La memoria dell'acqua
Arte contemporanea e archeologia dialogano all'Isola Bisentina
La storia e i misteri custoditi dall’acqua che circonda l’Isola Bisentina, i culti praticati in un insediamento popolato tra il sedicesimo e l’inizio del nono secolo a.C. Un eccezionale contesto archeologico, scoperto nel 1959 ma indagato in modo approfondito solo recentemente, che ha restituito oggetti d’uso comune e quotidiano ma anche rituale, perfettamente preservati dalla sommersione del sito nel lago di Bolsena, il bacino lacustre di origine vulcanica più esteso d’Europa.
Prendono avvio da qui, nel segno dell’acqua, forza naturale che distrugge e insieme conserva, elemento di continuità tra passato e presente, due diversi progetti espositivi che si intrecciano e a tratti si congiungono sull’Isola Bisentina, in un percorso alla scoperta di un territorio incontaminato e delle sue fasi abitative più remote, anche attraverso un’incursione nella contemporaneità: il dialogo di tre artisti con le memorie ritrovate in questo antico luogo di culto e pellegrinaggio.
L'Isola Bisentina
La mostra La memoria dell’acqua. Nuove scoperte Archeologiche dal Gran Carro di Bolsena (realizzata in collaborazione tra Ministero della Cultura, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e per l'Etruria Meridionale, Fondazione Luigi Rovati e Isola Bisentina), articolata in due sedi, espone una selezione dei reperti ritrovati grazie alle ricerche del Servizio di Archeologia Subacquea della Soprintendenza di Viterbo, per testimoniare la vita quotidiana delle popolazioni residenti nel sito del Gran Carro, anticamente affacciato sulle rive del lago. Le nuove indagini hanno restituito con chiarezza la topografia dell’insediamento, distinto in due settori principali: un ampio spazio abitativo, di cui si conservano ancora centinaia di pali infissi nel terreno, e un’area sacra, detta “Aiola”, costituita da un tumulo di pietre realizzato a secco intorno a sorgenti di acqua calda.
Chiesa SS Giacomo e Cristoforo: reperti dal Gran Carro, ph. Lorenzo Breccola
Nel Palazzo Monaldeschi della Cervara, sede del SiMuLaBo (Sistema Museale del Lago di Bolsena) è ospitata la maggior parte dei materiali dagli scavi recenti, l'ultimo effettuato nel 2024, da inquadrare principalmente nell’ambito della Cultura Villanoviana, ovvero quella che precede la formazione delle grandi città etrusche di Vulci, Tarquinia, Cerveteri, Veio e Orvieto. Tra tutti si segnalano oggetti particolari, come i tre vasetti con beccuccio interpretabili come poppatoi e un sonaglio ancora funzionante, riempito di sassolini, al fine di intrattenere i bambini nella fase dell’allattamento; un vasetto miniaturistico che forse poteva contenere un unguento o un profumo con una singolare decorazione incisa avvicinabile ad una sorta di scrittura proto-Etrusca, mai ancora attestata; una figurina fittile antropomorfa appena abbozzata proveniente dall’area dell’abitato, chiara rappresentazione simbolica legata a pratiche rituali, come suggerirebbe l’iconografia ben nota della dea madre, finora nota soltanto in contesti funerari. Anche i materiali dal monumento cultuale dell’Aiola, grandi vasi biconici contenenti offerte di cibo, quali semi e ossa animali combuste, rimandano ad un culto evidentemente collocato all’aperto e indirizzato alla venerazione di divinità femminili ctonie.
Chiesa SS Giacomo e Cristoforo: reperti dal Gran Carro, ph. Lorenzo Breccola
L’esposizione nella Chiesa dei Santi Giacomo e Cristoforo sull’Isola Bisentina, realizzata in collaborazione con la Fondazione Luigi Rovati, si articola in quattro sezioni tematiche, Il mondo femminile che include oggetti probabilmente utilizzati in prevalenza dalle donne, dagli spilloni alle fibule, con la funzione di ornamento o per fissare le vesti. Il sacro raccoglie reperti decorati con motivi graffiti, ma soprattutto con schematiche figure ornitomorfe, riconducibili al culto della divinità solare. La vita quotidiana offre uno spaccato del vissuto domestico attraverso oggetti legati al consumo e alla conservazione di cibo e bevande: anfore e anforette, ma anche olle, pissidi e boccali, talvolta arricchite da decorazioni plastiche. Il viaggio esplora la dimensione degli scambi e dei contatti: si segnalano un frammento di ceramica d’importazione di tipo protogeometrico, estremamente raro nel mondo medio-tirrenico, e un vaso-modellino a forma di imbarcazione, attestazione del ruolo del lago quale polo di interazione tra culture diverse.
