Anish Kapoor. Untrue Unreal

Il perturbante linguaggio visivo dell'artista in dialogo con Palazzo Strozzi

Il ruolo degli artisti, secondo me, è quello di guardare all’ignoto o al semisconosciuto. Non ho nulla da dire. La mia verità è confidare in ciò che non conosco o conosco solo in parte. In questo, il non vero/non reale è una guida.
Anish Kapoor

La mostra Anish Kapoor. Untrue Unreal a cura di Arturo Galansino, Direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi, propone un percorso tra monumentali installazioni, ambienti intimi e forme conturbanti del celebre maestro anglo-indiano, creando un originale e coinvolgente dialogo tra l’arte di Anish Kapoor e l’architettura di Palazzo Strozzi. Attraverso opere storiche e recenti, tra cui una nuova produzione specificatamente ideata in dialogo con l’architettura del cortile rinascimentale, la mostra rappresenta l’opportunità di entrare in contatto diretto con l’arte di Kapoor nella sua versatilità, discordanza, entropia ed effimerità.
Palazzo Strozzi diviene un luogo concavo e convesso, integro e frantumato allo stesso tempo in cui il visitatore è chiamato a mettere in discussione i propri sensi.
Caratteristica distintiva è il modo in cui le sue opere trascendono la loro materialità. Pigmento, pietra, acciaio, cera e silicone, per citare solo alcuni dei materiali con cui lavora, vengono manipolati, scolpiti, levigati, saturati e trattati mettendo in discussione il confine tra plasticità e immaterialità.

Il colore in Kapoor non è semplicemente materia e tonalità, ma diventa un fenomeno immersivo, dotato di un proprio volume, spaziale e illusorio allo stesso tempo. Le opere di Anish Kapoor uniscono spazi vuoti e pieni, superfici assorbenti e riflettenti, forme geometriche e biomorfe. Rifuggendo categorizzazioni e distinguendosi per un linguaggio visivo unico che unisce pittura, scultura e forme architettoniche, Kapoor indaga lo spazio e il tempo, il dentro e il fuori, invitandoci  a riflettere su dualismi come corpo e mente, natura e artificio, spingendoci ad esplorare il territorio dell'inverosimile e dell'irreale, untrue e unreal. 

Sulla scia della nostra serie di esposizioni dedicate ai maggiori protagonisti dell’arte contemporanea, Kapoor si è confrontato con l’architettura rinascimentale. Il risultato è totalmente originale, quasi una sorta di contrapposizione dialettica, dove simmetria, armonia e rigore sono messi in discussione e i confini tra materiale e immateriale si dissolvono. Nelle geometrie razionali di Palazzo Strozzi, Kapoor ci invita a perdere e ritrovare noi stessi interrogandoci su ciò che è untrue o unreal.
Arturo Galansino, Direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi

La mostra Anish Kapoor. Untrue Unreal a Palazzo Strozzi rappresenta il primo confronto diretto tra l’artista e un edificio-epitome della cultura rinascimentale
La vasta selezione di sculture e installazioni, dall’inizio degli anni Ottanta sino a oggi, presentate a Palazzo Strozzi si riempie di nuovi significati e suggestioni. Il monumentale palazzo progettato per Filippo Strozzi alla fine del Quattrocento, infatti, costituisce un «esercizio di rappresentazione», in cui – lo sottolinea Dario Donetti nel saggio in catalogo – il rivestimento architettonico è ben distinto dai volumi che lo compongono, rendendo così particolarmente suggestivo il dialogo tra un edificio simbolo dell’Umanesimo e del Rinascimento e l’arte di Kapoor, con il suo cimentarsi e confrontarsi con i limiti di una struttura chiusa, con le riflessioni sui rapporti di scala, sulla liminalità, sui concetti di membrana esterna e rivestimento .


Anish Kapoor: Void Pavilion VII, 2023

Il punto di partenza della mostra è il cortile, che l’artista ha voluto occupare con una nuova opera site specific, Void Pavilion VII (2023), un grande monolite bianco nel quale si entra da un’apertura posta a est per trovare tre “vuoti” oscurissimi che si aprono nelle pareti: un’opera che, come ribadisce l’artista, vuole destabilizzare le certezze e la visione razionale che sono alla base del progetto di Palazzo Strozzi. I visitatori che accedono al cubo kapooriano possono – “sprofondando” nei vuoti delle pareti – vivere un momento meditativo sull’idea di spazio, prospettiva e tempo. 

