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L'esperienza concertistica di Carmelo Bene
L'impegno per la sperimentazione
L'interesse e l'impegno di Carmelo bene per la sperimentazione e l'improvvisazione non trascurò mai di esplorare nessuna delle declinazioni possibili di mise en scène.
Il campionario delle operazioni e dei progetti con i quali si confrontò è talmente vasto e vario da non poter essere riassunto in poche righe.
Così come la pluralità di temi e di approcci che influenzarono tutta la sua produzione trovando sempre il modo e la forma di rinnovarsi attraverso esperienze teatrali, laboratoriali e autoriali destinate a lasciare un segno profondissimo nei suoi contemporanei e ad esercitare un'influenza prorompente anche su molte altre opere e correnti.
Uno degli aspetti più interessanti del lavoro di Carmelo Bene, che sembra costituire una sorta di filo conduttore fra quasi tutte le sue performance, è il ruolo che riveste la musica all'interno della sua produzione e il rapporto che lui stesso, come interprete, intrattiene con essa.
Impossibile non rendersi conto che si tratti di un legame profondo, che Bene ebbe sempre interesse e cura a valorizzare e a utilizzare non come mero accompagnamento, ma come veicolo espressivo integrante e complementare alla maggior parte dei suoi lavori.
Nelle fasi artisticamente più mature della sua carriera sperimentò persino alcune rilevanti incursioni "concertistiche", che trovarono il proprio apice nel poema sinfonico Manfred.
La produzione, portata in scena per la prima volta nel 1980, era costituita da una performance teatrale di Carmelo Bene su musiche di Robert Schumann. Accompagnata da coro e orchestra dell'Accademia di Santa Cecilia, si tradusse fin dal debutto in un successo unanime di critica e di pubblico.
In questo raro documento, tratto da una speciale puntata monografica andata in onda all'interno del contenitore-documentario Variety, vediamo Carmelo Bene prepararsi all'ingresso in scena e confrontarsi con in teatro con un'orchestra che, come suggestivamente evocato dalle parole della voce narrante, sembra davvero accingersi a sfidarlo. In queste immagini Carmelo Bene ci si presenta come un clown bianco, dal viso fresco di biacca, pronto a fronteggiare i musicisti e il pubblico ancora una volta senza timori né freni, pronto a ribaltare le concezioni statiche e le strutture convenzionali del teatro e del palcoscenico per convertirla in quella che, nelle sue stesse parole, diviene una macchina attoriale di cui intende farsi ancora una volta pienamente interprete, strumento e protagonista.