Namsal Siedlecki: Scultura in bronzo, ph. Lorenzo Breccola
A confrontarsi con le suggestioni provenienti dal paesaggio dell'Isola e dalle scoperte relative alle pratiche cultuali delle antiche comunità locali, profondamente connotate dall'ambiente lacustre, sono gli artisti Lisa Dalfino, Namsal Siedlecki e Alex Cecchetti, invitati dalla curatrice Sofia Rovati a realizzare interventi site-specific distribuiti in luoghi simbolici dell’Isola Bisentina.
Il percorso inizia dal punto di approdo dell'isola, la darsena in stile liberty recentemente restaurata, dove affiora dall'acqua Trevis Maponos, un busto in argento di Namsal Siedlecki (1986). L'artista, interessato alla natura processuale e trasformativa dei materiali, modella in cera una figura umana ispirata agli ex voto depositati nelle acque di una sorgente sacra al dio Maponos, venerato dalle tribù galliche, per rivestirla con l’argento di centotrentamila monete provenienti dalla Fontana di Trevi di Roma. Monete acquistate, selezionate e fuse in un’operazione che contamina pratiche votive arcaiche con rituali propiziatori contemporanei.
Anche nell'Oratorio di Monte Calvario, edificio decorato con gli affreschi attribuiti a Benozzo Gozzoli, la scultura di Namsal Siedlecki evoca rituali di culture lontane e rivisita la tradizione induista dei feticci in paglia e spago immersi e sciolti nei fiumi, con la nobile lavorazione in bronzo della statuaria classica, congiungendo effimero e durevole, dissoluzione e cristallizzazione della forma.
La Malta dei Papi, ipogeo scavato nel Monte Tabor, probabilmente destinato a funzioni rituali già in epoca etrusca, accoglie Omphalos di Lisa Dalfino (1987), una scultura sospesa composta da frammenti in vetro satinato, elementi anatomici che richiamano la forma e il senso degli antichi ex-voto. Illuminata dal solo fascio di luce che filtra attraverso un foro al centro della cavità, questa presenza scultorea è inserita nel punto considerato più sacro dell'isola, che si dice in grado di creare una comunicazione con il mondo degli dei in alto e con il mondo dei defunti e delle divinità del sottosuolo in basso.
Alex Cecchetti: Blue Underwater Vision, ph. Lorenzo Breccola
Infine, nella Chiesa dei Santi Giacomo e Cristoforo trovano spazio i lavori su carta di Alex Cecchetti (1973), Underwater visions, che restituiscono la suggestione di un fondale lacustre e sono il risultato di una collaborazione con l’acqua: immerse per tre giorni in una miscela di acqua, limone e minerali, le superfici morbide assorbono lentamente i colori, come se fosse il liquido stesso a dipingersi da dentro dispiegando, alla fine del processo, quella variazione infinita di blu propria della profondità marina. Visioni sottomarine suggerite forse dalle innumerevoli immersioni in apnea che l’artista compie come un gesto di unione con l’oceano.
L’Isola Bisentina è un incontaminato microcosmo all’interno del lago di origine vulcanica più esteso d’Europa, fatto di alberi secolari e flora autoctona con integrazione di specie d’importazione, luogo di testimonianze, passaggi e insediamenti dell’uomo dai tempi antichi a quelli a noi più vicini. Dal 2022 l’isola – prima chiusa al pubblico – si offre ai visitatori in un percorso fra antiche costruzioni architettoniche e opere contemporanee site specific che si integrano con il territorio, rispecchiandone l’aspetto più importante: la sua sacralità.
