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Il Convento di San Marco: l'eredità visiva

Beato Angelico e gli artisti del Novecento

Beato Angelico ha saputo e ancora oggi sa parlare all'uomo in generale, attraverso questa estrema capacità di mettere insieme gli opposti: la geometria astratta, ma anche il particolare dettaglio naturalistico che crea un contatto con l'osservatore per condurlo, poi, verso livelli superiori.

Il Convento di San Marco racchiude un'arte destinata alla contemplazione di pochissimi eletti. E' un luogo di profonda spiritualità progettato per la vita cenobitica, dove si stabilisce una "relazione necessaria, quasi mistica, tra osservatore e opera d’arte". Proprio il ciclo di affeschi eseguito dal Beato Angelico negli spazi del convento inaccessibili al pubblico e, in particolare, nelle quarantaquattro celle del dormitorio, costituisce l'esempio più alto della ricerca artistica del frate verso una "pittura di luce", un'eredità visiva che più ha intercettato la sensibilità degli artisti del Novecento.   

Terre bianche, grigie, ocra, terre di Siena naturali o bruciate ma chiarissime: è una tavolozza inedita per l'epoca, potrebbe essere quella di un Giorgio Morandi molti secoli dopo. Ma è così che dipinge l'Angelico.
Gregorio Botta (Pollock e Rothko. Il gesto e il respiro, 2020) 

Tra questi, il pittore americano Mark Rothko (1903 – 1970) appare quello che ha saputo comprendere più a fondo l’essenza della poetica di Fra Giovanni da Fiesole. Nei suoi tre viaggi in Italia (compiuti nel 1950, nel 1959, e nel 1966), infatti, l’artista tornò puntualmente a visitare il Museo di San Marco, "stringendo con il ciclo di affreschi del frate pittore un legame intenso e pieno di conseguenze strutturali e formali per la sua arte". Uno studio specifico di Marco Cianchi (Docente presso l'Accademia di Belle Arti di Firenze) ha evidenziato come "Rothko riconobbe nella qualità tonale della pittura angelichiana, e nella “respirabilità” (breathingness), come la definiva, degli affreschi delle celle del dormitorio di San Marco, un esempio di rarefazione (simbolica, filosofica, stilistica) a cui tendere." 


Mark Rothko

Un uso del colore e della luce, descritta come "trascendente e spirituale", meditato e trasposto nel codice proprio della pittura informale. Rothko per avvicinarsi a quell'effetto, studiò la preparazione in gesso utilizzata da Angelico per conferire ai suoi pigmenti una qualità simile all'affresco, abbandonò le forme irregolari e la tavolozza accesa sperimentate fino ad allora, per elaborare grandi superfici caratterizzate da campiture ortogonali dalle sfumature sottili, con esiti formali di intenso lirismo.

Qui lo sguardo trova finalmente pace. Trova la semplicità ortogonale che vede negli affreschi, trova la radicale essenzialità della pittura, trova soprattutto la luce, che sembra uscire dalle pareti e far vibrare lo spazio di ogni cella. Come nei suoi quadri. Trova insomma un maestro. Un grande antico maestro.
Gregorio Botta (Pollock e Rothko. Il gesto e il respiro, 2020)


Foto di copertina: Beato Angelico: Annunciazione (Convento di San Marco, affresco cella III)
Filmati del Convento di San Marco su concessione del Ministero della Cultura - Direzione regionale Musei nazionali Toscana - Museo di San Marco