Zeri e la percezione visiva degli italiani

A tu per tu con l'opera d'arte, 1990

In questo breve estratto tratto dalla nota serie di Franco Simongini, A tu per tu con l'opera d'arte, Zeri introduce il tema del suo ultimo libro, La percezione visiva dell'Italia e degli italiani (Einaudi, 1989).

Per più di dieci secoli, nel periodo che segue il dissolvimento dell’Impero romano di Occidente, non è lecito parlare di percezione visiva dell’Italia secondo il significato oggi implicito in questo termine
Federico Zeri

La percezione visiva infatti è un concetto complesso, che indica le forme e i livelli di consapevolezza strettamente legati ai differenti strumenti intellettuali di una persona, ma soprattutto, essi sono intimamente connessi al susseguirsi dei periodi storici, con il loro carico di condizionamenti culturali, economici, politici e religiosi. 
Nel libro di Zeri, dopo una breve introduzione sull'arte antica caratterizzata da "simboli ed astrazioni", lo studioso approccia una panoramica dalla pittura e delle arti italiane, che dal Trecento, con le rappresentazioni spaziali prospettiche intuitive, fino al secondo dopoguerra, con la poetica neorealista, dove il cinema è protagonista indiscusso della difficile stagione, lavorano alla resa oggettiva dell'Italia e degli italiani.

Io sono del parere che per l'Italia e per gli italiani, i testi figurativi hanno avuto un'importanza eccezionale, sotto tutti i rapporti, forse più di quelli letterari. Quindi leggere un testo figurativo per me, significa anche vedere quale è il messaggio storico implicito. Cioè, in che modo gli italiani hanno visto sé stessi e in modo sono stati visti dagli altri. 
Federico Zeri 

Qui Zeri fa l'esempio del genere pittorico più in voga nel Cinquecento, il ritratto, che spesso non recava il nome dell'effigiato, a parte alcuni casi nelle Serenissima dove il nome del Magistrato era riportato in basso della tela.
Il ritratto dava allora l'immagine solo di certi strati della società italiana, infatti spesso i poveri non apparivano o erano posti sullo sfondo di scene più complesse. Per questo, afferma Zeri, bisogna attendere il Seicento con la pittura caravaggesca e il Settecento con quella di genere.
La stessa cosa accade con il paesaggio o la città, che rimane per molti secoli una rappresentazione astratta e simbolica, ma anche qui, salvo alcuni casi, come nel Ciclo di San Francesco ad Assisi.