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C'era una volta... Billy Wilder

A 20 anni dalla scomparsa del regista hollywoodiano

Ho solo fatto i film che mi sarebbe piaciuto vedere
Billy Wilder

Ironico e malizioso nelle commedie, realistico e dissacrante nei drammi. Billy Wilder (1906 - 2002) regista e sceneggiatore, naturalizzato statunitense, era nato in Europa, a Sucha, nella Galizia austroungarica (odierna Polonia). Proprio alle sue origini mitteleuropee doveva il grande vantaggio di poter guardare all'America, ai suoi miti, ai suoi valori e al suo stile di vita, con uno sguardo libero e disincantato, e di poter usare a suo piacere l'arma affilata della dissacrazione. Per questo la critica dell'epoca non fu tenera con lui: presto gli affibbiò il titolo di "cinico" che Wilder rispediva al mittente con l'accusa di non avere le qualità per poter capire in profondità la sua opera. Insomma, Hollywood non lo amava e lui non amava Hollywood, i suoi lustrini e le sue star di cartapesta. 

Questo non gli impedì di regalare al grande schermo film immortali e di ottenere numerose nominations all'Oscar, aggiudicandosi il premio come miglior regista nel 1946 per The lost weekend (Giorni perduti, 1945) e nel 1961 per The apartment (L'appartamento, 1960;), entrambi vincitori dell'ambita statuina come miglior film. Nel 1993 il Festival di Berlino volle rendergli omaggio conferendogli un Orso d'oro alla carriera.

Fu a Berlino che cominciò a scrivere sceneggiature, affiancando questa nuova attività a quella di reporter. La sua vera passione era infatti la scrittura. Dopo la collaborazione al soggetto del documentario Menschen am Sonntag. Das Dokument der Gegenwart (Uomini di domenica, 1930) diretto da Robert Siodmak, scrive undici film di intrattenimento per la società di produzione e distribuzione cinematografica tedesca UFA. Nel 1933, con l'avvento del nazismo, lui ebreo, decide di lasciare la Germania e partire per Parigi, dove esordisce nella regia con il film Mauvaise graine (Amore che redime, 1934), diretto insieme all'ungherese Alexander Esway.

Nel 1934 Wilder approda ad Hollywood dove viene scritturato dalla Paramount come sceneggiatore. Qui, per tutti gli anni Trenta, insieme al suo partner di penna Charkes Brackett, firma i copioni di alcune fortunate commedie, dirette da registi del calibro di Ernst Lubitsch, Howard Hawks, Mitchell Leisen. Solo nel decennio successivo, sempre in coppia con Brackett, comincia a scrivere per realizzare pellicole che lui stesso dirige. Il primo lungometraggio che lo vede dietro la macchina da presa, si intitola The major and the minor (Il frutto proibito, 1942), un prodotto che, a distanza di anni, lo stesso Wilder definirà "una commedia smaccatamente commerciale", pensata per farsi notare nel suo nuovo ruolo. 

Nel 1942 cambia decisamente genere. Five graves of Cairo (I cinque segreti del deserto) è un film di guerra mentre l'anno successivo punta sul noir con Double indemnity (La fiamma del peccato, 1944). Ma è il melodramma  il terreno sul quale Wilder si muove più a suo agio. In questo ambito firma due dei suoi film più celebri: The lost weekend (Giorni perduti, 1945), la prima produzione hollywoodiana ad affrontare il tema dell'alcolismo con un approccio drammatico, contribuendo a creare la consapevolezza dell'abuso di alcolici come malattia sociale negli Stati Uniti d'America, e Sunset Boulevard (Viale del tramonto, 1950), entrambi premiati con l'Oscar per la migliore sceneggiatura.


"Viale del tramonto", 1950 con Gloria Swanson e William Holden

Per ricordare Billy Wilder e il suo genio a vent'anni dalla sua scomparsa (il 27 marzo 2002), vi  proponiamo una puntata del programma I film della mia vita in cui il critico cinematografico Antonio Monda, professore di Cinema alla New York University e Direttore della Festa del Cinema di Roma, racconta una delle pellicole più famose di Wilder, Viale del tramonto