trieste a Milano al mondo: storia di un genio del teatro

Il centenario della nascita di Giorgio Strehler (14 agosto 1921) è un'eccellente occasione per tornare a parlare e riflettere sull'opera di un uomo che ha segnato come pochi altri la storia del teatro novecentesco e che oggi appare ingiustamente trascurato o comunque non sufficientemente ricordato.

Fortunatamente c'è chi, con passione, competenza ed un lungo lavoro di ricerche negli archivi e raccolta delle testimoninaze di chi lo ha conosciuto bene, riesce a farci comprendere il geniale regista triestino nella sua grandezza e nelle innumerevoli sfaccettature, raccontandoci passo passo 'vita, morte e miracoli'.

La biografia che la Battocletti ha pubblicato con "La nave di Teseo", dal titolo Giorgio Stehler. Il ragazzo di Triesteè un viaggio documentatissimo e ricco di scoperte che, dalla natia Trieste, segue il regista passo passo nella sua progressiva, inarrestabile ascesa milanese, a fianco di Paolo Grassi, dal Piccolo Teatro all'Europa e al mondo, fino agli ultimi anni di vita, costellati di amarezze ed incomprensioni.

Vediamo allora sfilare davanti agli occhi, mentre leggiamo, le voci e i volti di tanti che gli furono accanto, da Grassi alla Vinchi, da Soleri a Carraro, dalla Lazzarini a Frigerio; delle donne che gli furono compagne, dalla prima moglie Rosita Lupi, a Valentina Cortese, Ornella Vanoni, Andrea Jonasson fino a Mara Bugni, mentre sembra di vedere diversi suoi memorabili  spettacoli.

In questa intervista con la Battocletti abbiamo toccato tanti punti salienti del libro e della biografia di Strehler, a cominciare dall' infanzia a Trieste, tanto importante quanto meno conosciuta, per continuare con l'incredibile determinazione e passione con cui, nella Milano del dopoguerra, crea un "teatro d'arte per tutti", operai e studenti compresi, fino agli ultimi anni in una città e in un paese in cui non riusciva più a riconoscersi.

E' stata anche l'occasione per ragionare insieme sul fondamentale contributo di Strehler all'arte scenica, alla indagine della personalità (tra terribili scatti d'ira e fragilità che cercava di nascondere), alla comprensione del perché oggi non ricordiamo quanto dovremmo questo "monaco del teatro".
Un giorno in metrò, molto prima della pandemia, ricevetti una telefonata in cui raccontavo del lavoro intorno a questa biografia.  Parlavo, mio malgrado a voce alta, perché il mio interlocutore dall'altra parte del ricevitore non riusciva a sentire. Una signora distinta ed elegante che viaggiava sullo  stesso vagone mi si avvicinò: " Finalmente qulcuno che metta a posto la vita di Strehler. "Lo conosceva ?" le chiesi sorridendo. "Certo" mi rispose lei risoluta come se parlasse di un parente stretto. " Andavo a vedere tutti i suoi spettacoli, era un genio". Le chiesi quali per capire se era una boutade di quelle che si dicono, come quando si finge di aver letto un libro che non si è mai aperto.  E lei, prontissima, mi sciorinò un numero incredibile di titoli con tanto di interpreti e particolari sulle messe in scena. " Dopo la sua morte ho provato a tornare a teatro, ma non ce l'ho fatta più.