Mi ritrovo a tornare all’idea di narrazione senza racconto, a ciò che permette di introdurre psicologia, paura, morte e amore nel modo più diretto possibile. Questo vuoto non è qualcosa privo di importanza. È uno spazio potenziale, non un non-spazio.
Anish Kapoor

Nel passaggio alle stanze del Piano Nobile, caratterizzate dalla forte regolarità e dalla severa dualità cromatica, l’artista è voluto intervenire proprio sulla simmetria delle sale. E questo intento lo si percepisce sin dalla prima sala, dove l’ambiente viene aggredito da Svayambhu (2007), con le sue dimensioni, il suo movimento e il colore acceso e drammatico della sua materia malleabile. Questo termine sanscrito definisce ciò che si genera autonomamente, che è “sorto da sé”, è il corrispettivo delle immagini acheropite cristiane create senza l’intervento di una mano umana ma impresse miracolosamente su un supporto.
Svayambhu propone una riflessione dialettica tra vuoto e materia: il monumentale blocco di cera rossa, che riproduce un vagone ferroviario stilizzato, si muove su rotaie seguendo un percorso di quasi venti metri tra due sale di Palazzo Strozzi plasmando la materia di cui è composto nel rapporto con l’architettura che attraversa. 
In mostra Svayambhu è messo in rapporto con Endless Column (1992), che fa esplicito riferimento alla celebre scultura La colonne sans fin di Constantin Brâncuși, con cui l’artista rumeno ha voluto suggerire lo slancio verso l’infinito, mentre Kapoor crea forme e meta-ambienti per interagire con lo spettatore sia fisicamente che sensorialmente. 


Anish Kapoor: Svayambhu, 2007

Al corpo seminale di opere nere kapooriane appartiene Non-Object Black (2015). Vantablack, il materiale altamente innovativo usato per quest’opera, è costituito da nanotubi di carbonio capaci di assorbire più del 99,9 per cento della luce visibile, così da rendere invisibili i contorni dell’oggetto. Ne consegue la sparizione della terza dimensione, cosa che consente a Kapoor di mettere in discussione l’idea stessa di oggetto fisico e tangibile e di presentare forme che si dissolvono al passaggio dello sguardo. In questi lavori rivoluzionari l’artista spinge i visitatori a interrogarsi sulla nozione stessa dell’essere, proponendo una riflessione non solo sull’oggettualità ma anche sull’immaterialità che permea il nostro mondo.

A questi lavori di Kapoor dedicati all’indagine della percezione delle forme e degli spazi, al senso di distorsione, a forme destabilizzanti ma unitarie, si affiancano in mostra opere su altri temi che costituiscono comunque una parte fondamentale della sua ricerca: l’attenzione ossessiva per la carne, la materia organica, il corpo e il sangue. Vengono così presentate drammatiche intimità sventrate e devastate, quali la grande scultura in acciaio e resina A Blackish Fluid Excavation (2018). Unendo la pittura al silicone, Kapoor crea lavori dotati di forme fluide che sembrano pulsare di vita propria come First Milk (2015), Tongue Memory (2016), Today You Will Be in Paradise (2016), Three Days of Mourning (2016). Già nel 2000 l’artista ha parlato di una «fase del sangue», dominata dal rosso, colore che da sempre ha caratterizzato i suoi lavori riuscendo a esprimere sia la vita che la morte. 

Dov'è lo spazio reale dell’oggetto? È quello che si sta guardando o è lo spazio al di là di quello che si sta guardando?
Anish Kapoor

Sempre presenti poi nel lavoro di Kapoor la dualità, la contrapposizione, o fusione, tra elementi contrapposti: terra/cielo, maschile/femminile, forma/informe, presenza/assenza, e anche il complesso rapporto tra le culture che lo hanno plasmato, l’orientale e l’occidentale. Alla nozione tradizionale di confini e alla dicotomia tra soggetto e oggetto, si collegano monumentali opere specchianti come Vertigo (2006) con i suoi riflessi invertiti, Mirror (2018) e Newborn (2019), ispirato ancora una volta alle sperimentazioni formali di Brâncuși. L’illusione ottica è elemento centrale di queste opere che sembrano smentire le leggi della fisica: grandi sculture che, infatti, riflettono e deformano lo spazio circostante e lo ingrandiscono, creando una sensazione di irrealtà e destabilizzazione, mentre attirano lo spettatore nello spazio indefinito che emanano. Le immagini vengono distorte, fino ad apparire capovolte e il visitatore avverte una sensazione di straniamento che, oltre a coinvolgerlo sul piano sensoriale, può generare riflessioni sulla natura dell’essere.

Foto di copertina: Anish Kapoor, Newborn, 2019

Anish Kapoor. Untrue Unreal
Firenze, Palazzo Strozzi, 7 ottobre 2023 - 4 febbraio 2024