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Antonio Manzini, Pulvis et umbra
Schiavone e la camera della morte
In Pulvis et umbra il vicequestore Rocco Schiavone, particolarmente di cattivo umore per un trasloco di stanza non richiesto, si trova ad affrontare il caso di un transessuale trovato morto nel fiume. Il condominio in cui Juana abitava risulta popolato da persone parecchio reticenti; Schiavone arriva a un passo dalla verità ma subisce fortissime pressioni per insabbiare il caso. Nel frattempo prende a cuore il destino di un sedicenne pieno di problemi che abita accanto a lui; ride delle fisime del nuovo commissario della scientifica, una fanatica del complotto; s’invagisce della collega Caterina, e ritrova gli amici romani in una caccia all’uomo che lo porta fino in Friuli. Man mano che procede nella scrittura della serie dedicata a Schiavone, Manzini offre una scrittura più corposa, personaggi minori più convincenti, e dona nuove sfumature di pessimismo al suo protagonista.
Da quando ero piccolo ho sempre avuto la sensazione di stare nella camera della morte, hai presente? Quel percorso che fanno fare ai tonni nelle mattanze? Per quanto sia tortuoso, pieno di angoli e svolte, finiscono tutti nella trappola per essere trasformati in scatolette. Ecco, per me è la stessa cosa. Qualsiasi decisione tu prenda nella vita arrivi sempre nello stesso posto, nella scatoletta. Ci illudiamo di fare delle scelte, ma la strada è già segnata e questo non me lo toglie nessuno dalla testa.
Antonio Manzini è nato a Roma il 7 agosto 1964. Ha pubblicato i romanzi Sangue marcio e La giostra dei criceti. La serie con Rocco Schiavone è cominciata con il romanzo Pista nera (Sellerio, 2013), cui sono seguiti La costola di Adamo (2014), Non è stagione (2015), Era di maggio (2015), Cinque indagini romane per Rocco Schiavone (2016), 7-7-2007. Nel 2015 ha pubblicato anche Sull’orlo del precipizio.