L’isola è un’opera d’arte unica, realizzata secondo un progetto mistico e artistico nato nel Rinascimento per volontà di papa Pio II e della famiglia Farnese, proseguito da papa Paolo III e portato a termine dal cardinale Alessandro Farnese Junior. Il progetto è quello di creare una Via Crucis sull’isola, con l’edificazione di sette cappelle ed una chiesa grande. La chiesa, dedicata ai Santi Giacomo e Cristoforo, dopo un importante restauro voluto dalla famiglia Rovati, proprietaria dell’isola dal 2017, è di nuovo accessibile dal 2024. Fu originariamente costruita e dedicata a San Giovanni Battista da Ranuccio Farnese il Vecchio, ma sarà il Cardinale Alessandro Farnese il Giovane a costruire sopra questo preesistente edificio l’imponente monumento che oggi vediamo, la cui edificazione ha inizio nel 1588 su disegno di Giovanni Antonio Garzoni da Viggiù, e termina all’epoca di Odoardo Farnese tra il 1602-1603.
Immerse nella maestosità della flora locale sono ubicate sette cappelle edificate fra XV e XVI secolo sui sentieri perimetrali in un percorso devozionale, che fu meta di pellegrinaggio religioso prossimo alla Via Francigena: fra queste la cappella a pianta ottagonale di Santa Caterina attribuita ad Antonio da Sangallo il Giovane e posta su uno sperone di roccia alto ventidue metri, e la cappella del Crocefisso o del Monte Calvario, che conserva preziosi affreschi attribuiti alla mano di Benozzo Gozzoli.
Dopo il declino dei Farnese l’isola continuò a destare l’interesse di tanti, che si avvicendarono nel frequentarla, abitarla ed animarla. Tra vescovi, industriali, principi, poeti, scrittori e duchi, furono in tanti, uomini e donne, ad amarla e a viverla, lasciando dietro di sé frammenti inconfondibili di un passato pieno di fascino.
Foto di copertina: Lisa Dalfino, Omphalos, ph. Lorenzo Breccola
La memoria dell’acqua. Nuove scoperte Archeologiche dal Gran Carro di Bolsena
Palazzo Monaldeschi della Cervara, Bolsena e Chiesa dei Santi Giacomo e Cristoforo, Isola Bisentina, 17 luglio - 2 novembre 2025
La Memoria dell’Acqua. Lisa Dalfino, Namsal Siedlecki e Alex Cecchetti
Isola Bisentina, Lago di Bolsena (VT) 28 giugno – 3 novembre 2025
Prendono avvio da qui, nel segno dell’acqua, forza naturale che distrugge e insieme conserva, elemento di continuità tra passato e presente, due diversi progetti espositivi che si intrecciano e a tratti si congiungono sull’Isola Bisentina, in un percorso alla scoperta di un territorio incontaminato e delle sue fasi abitative più remote, anche attraverso un’incursione nella contemporaneità: il dialogo di tre artisti con le memorie ritrovate in questo antico luogo di culto e pellegrinaggio.
L'Isola Bisentina
La mostra La memoria dell’acqua. Nuove scoperte Archeologiche dal Gran Carro di Bolsena (realizzata in collaborazione tra Ministero della Cultura, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e per l'Etruria Meridionale, Fondazione Luigi Rovati e Isola Bisentina), articolata in due sedi, espone una selezione dei reperti ritrovati grazie alle ricerche del Servizio di Archeologia Subacquea della Soprintendenza di Viterbo, per testimoniare la vita quotidiana delle popolazioni residenti nel sito del Gran Carro, anticamente affacciato sulle rive del lago. Le nuove indagini hanno restituito con chiarezza la topografia dell’insediamento, distinto in due settori principali: un ampio spazio abitativo, di cui si conservano ancora centinaia di pali infissi nel terreno, e un’area sacra, detta “Aiola”, costituita da un tumulo di pietre realizzato a secco intorno a sorgenti di acqua calda.
