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Beato Angelico. Le ricostruzioni, i restauri
Le indagini tecniche e le scoperte
La mostra Beato Angelico (allestita presso Palazzo Strozzi e il Museo di San Marco) ha reso possibile una vasta campagna di restauri, che ha coinvolto quasi trenta opere: tavole, affreschi, miniature, codici, sculture. La rassegna è stata infatti l’occasione per affrontare problematiche conservative emerse recentemente e per avviare interventi attesi da tempo, complessi e di lunga durata. Numerose opere sono state sottoposte a indagini diagnostiche e manutenzioni, approfondendo così la conoscenza delle tecniche e delle condizioni conservative.
Questa articolata campagna, realizzata in collaborazione con l’Opificio delle Pietre Dure e con affermati restauratori, ha restituito alle opere la loro piena leggibilità, unendo alla valorizzazione del patrimonio artistico un concreto impegno di tutela e di trasmissione al futuro.
Le ricostruzioni grafiche di sette grandi pale di Beato Angelico, smembrate e disperse nei secoli, sono state realizzate da Luca Brunke e Fabrizio Nevola (University of Exeter), con la supervisione di Carl Brandon Strehlke e la consulenza di numerosi restauratori e storici dell’arte.
Due ricostruzioni, quelle della Pala di San Pietro Martire e della Pala di Fiesole, sono esposte al Museo di San Marco accanto alle opere originali. Le altre – la Pala Strozzi, l’Incoronazione della Vergine (Paradiso), la Pala della compagnia di San Francesco in Santa Croce (Trittico francescano), la Pala di San Marco e la Pala di Perugia – sono presentate a Palazzo Strozzi, anch’esse accostate alle opere, insieme alla ricostruzione tridimensionale delle cappelle Strozzi nella sagrestia di Santa Trinita, sede originaria della Pala Strozzi.
La Pala di Fiesole (1420-1423; 1501) segnò un momento fondamentale nel percorso di Guido di Piero, in coincidenza con l’ingresso nell’ordine domenicano con il nome di Fra Giovanni. La posizione d’onore alla destra della Vergine è occupata da san Barnaba – per riconoscenza al mercante fiorentino Barnaba degli Agli, che sostenne generosamente la ricostruzione del convento e le spese per il trittico. Il novello frate doveva avere alle spalle all’incirca un decennio di attività come pittore e in questa impresa, che fu certamente la sua prima importante commissione “pubblica”, egli dichiara in maniera esplicita e inequivocabile le componenti stilistico-culturali costitutive della sua arte in quel momento, rintracciabili, secondo alcuni studiosi, nelle opere di Gherardo Starnina e di Masolino da Panicale. Altre opinioni sostengono, invece, la formazione del pittore presso Lorenzo Monaco.
La Pala di Fiesole fu oggetto nel 1501 di uno tra i più celebri interventi cui dipinti più antichi furono sottoposti in conseguenza dell’aggiornamento del gusto, operazione condotta da Lorenzo di Credi. Questi si concentrò soprattutto sugli scomparti del registro principale, che furono accostati eliminando l’incorniciatura tardogotica e raccordati, in alto con l’innesto di una grande tavola, nella parte inferiore con l’aggiunta di un’ulteriore tavola di qualche centimetro d’altezza. Il fondo oro fu nascosto mediante una bellissima ridipintura: all’interno di una struttura architettonica classicheggiante tipica del Rinascimento maturo, s’intravede un luminoso paesaggio.
Le riflettografie IR eseguite in occasione del restauro (condotto sulla superficie pittorica da Daniele Rossi nel 2024-2025) hanno evidenziato la struttura originaria del trono, concepito dall' Angelico, in particolare per quanto riguarda la spalliera, di forma poligonale e non curva.
La Pala della compagnia di San Francesco in Santa Croce (Trittico francescano 1428-1429) è il solo incarico che Beato Angelico ricevette da una confraternita legata all’ordine mendicante dei francescani, “rivale” storico dei domenicani. Si tratta di un tassello fondamentale nell’elaborazione delle pale eseguite dal pittore domenicano. Rispetto alle pale di Fiesole e di San Pietro Martire, le proporzioni sono ancora più monumentali. La Madonna, al centro, è volutamente più grande dei santi che la affiancano, trattati quasi come statue. Colpisce la preziosità dei materiali utilizzati: allo sfondo dorato, al blu lapislazzuli del mantello della Vergine e al broccato alle sue spalle si aggiunge la croce in argento sorretta da Giovanni Battista.
