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Michele Mari
Un ritratto
Michele Mari, scrittore tra i più originali e raffinati della nostra letteratura contemporanea, fa partire il suo racconto di lettore appassionato e di scrittore che in ogni suo libro ripropone temi e stili dei grandi classici della letteratura di tutti i tempi dalla biblioteca della casa dei nonni, rifugio e luogo in cui sostituire il mondo dei libri a quello della vita. E parlando di alcuni dei suoi romanzi svela gli elementi autobiografici della sua scrittura, il tema ricorrente dell’infanzia, la passione per alcuni scrittori, in primo luogo quelli che hanno raccontato il mare vissuto avventurosamente. "Questi libri mi davano talmente tanto che io, per una sorta di gratitudine, sentivo poi di dover restituire in termini di omaggio affettuoso quello che mi avevano dato, che è quello che poi ho continuato a fare per tutta la vita come scrittore. Ho continuato ad omaggiare i topoi, le maniere, lo stile, la retorica, certi vezzi espressivi di grandi autori". Il continuo richiamo ai libri più amati che caratterizza tutti i suoi romanzi culmina in Roderick Duddle, in cui Mari gioca con il genere del romanzo d’appendice, dando vita a un’avventura che si richiama apertamente ad autori come Dickens e Stevenson: “Il divertimento, per me, è consistito nel fatto che io sono riuscito a scrivere questo libro in una miracolosa condizione di semipassività, quasi con lo spirito del lettore più che con lo spirito dell’autore, nel senso che non avevo programmato nulla, non avevo assolutamente idea di dove la vicenda andasse a parare e quindi ho potuto partecipare emotivamente all’avventura con l’ignoranza e l’apprensione del lettore”. La letteratura come ossessione, come origine e matrice del racconto in un’osmosi continua tra pagina scritta e vita, tra ossessioni letterarie e reali
Scrivere non è terapeutico se non per quel che riguarda l’aspetto performativo, se scrivo sto meglio perché sto scrivendo. Ma se si intende con terapeutico che possa migliorare il nostro io, raddrizzare alcune storture, lenire alcune ferite, assolutamente no, anzi io ho sempre avuto la sensazione che in realtà scrivere perfezioni le proprie ossessioni, per via stilistica prima che topica e tematica. Questo lo sento sulla mia pelle, nella mia carne, però lo sento anche nell’opera di scrittori come Céline, come Gadda, come Beckett, come Proust, come Gombrowicz, in misura minore come Kafka, come Sebald, scrittori cioè che hanno dato alla loro ossessione, al male di vivere, alle loro ferite, ai loro furori una forma, una dicibilità per cui hanno di fatto continuato a dialogare con questa ossessione, rendendola sempre più raffinata e permeando tutta la loro vita della loro letteratura e delle ossessioni che questa letteratura ha onorato e trattato.
Michele Mari è nato a Milano nel 1955. I suoi libri sono: Di bestia in bestia (1989), Io venía pien d'angoscia a rimirarti (1990), La stiva e l'abisso (1992), Euridice aveva un cane (1993), Filologia dell'anfibio (1995), Tu, sanguinosa infanzia (1997), Rondini sul filo (1999), Tutto il ferro della torre Eiffel (2002), I demoni e la pasta sfoglia (2004), Cento poesie d'amore a Ladyhawke (2007), Verderame (2007), Milano fantasma (2008, in collaborazione con Velasco Vitali), Rosso Floyd (2010), Fantasmagonia (2012), Roderick Duddle (2014). Ha tradotto L’isola del tesorodi Robert Louis Stevenson e Ritorno all’isola del tesoro di Andrew Motion.
Storie della Letteraturaè un programma di Isabella Donfrancesco e di Alessandra Urbani, produttore esecutivo Annalisa Proietti, regia Daniela Mazzoli e Laura Vitali.