Liu Bolin

Il Grand Tour dell'uomo invisibile

Avevo studiato scultura ma è un mezzo espressivo troppo debole. Per questo ho pensato di eliminare il mio corpo e lasciar parlare i luoghi e le macerie.

Così dichiara Liu Bolin, l’uomo invisibile che ha trasformato la tecnica del camouflage in un nuovo linguaggio, una pratica artistica che fonde pittura, fotografia, performance. Difficile distinguere l’artista tra le architetture, le merci, le macerie, i rifiuti, i molteplici scenari del mondo nei quali sceglie di immergersi e confondersi. 

Una mostra al Complesso del Vittoriano a Roma ripercorre la poetica di Liu Bolin attraverso oltre settanta opere realizzate in dieci anni e divisi in sette cicli tematici: dalla prima performance a Pechino, nel 2005, quando l’artista scatta alcuni autoritratti mimetici come protesta silenziosa e rivoluzionaria contro la demolizione del Suojia Village, fino agli scatti più recenti del 2017. Un viaggio che inizia in Cina, attraversa tante mete turistiche in giro per il mondo (dal Wall Street Bull di New York a Londra, Parigi, Arles, Nuova Delhi, Bangalore) e arriva in Italia, dove l'attenzione dell'artista si concentra sui luoghi e monumenti più iconici del nostro paese e sulle eccellenze del patrimonio produttivo, con uno sguardo anche alle problematiche legate alla globalizzazione, al consumismo. Testimone “invisibile” dei grandi temi e drammi contemporanei, come nel progetto che racconta l'attuale fenomeno dei processi migratori dall'Africa all'Europa.

La mimetizzazione che vediamo attraverso le immagini fotografiche che sono il risultato del lavoro di Liu Bolin è il punto d’arrivo di un processo molto complesso, infatti abbiamo di fronte la ricerca di una forma d’identità con le cose, con il mondo. Quindi, tutto il suo lavoro più che un nascondimento all’interno degli ambienti nei quali si immerge è proprio un appartenere a quegli ambienti, farsi parte delle cose.
Raffaele Gavarro

RAI Cultura ha intervistato l'artista in occasione della mostra Liu Bolin.The invisible man, Complesso del Vittoriano, Roma, 2018