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Segantini e Ritorno dal bosco
Un focus di Niccolò D'Agati
Nel 1886, Segantini lasciava la Brianza e si trasferiva a Savognin (1886–1890), nella Svizzera del Cantoni dei Grigioni; qui, iniziava una nuova fase della sua ricerca pittorica legata all’approfondimento della luce e del colore che l’avrebbe portato a sperimentare la nuova tecnica divisionista.
D’Agati, stimato studioso dell’arte italiana di fine Ottocento e inizio Novecento (anche curatore scientifico della Galleria G. Segantini di Arco), dopo lunghe ricerche su documenti inediti, in occasione di questa mostra ha accertato una sua geniale intuizione: attraverso delle indagini scientifiche spettrografiche dell’opera in oggetto, fatte anche per “Ave Maria a Trasbordo” (Giovanni Segantini. Da Arco alle vette più alte), lo storico dell’arte ha rivelato la presenza di un quadro sottostante, ossia un’opera sparita dal catalogo dell’artista che il figlio, Gottardo Segantini, aveva dato per distrutta.
Era stato lo stesso Segantini a comunicare, nel marzo del 1888, all’amico e mecenate Vittore Grubicy (1851-1920), le misure di “Winter” appena ultimato. Il quadro, rappresentava un soggetto singolarissimo per la produzione di Segantini: una coltre di neve che accoglie una bella sciatrice sulla slitta, in primo piano, nel mezzo di una scena mondana. vacanziera.Si tratta di “Effetto di neve a Savognin”, tela nominata anche “Winter” (1888) che, dopo 137 anni, D’Agati riscopre osservando la materia pittorica e avvalorando la sua intuizione anche attraverso le identiche dimensioni delle due tele
Presentata nel 1888 all’Esposizione Italiana di Londra, la tela, nota grazie alla sola riproduzione pubblicata di questo catalogo aveva lasciato perplessi molti osservatori perché sembrava più un manifesto pubblicitario, che una classica visione alpina segantiniana.
Da alcune lettere dell’artista a Vittore Grubicy, si deduce che già nel febbraio del 1889, “Effetto di neve a Savognin” era stato trasformato, in “Ritorno dal bosco” e Segantini lo aveva fatto con delle minime varianti, sostituendo la bella signora che scivola divertita sulla neve, con la contadina che traina la pesante slitta carica di legna. Segantini lasciava quasi invariato l’umile profilo montagnoso del paesaggio innevato di Savognin sostituendo, sullo sfondo, gli alberghi con le case. L’atmosfera festaiola si trasforma così in un’immagine invernale della sera, emblema di un sentimento malinconico universale emanato da questa natura fredda e sopita.Da allora, si persero le tracce di “Effetto di neve a Savognin”
D’Agati evidenzia lo straordinario equilibrio formale del dipinto, il ritmo della pennellata, curvilinea nei monti e rettilinea nel cielo e nella spianata innevata. A ciò, si unisce la sintesi estrema del disegno che idealizza e formalizza al massimo il paesaggio: le linee orizzontali delle casette sullo sfondo rimarcate da bande cromatiche luminose, ossia da piccole finestre risolte con croma dorato, si incrociano con una diagonale che da sola costruisce tutta la profondità dell’opera. Proprio qui, dove prima sciava la spensierata signora, ora una contadina di spalle risale la china, con fare dimesso, verso il paese di Savognin.Il pittore trasformava una scena narrativa e mondana in uno dei suoi massimi capolavori, accordato in una sinfonia di bianchi, azzurri, grigi e argenti capaci di caricarsi di una forza suggestiva ed evocativa ipnotica grazie alla virtuosa applicazione della stesura divisa
Niccolò D’Agati
“Ritorno dal bosco” fu presentato, per la prima volta, all’Esposizione Universale di Parigi del 1889.Il campanile sullo sfondo doppia la sua figura in una congiunzione di rimandi formali verticali fra i quali, scende eloquente il silenzio della sera
D’Agati chiude il suo intervento introducendo un’importante svolta nella pittura di Segantini che avviene proprio alla fine degli anni Ottanta, quando il pittore matura una sua riflessione sulla cultura Simbolista alla quale partecipa, ma sempre in modo molto originale (Segantini e "La Vanità"). Il grande naturalista, il pittore del vero e del reale, capta la possibilità di un nuovo modo di comunicare i suoi contenuti attraverso la pittura di idea che maturava negli ambienti artistici italiani, francesi e mitteleuropei. Dai primi anni Novanta, nascono capolavori come “Il castigo delle lussuriose” (1891, Walker Art Gallery, Liverpool) e “Le cattive madri” (1894, Österreichische Galerie Belvedere, Vienna), due tra i dipinti più affini al Simbolismo internazionale.
Data la scabrosità del tema, un femminile maligno e infanticida, i dipinti non furono ben accolti dalla critica italiana e pertanto, nel 1895, Segantini ricorse allo stratagemma di commissionare un testo al librettista pucciniano Luigi Illica, dal titolo “La mala madre” facendo credere così che le sue opere fossero un adattamento. Al contrario, in area mitteleuropea, le ultime opere segantiniane erano viste come pienamente inserite nel contesto Simbolista europeo: “Le cattive madri”, per esempio, comperata dal governo austriaco per il Belvedere di Vienna, esercitò un fascino indiscusso sugli artisti secessionisti del tempo, fra tutti Gustav Klimt (1862-1918), colpito dall’interpretazione segantiniana del concetto di maternità.
L’adesione al Simbolismo di Segantini, sottolinea D’Agati, non è solamente un’adesione a temi finora inediti, ma è soprattutto una riflessione sul fare pittura: con ciò, a fine Ottocento, l’artista di Arco diventa uno dei grandi protagonisti della nascente pittura moderna. Segantini elabora un linguaggio che diventa forma della sua idea, come evidente ne “La Vanità” (1897).
INFO MOSTRA
Giovanni Segantini https://www.museibassano.it/it/mostra/giovanni-segantini
Museo Civico di Bassano del Grappa, Piazza Garibaldi 34 (VI)
25 ottobre 2025 – 22 febbraio 2026
Aperta tutti i giorni 10:00-19:00. Chiusa i martedì
FOTO DI COPERTINA
Giovanni Segantini, Ritorno dal bosco, 1889-1890, olio su tela, 60x95,5cm., Segantini Museum, St. Moritz