Manzù e il David di Michelangelo

Uno dei capolavori della scultura rinascimentale

Giacomo Manzù era figlio di un calzolaio e sagrestano. Si avvicina all’arte durante il servizio militare, vive un breve ma intenso periodo nella Parigi degli anni Venti, il luogo giusto, nel momento giusto: l’età dell’oro dell’arte del secolo scorso. Poi, a Roma, inizia la sua carriera di scultore.

Il primo impulso per fare una scultura, la prima emozione è quella naturale. Un bisogno naturale come bere, mangiare, fare l’amore eccetera. Poi viene il resto. La nostra legge è la forma. Che è invisibile, anzi, per me è irrangiungibile. Per qualcuno è raggiungibile per me no. Che cos’è la forma? Non si sa quando fare pieno, non si sa quando fare vuoto. Solo i geni la raggiungono. Gli altri scultori possono lavorare lo stesso, anche se sanno di non essere geni. La forma è la nostra legge, il nostro linguaggio. La forma è ciò che gli uomini hanno dentro. Questi misteri interiori dell’uomo! E’ difficile poter mettere anche una sola gocciadi vita in quello che scultore plasma.
Giacomo Manzù

Un fine conoscitore del bronzo, abilissimo scultore, racconta quello che è universalmente riconosciuto come uno dei capolavori della scultura rinascimentale: il David di Michelangelo. Emblema cinquecentesco, ambasciatore dell’Italia all’estero, il David (finito intorno al 1504), viene destinato a Piazza della Signoria, simbolo della Repubblica fiorentina, la più forte e invincibile. Il blocco di marmo alto cinque metri era già stato affrontato con scarso successo da Agostino di Duccio e Bernardo Rossellino. Entrambi avevano abbandonato l’opera: era impossibile modellare un blocco così grande e un colpo di troppo avrebbe causato lesioni irreversibili. Finita l’opera di Michelangelo, ci vorranno quattro giorni per trasportare il David al centro della piazza.

Io penso che non resterò, perché io non sono un maestro. Lo so chi resterà, non certo nomi italiani. Resteranno Picasso, Brancusi, Matisse, Braque. Di questi si è sicuri. Ma del futuro io non mi preoccupo. Non ci penso. Se dovessi entrare in studio pensando di fare delle opere d’arte avrei già chiuso bottega. Voglio soltanto lavorare e fare delle opere non volgari.
Giacomo Manzù