Chiesa SS Giacomo e Cristoforo: reperti dal Gran Carro, ph. Lorenzo Breccola
Nel Palazzo Monaldeschi della Cervara, sede del SiMuLaBo (Sistema Museale del Lago di Bolsena) è ospitata la maggior parte dei materiali dagli scavi recenti, l'ultimo effettuato nel 2024, da inquadrare principalmente nell’ambito della Cultura Villanoviana, ovvero quella che precede la formazione delle grandi città etrusche di Vulci, Tarquinia, Cerveteri, Veio e Orvieto. Tra tutti si segnalano oggetti particolari, come i tre vasetti con beccuccio interpretabili come poppatoi e un sonaglio ancora funzionante, riempito di sassolini, al fine di intrattenere i bambini nella fase dell’allattamento; un vasetto miniaturistico che forse poteva contenere un unguento o un profumo con una singolare decorazione incisa avvicinabile ad una sorta di scrittura proto-Etrusca, mai ancora attestata; una figurina fittile antropomorfa appena abbozzata proveniente dall’area dell’abitato, chiara rappresentazione simbolica legata a pratiche rituali, come suggerirebbe l’iconografia ben nota della dea madre, finora nota soltanto in contesti funerari. Anche i materiali dal monumento cultuale dell’Aiola, grandi vasi biconici contenenti offerte di cibo, quali semi e ossa animali combuste, rimandano ad un culto evidentemente collocato all’aperto e indirizzato alla venerazione di divinità femminili ctonie.
Chiesa SS Giacomo e Cristoforo: reperti dal Gran Carro, ph. Lorenzo Breccola
L’esposizione nella Chiesa dei Santi Giacomo e Cristoforo sull’Isola Bisentina, realizzata in collaborazione con la Fondazione Luigi Rovati, si articola in quattro sezioni tematiche, Il mondo femminile che include oggetti probabilmente utilizzati in prevalenza dalle donne, dagli spilloni alle fibule, con la funzione di ornamento o per fissare le vesti. Il sacro raccoglie reperti decorati con motivi graffiti, ma soprattutto con schematiche figure ornitomorfe, riconducibili al culto della divinità solare. La vita quotidiana offre uno spaccato del vissuto domestico attraverso oggetti legati al consumo e alla conservazione di cibo e bevande: anfore e anforette, ma anche olle, pissidi e boccali, talvolta arricchite da decorazioni plastiche. Il viaggio esplora la dimensione degli scambi e dei contatti: si segnalano un frammento di ceramica d’importazione di tipo protogeometrico, estremamente raro nel mondo medio-tirrenico, e un vaso-modellino a forma di imbarcazione, attestazione del ruolo del lago quale polo di interazione tra culture diverse.
Namsal Siedlecki: Scultura in bronzo, ph. Lorenzo Breccola
A confrontarsi con le suggestioni provenienti dal paesaggio dell'Isola e dalle scoperte relative alle pratiche cultuali delle antiche comunità locali, profondamente connotate dall'ambiente lacustre, sono gli artisti Lisa Dalfino, Namsal Siedlecki e Alex Cecchetti, invitati dalla curatrice Sofia Rovati a realizzare interventi site-specific distribuiti in luoghi simbolici dell’Isola Bisentina.
Il percorso inizia dal punto di approdo dell'isola, la darsena in stile liberty recentemente restaurata, dove affiora dall'acqua Trevis Maponos, un busto in argento di Namsal Siedlecki (1986). L'artista, interessato alla natura processuale e trasformativa dei materiali, modella in cera una figura umana ispirata agli ex voto depositati nelle acque di una sorgente sacra al dio Maponos, venerato dalle tribù galliche, per rivestirla con l’argento di centotrentamila monete provenienti dalla Fontana di Trevi di Roma. Monete acquistate, selezionate e fuse in un’operazione che contamina pratiche votive arcaiche con rituali propiziatori contemporanei.
Anche nell'Oratorio di Monte Calvario, edificio decorato con gli affreschi attribuiti a Benozzo Gozzoli, la scultura di Namsal Siedlecki evoca rituali di culture lontane e rivisita la tradizione induista dei feticci in paglia e spago immersi e sciolti nei fiumi, con la nobile lavorazione in bronzo della statuaria classica, congiungendo effimero e durevole, dissoluzione e cristallizzazione della forma.
