Luca Serianni: le similitudini nella Divina Commedia
La novità del linguaggio dantesco
come d’autunno si levan le foglie, quali colombe dal disio chiamate
non è solo un omaggio al classicismo e al suo prediletto Virgilio; è un mezzo per potenziare il significato del testo, suggerendone implicazioni più profonde: così Luca Serianni nella conferenza del 26 novembre 2018 rivolta al pubblico del Piccolo Eliseo di Roma.
Luca Serianni ha insegnato a lungo Storia della lingua italiana all’Università di Roma La Sapienza. Socio nazionale dell'Accademia dei Lincei, della Crusca, dell’Accademia delle Scienze di Torino si è occupato di vari argomenti di italiano antico e moderno, di grammatica e di didattica dell’italiano. Autore di una fortunata Grammatica italiana (1988), più volte ristampata, ha dedicato tra l’altro alla lingua letteraria i volumi La lingua poetica italiana. Grammatica e testi (Carocci, 2009), Italiano in prosa (Cesati, 2012), Prima lezione di storia della lingua italiana (Laterza, 2015). L’ultimo libro pubblicato è Per l’italiano di ieri e di oggi (Il Mulino, 2018).
Dante Alighieri, considerato il padre della lingua italiana nonché pilastro della letteratura mondiale, nacque a Firenze tra il 21 maggio e il 21 giugno del 1265. La sua opera più importante, la Comedìa, conosciuta come la Divina commedia e composta tra il 1306 e il 1321, è letta e studiata in tutto il mondo e rappresenta probabilmente la più importante testimonianza della letteratura medievale e del dolce stil novo. Tra le sue altre, magistrali e celeberrime opere ricordiamo: la Vita Nova, composta tra il 1292 e il 1293, dedicata all'amore per Beatrice e che comprende il sonetto Tanto gentile e tanto onesta pare; il Convivio, composto tra il 1303 e il 1308, in cui emerge il ruolo civile della letteratura; il De vulgari eloquentia, trattato composto in latino tra il 1303 e il 1304 in cui Dante difende la dignità e l'importanza della lingua "volgare"; e De monarchia, opera composta tra il 1310 e il 1313 in cui convergono tutto il suo pensiero e la sua filosofia politica. Muore a Ravenna, in esilio dalla sua amata Firenze, nella notte tra il 13 e il 14 settembre del 1321.