Guttuso e il Marat morto di David

Dalla serie Io e ...

Guttuso nel suo studio di artista parlò dell’interesse per il quadro di David che rappresenta La morte di Marat. Per studiarlo a fondo,  vent’anni prima ne aveva fatto una copia e mentre lo commentava, durante la trasmissione, ne fece uno schizzo a memoria 
Anna Zanoli

Dallo storico programma Io e … (1972), la testimonianza del pittore Renato Guttuso (1911–1987), su un dipinto fondamentale del Neoclassicismo francese,  La Morte di Marat (1793) di Jacques Louis David (1748–1825). Sul Marat morto di David, oggi icona della storia dell'arte, si è scritto moltissimo; opera emblematica e simbolica nella forma severa e soprattutto nei contenuti con essa veicolati, negli anni di questa intervista troviamo un chiaro accenno ai valori rivoluzionari espressi all'epoca dai motti giovanili sessantotteschi. 
La felice formula di Io e …, nasceva dal connubio di due menti brillanti, la storica dell'arte e ideatrice del programma Anna Zanoli (allora autore della rubrica di successo Capolavori nascosti, Seconda rete), il regista e padre, oramai storico, del genere film sull'arte, Luciano Emmer (regista di soli quattordici episodi di Io e …) e il tutto, con fotografia di Giuseppe Caracciolo e musiche di Ennio Morricone. I quindici minuti, in onda sul Secondo canale Rai, alle 21.15, prima di Rischiatutto, miravano a rendere attraente l'incontro con l'arte attraverso toni informali rivolti a un pubblico vario e più vasto. In quegli anni, sulla Prima rete, andava in onda la figura garbata e professorale del grande critico Kenneth Clark, in viaggio sui luoghi più celebrati dell'arte (Civilization, 1969); con Io e …, della formula B.B.C. rimaneva solo il personaggio famoso davanti al capolavoro. Ed ecco i primi tre nomi proposti da Emmer: Ranuccio Bianchi Bandinelli (che parlerà della Colonna Traina), Cesare Zavattini (che parlerà di Campo di grano con corvi, di Van Gogh) e Renato Guttuso. L'opera era scelta di volta in volta dall'ospite, mentre il commento su di essa, era revisionato da Zanoli per assicurare certi parametri, quelli del racconto vivo, della confessione partecipata per il quadro, scultura o anche paesaggio (Pasolini e la forma della città, 1974), entrati nella vita del protagonista.  

Il Marat morto di David a mio parere è  un grande quadro rivoluzionario che corrisponde al momento più alto raggiunto da questo pittore. Inoltre è un quadro che riunisce due virtù fondamentali, la serenità e la sicurezza di una visione classica, con un sentimento del presente, un sentimento della realtà, una palpitazione … Le due qualità che di solito sono separate, qui si uniscono
Renato Guttuso

Guttuso, nel suo studio con la sigaretta in mano, racconta  dell'incontro con questo quadro e dell'esigenza di doverlo rifare più volte. "La copia è la vera qualità dell'arte", afferma Guttuso, l'unico modo per penetrarne gli intenti dell'artista e studiarne a fondo i modi. Un'esperienza tra l'altro, ribadisce, ripresa anche dagli storici dell'arte ottocenteschi prima della consueta riproduzione fotografica (Giovanni Battista Cavalcaselle). Dunque, "copiando si scoprono un'infinità di cose", anche la fattura sottile dell'opera che David realizza quasi in punta di pennello, sottolinea l'artista siciliano. Lo spettacolare incontro fra Guttuso e Marat, riveste un'aurea di intimità, qui appena accennata, nella restituzione di alcune sequenze di solo audio ambiente, il fruscio del pennello sul grande foglio di carta.

Per dare corpo alla narrazione portammo Guttuso a Parigi proprio davanti alla Chiesa dei Cordeillers dove Marat era stato sepolto, sui luoghi dove avevano abitato i protagonisti della rivoluzione, Robespierre, Danton, David stesso, al Café Procope dove si riunivano, e sulla soglia di una tipografia che occupava lo stesso posto dove Marat stampava “L’ami du peuple” 
Anna Zanoli

Fra Guttuso e il Marat di David, scattava un'identificazione. Il pittore siciliano era stato un giovane rivoluzionario e partigiano e nel dopoguerra, militante nel Partito Comunista. "Senza amicizia non si fa la rivoluzione", afferma Guttuso ammiccando con Emmer che, fuori campo, lo incalza a rivelarsi. 
Jean-Paul Marat (1743-1793), allo scoppio della Rivoluzione francese sosteneva posizioni giacobine con L’Ami du peuple, giornale da lui fondato nello stesso settembre del 1789. Marat serviva la causa senza compromessi e incitava una presa di posizione dura cacciando i girondini dissidenti. Per essere divenuto figura sacrale della Rivoluzione, il 13 luglio 1793, la mano armata della giovane girondina Charlotte Corday, affondava il coltello sull'uomo indifeso, passando così alla storia.

Vi è in questa opera alcunché nel contempo di tenero e pungente; nell'aria fredda di questa camera, su questi muri freddi, intorno a questa fredda e funebre vasca da bagno, si libra un'anima
Charles Baudelaire, 1846

Il giorno successivo la fine di Marat, le forze rivoluzionarie vacillano e David è chiamato a vendicare il suo grande amico del popolo con i pennelli: "À Marat, David", firmava laconico alla base dell'austera cassa accanto alla vasca. Marat viene eletto martire della Rivoluzione, il braccio che cade lo accomuna a precedenti iconografie del Cristo morto, da Michelangelo a Raffaello, fino a Caravaggio. David porta a termine il quadro in tre mesi ed esposto, riscuote grande successo. Subito furono fatte numerose copie, sia a grandezza originale (oggi al Louvre e a Versailles), sia più piccole (oggi a Reims e Digione), sia mediante mezzi stampa. Della gestazione, rimangono due tracce certe, un disegno preparatorio e lo studio su una maschera mortuaria eseguita dal David durante il funerale. Con la caduta di Robespierre e l'esilio di David, la tela passò per diverse mani, amici e discendenti della famiglia e da fine Ottocento, entrò nel museo di Bruxelles (Musées Royaux de Beaux-Arts). Poco prima, Baudelaire aveva scritto un'analisi del dipinto destinata a rimanere celebre. Anche Edvard Munch e Pablo Picasso ne fecero versioni proprie, mentre nel filmato qui proposto, Zanoli ed Emmer montano una breve performance bianco e nero di quell'epoca, dove una Charlotte Corday pugnala Marat.