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Mario Cresci. L'oro del tempo
Istituto Italiano di Cultura a Los Angeles
Con questa mostra portiamo a Los Angeles non solo l’opera di un grande maestro della fotografia italiana, ma anche una riflessione sul tempo, sulla memoria e sul potere trasformativo dello sguardo artistico. Mario Cresci gioca con le immagini del passato per rivelarne nuovi sensi, dimostrando come l’archivio non sia solo conservazione, ma terreno di invenzione. La tradizione italiana diventa codice contemporaneo. Un messaggio potente, in una città che dell’immagine ha fatto linguaggio e identità", afferma il Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura Emanuele Amendola.
È una grande soddisfazione per noi poter promuovere all’estero attraverso la formula #ICCDOFFSITE un grande maestro della fotografia contemporanea come Mario Cresci e allo stesso tempo diffondere la conoscenza dell’incredibile patrimonio fotografico che l’ICCD conserva. La collaborazione rinnovata con l’Istituto Italiano di Cultura rappresenta un’importante occasione per valorizzare questo percorso di ricerca e rafforzare il dialogo con una comunità particolarmente attenta e partecipe come quella di Los Angeles", dichiara Carlo Birrozzi, Direttore ICCD.
La mostra, con grafica e progetto di allestimento di Etaoin Shrdlu Studio, presenta il lavoro realizzato da Mario Cresci nell’ambito del programma ICCD/Artisti in residenza che prevede il coinvolgimento di grandi fotografi chiamati a dialogare con le collezioni storiche dell’Istituto. Riattivare i significati stratificati delle fotografie conservate in ICCD attraverso uno sguardo d’autore è una delle più fruttuose modalità per risvegliare questi immensi depositi di immagini (oltre otto milioni di fototipi) ricollocandoli nella contemporaneità.
Per Mario Cresci: «La realtà non è ciò che vediamo quanto piuttosto quello che sentiamo nel trascorrere del tempo e il sentire a sua volta muta con la frequenza e l’intensità del nostro vissuto insieme al modo di vedere e di pensare il mondo».
Il lavoro include una serie di stampe in bianco e nero che interpretano e rielaborano in chiave ludica e sperimentale due nuclei fotografici storici dell’ICCD accomunati dalla centralità della figura umana, filo conduttore di questa ricerca: i ritratti del bel mondo fin de siècle di Mario Nunes Vais e le fotografie di documentazione di statuaria greco-romana.
Come spiega la curatrice Francesca Fabiani, «attraverso lo sguardo interrogativo di Cresci questi soggetti diventano pretesto per una serie di sperimentazioni visive ottenute rielaborando, isolando e reiterando alcuni particolari delle fotografie, pur nel rispetto dell’autore che le pensò in origine. L’approccio di Cresci alla fotografia è infatti globale: l’interesse per l’autore, per la storia, per la tecnica, per il soggetto e per l’oggetto fotografico si sommano a quello per la fotografia intesa come linguaggio di segni, grammatica visiva, esperienza percettiva. Cresci ha sempre concepito la fotografia come forma espressiva integrata alle arti contemporanee, ponendo al centro della ricerca l’indagine critica e autoriflessiva sul linguaggio fotografico. Un approccio che tuttavia non lo ha mai distolto dal misurarsi con il quotidiano e dall’interrogarsi sul ruolo dell’artista, che egli ha inteso ridefinire e attualizzare nella sua dimensione sociale, tesa al recupero di una intelligenza civile».
Alcune scelte operate dal fotografo nell’elaborazione del lavoro – come i numeri di inventario al posto delle didascalie o l’inclusione del bordo nero del negativo nella restituzione finale delle opere – rimandano al concetto di archivio e ci ricordano che anche la collocazione fisica degli oggetti fotografici, nel loro destino errante nel corso del tempo, merita di essere osservata con intelligenza.
E proprio al tempo rimanda il titolo del lavoro, che riprende la frase scelta da André Breton come epitaffio della propria tomba, “Je cherche l'or du temps”. Una dichiarazione di intenti: l’instancabile ricerca di ciò che di prezioso e incorruttibile persiste nel fluire del tempo, come l’oro.