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Beato Angelico. Il convento di San Marco
L'impresa decorativa del complesso domenicano
Nato in Mugello, probabilmente già prima del 1395, Guido di Piero fu pittore laico sin verso il 1420, data intorno alla quale entrò nel convento osservante di San Domenico di Fiesole. Come Fra Giovanni, ormai con l’abito domenicano, riprese la sua attività di pittore al termine del noviziato, organizzando la sua bottega negli spazi del convento fiesolano, in parte fuori dalla clausura. L’attività del "frate dipintore" nel convento domenicano osservante di San Marco a Firenze, si colloca tra il 1438 (al suo ritorno dal soggiorno a Cortona) e la fine del 1442, negli anni immediatamente successivi al trasferimento che, per volere di papa Eugenio IV, vi aveva compiuto parte della comunità osservante del convento di San Domenico a Fiesole.[…] la tavola dell’altare maggiore e gli affreschi del Capitolo, del primo chiostro e di tutte le celle del piano superiore e il Crocifisso del Refettorio sono stati tutti dipinti dal medesimo frate domenicano di Fiesole, maestro considerato sommo nell’arte pittorica in Italia, chiamato frate Giovanni di Pietro del Mugello, uomo di grande modestia e vita religiosa.
Cronaca del convento fiorentino di San Marco, 1444
A San Marco la sua attività si svolge in concomitanza con la riedificazione della chiesa e del convento, attuata a partire dal 1437 dall’architetto e scultore Michelozzo di Bartolomeo grazie all’impulso economico dei benefattori dell’ordine domenicano a Firenze: i banchieri Cosimo de’ Medici, pater patriae, e suo fratello Lorenzo, scomparso prematuramente nel 1440. Ormai si è concordi nel circoscrivere questo cantiere pittorico tra il 1438 e il 1443.
L’incarico comprendeva l’esecuzione della grande pala per l’altare maggiore della chiesa, opera completata entro il 1443; gli affreschi del primo chiostro, ribattezzato oggi “di Sant’Antonino”; la monumentale Crocifissione della sala capitolare, databile tra il 1441 e il 1442 5 ; quella realizzata per il refettorio grande, andata perduta nel Cinquecento a seguito dei lavori di ampliamento; infine gli interventi al primo piano, in gran parte eseguiti nel biennio 1441-1443: gli affreschi delle quarantaquattro celle del dormitorio, tripartito nei settori riservati ai chierici, ai novizi e ai conversi, e le iconiche scene dell’Annunciazione, di San Domenico in adorazione del Crocifisso e della Madonna col Bambino in trono e santi (la cosiddetta Madonna delle ombre), distribuite lungo i corridoi a levante e a settentrione.
Si tratta di anni cruciali per la storia dell’arte del primo Rinascimento fiorentino, durante i quali il rivoluzionario linguaggio di Beato Angelico, tra i protagonisti assoluti di questa stagione a cavallo tra Masaccio e Piero della Francesca, avrebbe raggiunto la piena maturazione artistica, grazie anche alle concomitanti esperienze pittoriche che ebbe modo di condurre a Cortona e Perugia (1437-1438).La decorazione del Convento e della Chiesa di san Marco è una delle campagne artistiche più vaste e complesse del tempo. Cosimo il Vecchio fu il principale motore (anche economico) dell’impresa di San Marco, che fondendo le novità architettoniche con quelle pittoriche rappresenta un culmine del primo Rinascimento fiorentino.
Beato Angelico: Cristo deriso, la Vergine e san Domenico (dettaglio), 1438-1439 circa, affresco, Firenze, Museo di San Marco, dormitorio, corridoio est, cella 7
Nel Chiostro di Sant’Antonino, il dipinto di San Domenico in adorazione del Crocifisso (1441-1442 circa) simboleggia l’amore e il dialogo continuo con Gesù che san Domenico professava come motivo conduttore della vita domenicana.
Il luogo dove si trova l’affresco fu donato nel 1628 dal priore di San Marco, Fra Girolamo Soderini, alla famiglia Fabbroni che vi stabilì il proprio sepolcreto. In questa occasione furono aggiunte l’incorniciatura marmorea attualmente visibile, intervento che ridusse purtroppo la superficie originaria dell’affresco di Angelico, e una lapide a suggello del monumento funebre della famiglia. Il pittore Cecco Bravo completò la decorazione realizzando ai lati le figure di Maria e san Giovanni dolenti e alcuni angeli reggifestone.
