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L'intraducibilità di James Joyce

Alessandro Bergonzoni, Fabio Pedone e Enrico Terrinoni

Al Salone del Libro di Torino abbiamo incontrato Alessandro Bergonzoni e i due traduttori della prima edizione italiana completa di Finnegans Wake di James Joyce: Fabio Pedone e Enrico Terrinoni. Finnegans Wake è un'opera polisemica, astrusa e impossibile, un flusso di coscienza tutto ambientato all'interno di un sogno del protagonista, un ibrido di quaranta lingue diverse che qualcuno ha definito del tutto intraducibile. Abbiamo parlato con l'attore Alessandro Bergonzoni della natura contraddittoria e giocosa di quest'opera di Joyce, e con i due traduttori, Fabio Pedone e Enrico Terrinoni, dell'estrema difficoltà ma anche della meraviglia e della bellezza di tradurre in italiano proprio un'opera così complessa.

Il lavoro di Joyce è pieno di contraddizioni, limitrofie e incomprensioni. Tradurre vuole dire cambiare, la traduzione è un gioco a ping pong con le parole a partire dalle raccolte di saggi e dagli studi sulle opere di Joyce.


James Joyce nasce a Dublino il 2 febbraio 1882, primogenito di una numerosa famiglia della buona società irlandese, di forte tradizione cattolica e nazionalista che lo iscrive nei migliori collegi cattolici della città. Le condizioni della famiglia peggiorano, fino ad arrivare alla povertà dopo la morte della madre (1903). Dopo la laurea, spinto dal vago proposito di studiare medicina alla Sorbona, trascorre un breve periodo a Parigi. Tornato a Dublino, lavora per un periodo come insegnante privato e nel 1904 sposa Nora Barnacle (che gli rimane accanto tutta la vita, dandogli due figli, Giorgio e Lucia). Dopodiché lascia definitivamente l'Irlanda. Trasferitosi prima a Pola e, l’anno seguente, a Trieste - dove rimane (salvo una breve parentesi romana fra il 1906 e il 1907) fino al 1915 - insegna alla Berlitz e in altri istituti. Nel frattempo nasce l'amicizia con Italo Svevo. La guerra lo costringe a lasciare Trieste per Zurigo, dove entra in contatto con Pound e intreccia molte amicizie. Nel 1920 si trasferisce a Parigi, dove rimane vent’anni, frequentando Valéry-Larbaud, Aragon, Eluard, Th.S. Eliot, Hemingway, Fitzgerald, Beckett. Lì nel 1922 pubblica Ulysses, grazie al rapporto di stima con Sylvia Beach, fondatrice della libreria-editrice Shakespeare and Company. Per curare la figlia Lucia nel 1934 incontra Carl Gustav Jung, grazie al quale approfondisce le conoscenze sulla psicologia del profondo. Lasciata la Francia a causa della guerra imminente, si stabilisce nuovamente a Zurigo, dove muore il 13 gennaio 1941 praticamente cieco a causa di una malattia degli occhi che lo ha accompagnato per tutta la vita.