Canova: l'atelier del collezionista e studioso

Un racconto di Paolo Mariuz

Paolo Mariuz, storico dell’arte ed esperto di Antonio Canova, in questa intervista focalizza l’attenzione sui primi anni dell’artista a Roma e in particolare sui suoi tre atelier, il definitivo, in via delle Colonnette  (Lo studio di Canova a Roma). 

Canova non copiava gli antichi come di prassi all’epoca, ma li studiava creando un proprio repertorio di immagini che costituiva la base primaria della sua ispirazione e ideazione

Lo studio dell'artista e la parassi del suo lavoro, lo si vede nella tela ottocentesca qui esposta di Pompeo Calvi, “Interno dell’atelier di Canova” (Collezione privata, 1880), che mostra lo scultore nello studio intento a verificare un grande bozzetto in terracotta per lo spettacolare “Monumento di Maria Cristina d’Austria”. Sullo sfondo, dietro una tenda, diversi calchi e modelli, mentre attorno all’artista, compaiono un frequentatore inglese dell'atelier e una modella con in mano dei disegni.
In maniera un po' aneddotica, sottolinea Mariuz, Calvi immagina, l’atelier canoviano di via delle Colonnette, nei pressi del Mausoleo di Augusto, spazio che l’artista abita dagli anni Ottanta di fine Settecento, fino alla fine dei suoi giorni e che divenne luogo di incontro per tanti artisti, intellettuali e collezionisti. 

Stendhal lo definì un “luogo unico sulla terra”, una tappa da non perdere per i numerosi viaggiatori che si recavano in Grand Tour nella Città Eterna

Lo studio era suddiviso in uno spazio pubblico al piano terra e uno privato al primo piano e in quest’ultimo, Canova conservava una fitta biblioteca e parte della sua ricca collezione di opere d’arte.
La preziosa raccolta di tele spaziava dal Quattro al Seicento (in mostra: Alessandro Bonvicino, detto Moretto da Brescia, Ritratto di un ecclesiastico, 1545-‘50 circa, olio su tela, Bayerische Staatsgemäldesammlungen, Alte Pinakothek, Monaco di Baviera; Gerolamo da Ponte, detto Gerolamo Bassano, San Giovanni Evangelista con ai piedi l’offerente Ludovico Tabarino, 1580 circa, olio su tela, Museo Civico, Bassano del Grappa; Valentin Lefèvre, Cleopatra in atto di abbellirsiIl trasporto di Marco Antonio ferito, olii su tela, Museo Civico, Bassano del Grappa), fino ai suoi contemporanei e in particolare, il vedutista Canaletto e all’artista emblema del virtuosismo settecentesco, Giambattista Tiepolo. Di quest’ultimo, del quale Canova possedeva numerosi disegni, dipinti e incisioni, l’artista dimostrò uno spiccato interesse tanto da seguire il mercato per arrivare ad appropriarsi di opere contese. In mostra, lo smagliante bozzetto ovale di Tiepolo eseguito per il soffitto della Chiesa degli Scalzi, distrutto durante un bombardamento austriaco nel 1915 (Giambattista Tiepolo, Il trasporto della Santa Casa di Loreto, 1743 circa, olio su tela, Gallerie dell’Accademia, Venezia).

Nel medesimo spazio privato, Canova destinò una parte anche alla sua preziosa biblioteca. Lo scultore, infatti, era un fine conoscitore e nel corso degli anni arrivò a costituire un’eterogenea raccolta di volumi di stampe di notevole valore artistico, anche grazie al ricco lascito dell'amico e importante mecenate Abbondio Rezzonico

In mostra, sono esposti due preziosi volumi, uno dedicato alle antichità di Giambattista Piranesi (Le Antichità Romane, Roma 1784, II ed., tomo II, Biblioteca Civica, Bassano del Grappa) e uno della famiglia dei Tiepolo (Libro di incisioni di Giambattista, Giandomenico e Lorenzo Tiepolo, 1778, Biblioteca Civica, Bassano del Grappa), esemplare unico dell’edizione curata dal figlio Giandomenico. 
Erede di “tutti li Libri di Belle Arti” con il lascito testamentario del 1810 di Rezzonico, Canova possedeva una biblioteca romana unica nel suo genere.
I preziosi libri, assieme ai dipinti, dopo la morte di Canova vennero lasciati al fratellastro Giambattista Sartori, erede universale dell'artista. Parte del patrimonio venne venduto in tutta Europa da Sartori per finanziare e ultimare l'edificazione delTempio di Possagno, voluto e disegnato da Canova che dell'opera tuttavia, vide solo la posa della prima pietra. 

FOTO DI COPERTINA
Pompeo Calvi, Interno dell’atelier di Canova, 1880, Collezione privata