Rai Cultura
La diga del Vajont nel luglio del 1962, circa un anno prima del disastro
1 / 12
La diga da un’altra prospettiva
2 / 12
Veduta aerea del Longarone di pochi giorni dopo del drammatico evento
3 / 12
Soccorritori tra le macerie
4 / 12
Veduta del paese il giorno dopo della tragedia
5 / 12
Una donna sopravvissuta tra le macerie
6 / 12
Un gruppo di soldati che trasportano un cadavere
7 / 12
Sopravvissuti e soccorritori tra le macerie
8 / 12
Corpi delle vittime adagiati al cimitero. I morti saranno circa duemila
9 / 12
Alcune persone che cercano di recuperare qualcosa tra le macerie
10 / 12
Una famiglia di sopravvissuti
11 / 12
Un gruppo di soldati sul luogo della tragedia
12 / 12

La diga del Vajont

Una tragedia annunciata

Il Vajont è un affluente del fiume Piave, in cui si getta nei pressi del piccolo comune di Longarone, in provincia di Belluno, dopo avere scavato una profonda gola, detta del Vajont, fra le più belle delle Alpi, tra il monte Toc e il monte Salta. Nell’Italia del boom economico, alla fine degli anni Cinquanta, in questa area viene realizzata un’opera ingegneristica di mirabolante portata: una diga, celebrata come la più grande d’Europa. Il cantiere viene aperto nel gennaio del 1957 e l’inaugurazione dell’opera avviene nel 1959. L’azienda privata costruttrice, la Sade (Società Adriatica di elettricità), in fase di realizzazione, non tiene conto dei rischi di franosità e di eventi sismici della zona e ignora le ipotesi di pericolo paventate da chi conosce bene l’area. Richieste di intervento e di denuncia dei rischi continueranno ad essere ignorate per anni. I costruttori ritengono di mantenere la situazione sotto controllo e che eventuali problematiche non saranno di estrema rilevanza.

La sera del 9 ottobre 1963 si genera una frana di alcuni milioni di metri cubi: la diga rimane in piedi, ma un vero e proprio tsumani si riversa su Longarone: la cittadina viene spazzata via con oltre duemila morti.

La forza e l’urto dell’acqua è talmente forte che gran parte delle vittime vengono ritrovate senza vestiti, spazzati via dallo spostamento. Riviviamo quei drammatici momenti attraverso immagini dell’epoca, per una tragedia considerata come uno dei disastri naturali più gravi di tutto il secolo.