L’affresco della Crocifissione (1441-1442 circa) nella Sala del Capitolo, è il più grandioso, sia per dimensioni che per concezione, che Angelico ha eseguito con suoi collaboratori a San Marco. Nella scena, oltre ai consueti astanti, è inserita una moltitudine di personaggi: i santi patroni della famiglia Medici, della città e del convento; il fondatore dell’Ordine domenicano, i Padri della Chiesa e i fondatori degli altri principali Ordini monastici. La raffigurazione è dominata dai tre crocifissi con Gesù̀ al centro e i due ladroni ai lati. In origine le figure si stagliavano contro un cielo blu con uno straordinario effetto di profondità che oggi, caduta quasi completamente l’azzurrite originale, possiamo solo immaginare. Sotto la Crocifissione, in una serie di medaglioni, sono effigiati i rappresentanti illustri della famiglia domenicana, come frutti di un tralcio di vite retto al centro da san Domenico.
Il primo piano accoglie il dormitorio, con quarantaquattro celle dislocate lungo tre ampi corridoi: erano le stanze dei frati, destinate al riposo e alla preghiera individuale. Fu edificato da Michelozzo di Bartolomeo tra il 1437 e il 1443 mentre Angelico, coadiuvato da collaboratori, realizzò gli affreschi delle celle e delle pareti esterne ovvero l’Annunciazione, San Domenico in adorazione del Crocifisso e la Madonna delle ombre.
Se era consuetudine decorare gli spazi comunitari (come il capitolo, il refettorio o il chiostro) con immagini sacre rispondenti in molti casi alle destinazioni d’uso degli ambienti, non così scontata era la loro presenza in quelli individuali, le celle dei frati, anche se le Constitutiones consentivano il ricorso a immagini di piccole dimensioni raffiguranti la Crocifissione, la Vergine o san Domenico. Pertanto, l’idea di affrescare l’interno di ogni cella con un’immagine di grandi dimensioni apparve sicuramente innovativa e “moderna” agli occhi dei confratelli.
Le celle del Corridoio est (o ˝Corridoio dei chierici˝), riservato ai frati più anziani, furono affrescate con Storie di Cristo, immagini dal profondo significato spirituale e simbolico. Segue il Corridoio sud (o ˝Corridoio dei novizi˝) riservato ai frati giovani: nelle celle gli affreschi presentano variazioni sul tema, caro ai domenicani, del Crocifisso con san Domenico in preghiera. Tornando verso l’ingresso, si apre sulla sinistra il Corridoio nord (o ˝Corridoio dei laici˝). Le celle sono decorate con storie tratte dai Vangeli ma dalla vena più narrativa. La prima cella fu forse quella di sant’Antonino Pierozzi (1389-1459) al tempo del suo priorato. Proseguendo oltre la Biblioteca, si arriva alla doppia cella di Cosimo de’ Medici (1389-1464), promotore della ristrutturazione del convento, che qui risiedeva nei suoi momenti di ritiro spirituale. In essa soggiornò anche papa Eugenio IV, quando presiedette nel 1443 alla consacrazione della chiesa di San Marco.
Per quanto riguarda le soluzioni tecniche adottate dall'Angelico, nel corso delle campagne di restauro effettuate nel corso degli ultimi decenni è stata rilevata una grande varietà all’interno del ciclo, con una netta differenza fra le scene destinate a una fruizione “collettiva” (da parte della comunità religiosa o dei visitatori) e quelle, invece, ad usum fratrum (gli affreschi nelle celle del dormitorio). Nel primo caso le pitture si connotano per la presenza di rifiniture a secco, di materiali e colori ricercati e preziosi, come la foglia d’oro, l’azzurrite, il lapislazzuli, e per il ricorso talvolta alle lumeggiature o ad altri raffinati accorgimenti per accentuare gli effetti luministici. Al contrario, negli spazi più raccolti e privati del dormitorio, la resa pittorica è più semplificata, contrassegnata da una stesura più rapida, quasi esclusivamente a buon fresco, sempre luminosa ma improntata a una maggiore sobrietà.[...] colpisce l’uso dei bianchi con cui Angelico e i suoi aiutanti raggiunsero effetti di gradazione dagli esiti intimistici, mettendo in opera, come scritto da Giorgio Bonsanti, «una sintesi sublime fra i principi dell’arte nuova rinascimentale e le pretese della fede e della tradizione religiosa», dando vita cioè a quel modo di dipingere che Roberto Longhi definiva «sopranaturalismo» e Giulio Carlo Argan era solito chiamare «naturalismo religioso».
Foto di copertina: Beato Angelico, Annunciazione (dettaglio), 1443 circa, affresco Firenze, Museo di San Marco, dormitorio, corridoio nord. Su concessione del Ministero della Cultura - Direzione regionale Musei nazionali Toscana - Museo di San Marco