La Malta dei Papi, ipogeo scavato nel Monte Tabor, probabilmente destinato a funzioni rituali già in epoca etrusca, accoglie Omphalos di Lisa Dalfino (1987), una scultura sospesa composta da frammenti in vetro satinato, elementi anatomici che richiamano la forma e il senso degli antichi ex-voto. Illuminata dal solo fascio di luce che filtra attraverso un foro al centro della cavità, questa presenza scultorea è inserita nel punto considerato più sacro dell'isola, che si dice in grado di creare una comunicazione con il mondo degli dei in alto e con il mondo dei defunti e delle divinità del sottosuolo in basso.
Alex Cecchetti: Blue Underwater Vision, ph. Lorenzo Breccola
Infine, nella Chiesa dei Santi Giacomo e Cristoforo trovano spazio i lavori su carta di Alex Cecchetti (1973), Underwater visions, che restituiscono la suggestione di un fondale lacustre e sono il risultato di una collaborazione con l’acqua: immerse per tre giorni in una miscela di acqua, limone e minerali, le superfici morbide assorbono lentamente i colori, come se fosse il liquido stesso a dipingersi da dentro dispiegando, alla fine del processo, quella variazione infinita di blu propria della profondità marina. Visioni sottomarine suggerite forse dalle innumerevoli immersioni in apnea che l’artista compie come un gesto di unione con l’oceano.
L’Isola Bisentina è un incontaminato microcosmo all’interno del lago di origine vulcanica più esteso d’Europa, fatto di alberi secolari e flora autoctona con integrazione di specie d’importazione, luogo di testimonianze, passaggi e insediamenti dell’uomo dai tempi antichi a quelli a noi più vicini. Dal 2022 l’isola – prima chiusa al pubblico – si offre ai visitatori in un percorso fra antiche costruzioni architettoniche e opere contemporanee site specific che si integrano con il territorio, rispecchiandone l’aspetto più importante: la sua sacralità.
L’isola è un’opera d’arte unica, realizzata secondo un progetto mistico e artistico nato nel Rinascimento per volontà di papa Pio II e della famiglia Farnese, proseguito da papa Paolo III e portato a termine dal cardinale Alessandro Farnese Junior. Il progetto è quello di creare una Via Crucis sull’isola, con l’edificazione di sette cappelle ed una chiesa grande. La chiesa, dedicata ai Santi Giacomo e Cristoforo, dopo un importante restauro voluto dalla famiglia Rovati, proprietaria dell’isola dal 2017, è di nuovo accessibile dal 2024. Fu originariamente costruita e dedicata a San Giovanni Battista da Ranuccio Farnese il Vecchio, ma sarà il Cardinale Alessandro Farnese il Giovane a costruire sopra questo preesistente edificio l’imponente monumento che oggi vediamo, la cui edificazione ha inizio nel 1588 su disegno di Giovanni Antonio Garzoni da Viggiù, e termina all’epoca di Odoardo Farnese tra il 1602-1603.
Immerse nella maestosità della flora locale sono ubicate sette cappelle edificate fra XV e XVI secolo sui sentieri perimetrali in un percorso devozionale, che fu meta di pellegrinaggio religioso prossimo alla Via Francigena: fra queste la cappella a pianta ottagonale di Santa Caterina attribuita ad Antonio da Sangallo il Giovane e posta su uno sperone di roccia alto ventidue metri, e la cappella del Crocefisso o del Monte Calvario, che conserva preziosi affreschi attribuiti alla mano di Benozzo Gozzoli.
Dopo il declino dei Farnese l’isola continuò a destare l’interesse di tanti, che si avvicendarono nel frequentarla, abitarla ed animarla. Tra vescovi, industriali, principi, poeti, scrittori e duchi, furono in tanti, uomini e donne, ad amarla e a viverla, lasciando dietro di sé frammenti inconfondibili di un passato pieno di fascino.
Foto di copertina: Lisa Dalfino, Omphalos, ph. Lorenzo Breccola
La memoria dell’acqua. Nuove scoperte Archeologiche dal Gran Carro di Bolsena
Palazzo Monaldeschi della Cervara, Bolsena e Chiesa dei Santi Giacomo e Cristoforo, Isola Bisentina, 17 luglio - 2 novembre 2025
La Memoria dell’Acqua. Lisa Dalfino, Namsal Siedlecki e Alex Cecchetti
Isola Bisentina, Lago di Bolsena (VT) 28 giugno – 3 novembre 2025