La tempesta

Un inno al potere del teatro e del perdono che non ha perso un briciolo della sua attualità

William Shakespeare scrive La tempesta tra il 1610 ed il 1611. Essa è tradizionalmente ritenuta l' ultima sua  opera ed è dunque considerata il lavoro che segnò l'addio alle scene del drammaturgo forse più celebre di tutti i tempi.

Il dramma, ambientato su di un'isola imprecisata ma comunque del Mediterraneo, ruota attorno alla vicenda dell'esiliato Prospero, il vero duca di Milano, che trama per riportare sua figlia Miranda al posto che le spetta, utilizzando illusioni e manipolazioni magiche. Mentre suo fratello Antonio e il suo complice, il re di Napoli Alonso, stanno navigando, il mago invoca una tempesta che rovescia gli incolumi passeggeri sull'isola. Attraverso la magia e con l'aiuto del suo servo Ariel, uno spirito dell'aria, Prospero riesce a rivelare la natura bassa di Antonio, a riscattare il re e a far innamorare e sposare sua figlia con il principe di Napoli, Ferdinando.

Tanti sono i temi che affollano questo ultimo capolavoro del genio inglese, dal potere del regno, in questo caso usurpato, a quello della magia, decisiva in tutti o quasi gli snodi cruciali  della trama, fino alla critica al nascente colonialismo, ma su tutti prevalgono quelllo del perdono e del teatro. La tempesta è un inno al teatro fatto con il teatro, la cui forza magica risiede proprio in questa possibilità unica e irripetibile di accedere a dimensioni metafisiche attraverso la cialtroneria di una compagnia di comici che calpestano quattro assi di legno, con pochi oggetti e un mucchietto di costumi rattoppati.  L’uomo avrà sempre nostalgia del teatro perché è rimasto l’unico luogo in cui gli esseri umani possono esercitare il proprio diritto all’atto magico.

Ma quanto tutto questo parla ancora al pubblico di oggi ? Per capirlo siamo andati al Teatro Argentina di Roma dove era appunto in scena La tempesta con la regia di Alessandro Serra e ne abbiamo parlato con i due attori protagonisti, Marco Sgrosso e Chiara Michelini