Prampolini, Adriana, Capri

Genesi di un ritratto

Nessuno più sapeva, nel secondo dopoguerra, chi fosse la figura femminile tratteggiata da Enrico Prampolini nel dipinto intitolato "Spazialità solare" o "Adriana a Capri". Forse un simbolo, il genius loci di uno spazio mitico evocato attraverso le linee guizzanti, di dirompente energia, proprie della pittura futurista.

Sergio Lambiase nel saggio Adriana cuore di luce (Bompiani), ha ricostruito la genesi del ritratto e riconsegnato alla storia la musa di Prampolini, identificabile nel personaggio di Adriana Capocci Belmonte. Una giovane aristocratica, nata a Napoli nel 1918, dalla bellezza sofisticata, colta e inquieta, affascinata dall’arte, amante dei viaggi e in particolare dell’India e della lingua sanscrita che studiava a Roma. Una personalità dalla vitalità spiccata, riversata nei diari, nelle lettere, nei disegni, testimonianze intercettate casualmente da Lambiase che ha ricostruito anche un affresco dell’ambiente culturale napoletano degli anni Trenta e Quaranta.

Il dipinto, che ritrae la figura idealizzata in una posa danzante sulle rocce di Marina Piccola dell’isola caprese, fu eseguito dall’artista nel 1941, quando l’Europa era infiammata dalla seconda guerra mondiale. Un’opera avulsa dal contesto storico, che emana serenità e forza, da cui Prampolini non volle separarsi e che rimase sempre nello studio dell’artista, quasi fosse “una specie di immagine protettiva”, come sottolinea l’autore del saggio.
Ruotano intorno ad Adriana, Albero Moravia, Franco Fortini e, soprattutto, l’amica prediletta Anna Maria Ortese, proprio come Prampolini, folgorata dall’essenza luminosa di questa donna capace di padroneggiare il proprio destino e che muore a soli ventisei anni nel 1944.


La scrittrice si ispirerà proprio ad Adriana in uno dei romanzi più celebri "Il porto di Toledo", per delineare il personaggio di Aurora Belman e a lei dedicherà lo scritto "Vita di dea", in ricordo della “ragazza di luce” precocemente scomparsa.

Rai Cultura ha incontrato lo scrittore Sergio Lambiase e il collezionista Fabrizio Paratore.

Si ringrazia Silvana De Luca per la gentile concessione delle immagini