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Marco Albertoni. Storia delle colonne infami

Giustizia e memoria in età moderna

Nel video Marco Albertoni parla del suo libro Storia delle colonne infami: giustizia e memoria in età moderna, pubblicato nel 2023 da Bibliopolis.  

Nell'estate del 1630 le autorità milanesi ordinarono che due uomini accusati di essere untori di peste venissero mandati a morte in seguito a raccapriccianti torture. Di più: la casa-bottega di uno dei due fu demolita e sostituita da una colonna infame, accompagnata da un'iscrizione, a perenne memoria. Grazie a un lungo dibattito che prende le mosse da autori del calibro di Pietro Verri e Alessandro Manzoni, la triste vicenda del barbiere Gian Giacomo Mora resta tutt'oggi indimenticata. Negletto, viceversa, è che questo modo di fare giustizia fu piuttosto diffuso e longevo: qualcosa che riguardò gran parte dell'Europa d'età moderna (e non solo). A subire questa pena furono cospiratori, esponenti di fazioni avverse al governo, leader di rivolte locali, ma anche eretici, negromanti, assassini e delinquenti incalliti. Spesso criminali veri, altre volte solo classici capri espiatori. Attraverso la ricostruzione di decine di casi, si mettono a fuoco le categorie di reati che, nei rispettivi contesti e sulla base del crimen laesae maiestatis, le autorità cercarono di reprimere con più ferocia, nonché i rituali di giustizia e il linguaggio composito che un simile metodo di condanna sfruttava. Le colonne infami — di cui il volume presenta varie immagini — sono, al pari dei condannati, protagoniste di questa ricerca in quanto monumenti: oggetti in grado di tramandare nel tempo narrazioni e giudizi che talvolta, con l'avvicendarsi delle epoche e dei poteri, mutarono di segno.

Il caso della Milano del 1630 non è stato un caso isolato, ma ci sono una serie di altri episodi, che hanno a che fare con congiure complotti storie di eresia, apparentemente molto differenti dalla peste descritta da Manzoni. Alla base di tutti i casi trattati nel libro c’è un crimine di lesa maestà che li accomuna dal punto di vista giuridico. 

Ci sono molte colonne infami per reati di diversa natura che hanno a che fare con l’ossessione del complotto, della congiura, del tradimento, del nemico interno, un tipo di ossessione che attraversa tutta la storia d’Europa sin dall’antichità.  

Le colonne infami venivano collocate al posto delle case abbattute dei condannati in molti casi anche per secoli e in città molto diverse tra loro, dal Portogallo, all’Italia, alla Francia, alla Germania, con un linguaggio simbolico, ma anche testuale.
Le iscrizioni tramandano queste storie attraverso il linguaggio dell’autorità e il tentativo è quello di controllare la memoria, in modo che le storie non siano raccontate in maniera diversa da quella imposta dall’autorità. 

Alla base di questo libro c’è il nesso e l’intreccio complesso tra storia, memoria e potere, l’utilizzo spesso strumentale della storia e della memoria ad uso e consumo dei fini politici del presente. 

Marco Albertoni, dottore di ricerca in “Storia dell’Europa” alla Sapienza di Roma, è attualmente assegnista di ricerca presso l’Università “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara, dopo aver ricoperto lo stesso ruolo presso l’Università di Bologna ed essere stato borsista post-doc di vari istituti di ricerca. Si è occupato di storia politico-religiosa, della diplomazia, della memoria e della giustizia in vari contesti italiani ed europei d’età moderna. Prima di questo volume ha curato l’edizione postuma della monografia di Roberto Fiorentini su Livio Odescalchi (Heidelberg 2022), e ha pubblicato un’estesa bibliografia sulla Riforma italiana del Cinquecento (Alessandria 2021) e una monografia sulla Nunziatura di Venezia tra Cinque e Seicento (Città del Vaticano 2017).