Beato Angelico impiegò una cura da miniaturista nella resa dei dettagli delle figure. Lo sfarzo del registro principale e delle cuspidi del trittico può essere nuovamente apprezzato dopo il recente restauro eseguito dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, operazione che non ha peraltro nascosto i molti danni subiti nel tempo dalla pala. Nel 1785, quando la confraternita fu soppressa, la predella andò dispersa e i pannelli principali furono restaurati abusivamente con la soda. La predella è costituita da cinque pannelli che raffigurano storie di san Francesco d’Assisi. Tre di essi si trovano alla Gemäldegalerie di Berlino. Un altro frammento è al LindenauMuseum di Altenburg (acquisito nel 1845 a Roma), mentre l’ultimo pannello si trova ai Musei Vaticani almeno dal 1837. Nella predella Beato Angelico dà libero corso alla sua fantasia, rappresentando un paesaggio di freschezza inedita (nell’Incontro tra Domenico e Francesco), dei notturni tanto sorprendenti quanto mistici (nella scena delle Stimmate e nell’Apparizione ad Arles) o, nella Prova del fuoco, una composizione che ritroveremo nelle sue pale unificate, a partire da quella di San Marco. Singolarmente è dunque in una zona marginale dell’opera, ovvero la predella, che il pittore si mostra più audace, stabilendo così le basi delle sue creazioni future.
La sequenza originale della predella è stata lungamente dibattuta. Le analisi radiografiche condotte dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze hanno dimostrato che l’Incontro tra i santi Domenico e Francesco d’Assisi era collocato all’estrema sinistra, seguito da San Francesco d’Assisi riceve le stimmate; a destra dei Funerali e accertamento delle stimmate si trovava prima l’Apparizione di san Francesco d’Assisi ad Arles, poi la Prova del fuoco di san Francesco d’Assisi davanti al sultano. L’ordine delle scene non sarebbe quindi per niente cronologico, ma dipenderebbe più da un desiderio di equilibrio compositivo tra le scene diurne e quelle notturne.
La Deposizione (1421-1424 circa; 1430-1432 circa) di Beato Angelico costituisce il pannello centrale di una pala d’altare commissionata da Palla Strozzi per la sagrestia della sua famiglia in Santa Trinita a Firenze. Fu iniziata da Lorenzo Monaco e probabilmente lasciata incompiuta alla morte dell’artista, avvenuta intorno al 1424. Tra le parti dipinte da Lorenzo figurano le cuspidi e la predella. L'intervento dell’Angelico segna il pieno distacco dalla tradizione tardogotica, una maturazione compiuta attraverso la comprensione dell'umanesimo di Masaccio, della prospettiva centrale di Brunelleschi canonizzata da Leon Battista Alberti, della lezione classicista avviata da Ghiberti e Donatello.
Il restauro della Deposizione di Santa Trinita del Beato Angelico eseguito tra il 2023 e il 2025 (curato da Lucia Biondi con il sostegno di Friends of Florence) ha restituito l'oro originale dei pilastrini laterali, precedentemente coperto da stucchi e dorature ottocentesche, ha risolto problemi legati alla patina ottocentesca e a vernici e colle alterate del passato che avevano oscurato i colori, ristabilendo la profondità e i volumi originali, soprattutto nel paesaggio sullo sfondo.
Foto di copertina: Beato Angelico, Pala Strozzi (dettaglio) Firenze, Museo di San Marco. Su concessione del Ministero della Cultura - Direzione regionale Musei nazionali Toscana - Museo di San Marco
Questa articolata campagna, realizzata in collaborazione con l’Opificio delle Pietre Dure e con affermati restauratori, ha restituito alle opere la loro piena leggibilità, unendo alla valorizzazione del patrimonio artistico un concreto impegno di tutela e di trasmissione al futuro.
Le ricostruzioni grafiche di sette grandi pale di Beato Angelico, smembrate e disperse nei secoli, sono state realizzate da Luca Brunke e Fabrizio Nevola (University of Exeter), con la supervisione di Carl Brandon Strehlke e la consulenza di numerosi restauratori e storici dell’arte.
Due ricostruzioni, quelle della Pala di San Pietro Martire e della Pala di Fiesole, sono esposte al Museo di San Marco accanto alle opere originali. Le altre – la Pala Strozzi, l’Incoronazione della Vergine (Paradiso), la Pala della compagnia di San Francesco in Santa Croce (Trittico francescano), la Pala di San Marco e la Pala di Perugia – sono presentate a Palazzo Strozzi, anch’esse accostate alle opere, insieme alla ricostruzione tridimensionale delle cappelle Strozzi nella sagrestia di Santa Trinita, sede originaria della Pala Strozzi.
La Pala di Fiesole (1420-1423; 1501) segnò un momento fondamentale nel percorso di Guido di Piero, in coincidenza con l’ingresso nell’ordine domenicano con il nome di Fra Giovanni. La posizione d’onore alla destra della Vergine è occupata da san Barnaba – per riconoscenza al mercante fiorentino Barnaba degli Agli, che sostenne generosamente la ricostruzione del convento e le spese per il trittico. Il novello frate doveva avere alle spalle all’incirca un decennio di attività come pittore e in questa impresa, che fu certamente la sua prima importante commissione “pubblica”, egli dichiara in maniera esplicita e inequivocabile le componenti stilistico-culturali costitutive della sua arte in quel momento, rintracciabili, secondo alcuni studiosi, nelle opere di Gherardo Starnina e di Masolino da Panicale. Altre opinioni sostengono, invece, la formazione del pittore presso Lorenzo Monaco.
