Rai Cultura

Il tuo browser non supporta video HTML5

Franca Cancogni, Il pane del ritorno

L'odissea di una giovane ebrea

Una donna senza infanzia (padre disperso in guerra, madre morta prima di potersi far conoscere) con una vita molto movimentata e un affetto fondamentale, quello per la sorella Abbie con cui ha condiviso sempre tutto: questa è Frida, protagonista e io narrante del corposo romanzo Il pane del ritorno di Franca Cancogni pubblicato da Bompiani. Cancogni, nata nel 1920, sceneggiatrice e sorella del più noto poeta Manlio con cui scrisse il romanzo Adua, ricostruisce la storia di due ragazze ebree nate in uno sperduto villaggio dell’Asia Centrale e adottate da un ricco signore di Bukhara, Asherov, che le inserisce all'interno nella sua grande famiglia. I ricordi più felici della vita di Frida sono legati a questo personaggio e alla sua cuoca Safila: nella villa in campagna la ragazzina scopre i libri e la cucina, due passioni che non la lasceranno mai. Ma la Storia incombe, l’Uzbekistan diventa un posto pericoloso per gli ebrei, e la famiglia deve organizzare una fuga suddividendosi in piccoli gruppi. Cinque anni a Teheran, poi l’Afghanistan e l’India: a diciannove anni Frida sposa Daniel, uno dei figli di Asherov, non perché lo ami ma perché sua sorella ne ha sposato un altro e questo è il modo più semplice per restare unite. Daniel si appassiona al sionismo e riesce nell’intento di trasferirsi in Palestina; intanto Frida ha una serie di gravidanze, fa amicizia con le donne arabe di un villaggio poi raso al suolo, subisce i continui traslochi. A un certo punto la coppia approda a Milano, ma la vecchiaia di Frida e della sorella è in una casa di riposo di Tel Aviv, da dove scrive il suo memoriale, registrando anche le storie degli ex internati in campi di concentramento nazista. Di questo libro corredato da un’ampia appendice di ricette uzbeche colpisce la freschezza dello sguardo: Cancogni sa rendere il punto di vista di una ragazza costretta ad affrontare le emergenze storiche del secolo scorso e quindi a crescere prima del tempo. Con Franca Cancogni abbiamo parlato di questo romanzo e del suo rapporto con la scrittura. 

Anche la più fedele delle fotografie col tempo ingiallisce e s’accartoccia agli angoli finché diventa inevitabile staccarsi dall’album per andare a rintanarsi nel buio negletto del comò. Dal passato più lontano invece, se sei disposta a scavare nel profondo, puoi far emergere ricordi spezzati, sì, solitari, magari a lembi e brandelli ma netti, addirittura vivi. Sono immagini e parole di un’epoca superata, ma ancora ti muovono qualcosa dentro, come se le avessi viste e udite proprio adesso e la ragione è che per le emozioni che ti hanno suscitato, vi sei tornata con il pensiero tanto spesso da renderli incancellabili; forse la memoria sa davvero ciò che deve conservare. 

Franca Cancogni è nata a Roma nel 1920, sorella dello scrittore Manlio insieme al quale scrisse nel 1978 il romanzo Adua, ha lavorato come sceneggiatrice e firmato decine di traduzioni, tra cui quelle di Joyce, D.H. Lawrence e Conrad per Einaudi.