L'ombra lunga degli Etruschi

Echi e suggestioni nell'arte del Novecento in un saggio di Martina Corgnati

Il mito etrusco ha avuto alterne fortune, vittima di un pregiudizio di inferiorità nei confronti della civiltà greco-romana, ma oggetto di un processo di riscoperta che ne ha fatto un concetto di antico alternativo all’ideale classico.

Un saggio di Martina Corgnati, L’ombra lunga degli Etruschi. Echi e suggestioni nell’arte del Novecento (Johan & Levi editore), indaga l’eredità della cultura etrusca nel lavoro di artisti attivi tra la fine dell’Ottocento e gli anni Ottanta del Novecento, con incursioni nel dibattito critico, poetico e letterario del nostro paese.
La suggestione dello stile etrusco, infatti, trova nuovo vigore proprio all’inizio del secolo grazie a importanti ritrovamenti archeologici, primo fra tutti quello di Giulio Quirino Giglioli che in piena guerra mondiale, il 19 maggio 1916, porta alla luce l’Apollo di Veio, terracotta policroma considerata uno dei capolavori dell’arte etrusca. Esposta a Roma nel Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, la scultura eserciterà un'attrazione fortissima su artisti e intellettuali, esempio di un arcaismo considerato “originale, fascinoso, ma goffo e rustico “.
Proprio il Museo romano dedicato all’arte dei popoli italici, istituito alla fine dell’Ottocento nella villa rinascimentale di Papa Giulio III, diventa un forte centro propulsore della cultura etrusca sin dai primi decenni del Novecento. Così il direttore del Museo Valentino Rizzo:

Il Museo Nazionale Etrusco ospita una collezione straordinaria, oltre seimila reperti con capolavori assoluti degli Etruschi ma anche di altri popoli italici. Un pezzo fondamentale dell’identità italiana dalla Lombardia fino alla Campania, è questa l’estensione degli Etruschi, è qui rappresentata da oggetti che hanno contribuito a veicolare ulteriormente la fortuna di un popolo che era diverso dai modelli classici e quindi molto vicino all’idea di contemporaneo che si sviluppa dall’Ottocento in poi. 

Moltissimi gli artisti, tra i quali Arturo Martini, Massimo Marini, Massimo Campigli e nel secondo Novecento Mario Schifano, Mimmo Paladino, che hanno intercettato nel proprio percorso questa antica cultura rivendicando, in alcuni casi, una vera e propria discendenza diretta dagli Etruschi. Un processo di metabolizzazione dei linguaggi artistici del passato che, sottolinea l’autrice del saggio, approda sempre a una totale reinvenzione:   

Nelle loro mani e grazie al loro sguardo, l’arte etrusca è diventata altro, ha subito altrettante, radicali metamorfosi quante sono state le personalità che le si sono avvicinate. Gli artisti non sono archeologi e, dissotterrando, trasformano in topos culturale qualunque evidenza di scavo, qualunque reperto, qualunque stratigrafia, qualunque cosa debba essere riportata alla superficie della sensibilità contemporanea.

Rai Cultura ha incontrato Martina Corgnati in occasione della presentazione del saggio presso il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia.
 
In copertina: dettaglio dell'Apollo di Veio