La Pala di Fiesole fu oggetto nel 1501 di uno tra i più celebri interventi cui dipinti più antichi furono sottoposti in conseguenza dell’aggiornamento del gusto, operazione condotta da Lorenzo di Credi. Questi si concentrò soprattutto sugli scomparti del registro principale, che furono accostati eliminando l’incorniciatura tardogotica e raccordati, in alto con l’innesto di una grande tavola, nella parte inferiore con l’aggiunta di un’ulteriore tavola di qualche centimetro d’altezza. Il fondo oro fu nascosto mediante una bellissima ridipintura: all’interno di una struttura architettonica classicheggiante tipica del Rinascimento maturo, s’intravede un luminoso paesaggio.
Le riflettografie IR eseguite in occasione del restauro (condotto sulla superficie pittorica da Daniele Rossi nel 2024-2025) hanno evidenziato la struttura originaria del trono, concepito dall' Angelico, in particolare per quanto riguarda la spalliera, di forma poligonale e non curva.
La Pala della compagnia di San Francesco in Santa Croce (Trittico francescano 1428-1429) è il solo incarico che Beato Angelico ricevette da una confraternita legata all’ordine mendicante dei francescani, “rivale” storico dei domenicani. Si tratta di un tassello fondamentale nell’elaborazione delle pale eseguite dal pittore domenicano. Rispetto alle pale di Fiesole e di San Pietro Martire, le proporzioni sono ancora più monumentali. La Madonna, al centro, è volutamente più grande dei santi che la affiancano, trattati quasi come statue. Colpisce la preziosità dei materiali utilizzati: allo sfondo dorato, al blu lapislazzuli del mantello della Vergine e al broccato alle sue spalle si aggiunge la croce in argento sorretta da Giovanni Battista.
Beato Angelico impiegò una cura da miniaturista nella resa dei dettagli delle figure. Lo sfarzo del registro principale e delle cuspidi del trittico può essere nuovamente apprezzato dopo il recente restauro eseguito dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, operazione che non ha peraltro nascosto i molti danni subiti nel tempo dalla pala. Nel 1785, quando la confraternita fu soppressa, la predella andò dispersa e i pannelli principali furono restaurati abusivamente con la soda. La predella è costituita da cinque pannelli che raffigurano storie di san Francesco d’Assisi. Tre di essi si trovano alla Gemäldegalerie di Berlino. Un altro frammento è al LindenauMuseum di Altenburg (acquisito nel 1845 a Roma), mentre l’ultimo pannello si trova ai Musei Vaticani almeno dal 1837. Nella predella Beato Angelico dà libero corso alla sua fantasia, rappresentando un paesaggio di freschezza inedita (nell’Incontro tra Domenico e Francesco), dei notturni tanto sorprendenti quanto mistici (nella scena delle Stimmate e nell’Apparizione ad Arles) o, nella Prova del fuoco, una composizione che ritroveremo nelle sue pale unificate, a partire da quella di San Marco. Singolarmente è dunque in una zona marginale dell’opera, ovvero la predella, che il pittore si mostra più audace, stabilendo così le basi delle sue creazioni future.
La sequenza originale della predella è stata lungamente dibattuta. Le analisi radiografiche condotte dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze hanno dimostrato che l’Incontro tra i santi Domenico e Francesco d’Assisi era collocato all’estrema sinistra, seguito da San Francesco d’Assisi riceve le stimmate; a destra dei Funerali e accertamento delle stimmate si trovava prima l’Apparizione di san Francesco d’Assisi ad Arles, poi la Prova del fuoco di san Francesco d’Assisi davanti al sultano. L’ordine delle scene non sarebbe quindi per niente cronologico, ma dipenderebbe più da un desiderio di equilibrio compositivo tra le scene diurne e quelle notturne.
La Deposizione (1421-1424 circa; 1430-1432 circa) di Beato Angelico costituisce il pannello centrale di una pala d’altare commissionata da Palla Strozzi per la sagrestia della sua famiglia in Santa Trinita a Firenze. Fu iniziata da Lorenzo Monaco e probabilmente lasciata incompiuta alla morte dell’artista, avvenuta intorno al 1424. Tra le parti dipinte da Lorenzo figurano le cuspidi e la predella. L'intervento dell’Angelico segna il pieno distacco dalla tradizione tardogotica, una maturazione compiuta attraverso la comprensione dell'umanesimo di Masaccio, della prospettiva centrale di Brunelleschi canonizzata da Leon Battista Alberti, della lezione classicista avviata da Ghiberti e Donatello.
Il restauro della Deposizione di Santa Trinita del Beato Angelico eseguito tra il 2023 e il 2025 (curato da Lucia Biondi con il sostegno di Friends of Florence) ha restituito l'oro originale dei pilastrini laterali, precedentemente coperto da stucchi e dorature ottocentesche, ha risolto problemi legati alla patina ottocentesca e a vernici e colle alterate del passato che avevano oscurato i colori, ristabilendo la profondità e i volumi originali, soprattutto nel paesaggio sullo sfondo.
Foto di copertina: Beato Angelico, Pala Strozzi (dettaglio) Firenze, Museo di San Marco. Su concessione del Ministero della Cultura - Direzione regionale Musei nazionali Toscana - Museo di San Marco