Simone Leigh "Sovreignity" - Leone d'oro alla Biennale Arte 2022
La storia delle donne di colore alla ribalta nel padiglione degli Stati Uniti
Simone Leigh, la prima artista donna nera a rappresentare gli Stati Uniti all'Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia, ha ricevuto il Leone d'oro per il miglior artista per la monumentale scultura Brick House, che per due anni è stata collocata sulla High Line di New York, e che ora accoglie i visitatori all’ingresso dell’Arsenale. Anche ai Giardini il suo duplice intervento artistico-architettonico sull’esterno del Padiglione degli Stati Uniti cattura l’attenzione: l’artista ha trasformato l’architettura dell’edificio originale del 1930 creando un involucro effimero con solide colonne in legno e una copertura a tetto in paglia. L’opera Façade di Simone Leigh si rifà alla storica Esposizione Coloniale di Parigi, come spiega la commissaria Jill Medvedow, dall'Institute of Contemporary Art/Boston (ICA) nel video che state per vedere, allestita dalla Francia nel 1931 per esibire le culture e i popoli dei paesi che allora erano sotto il dominio coloniale francese.
Al centro del cortile esterno del Padiglione americano Simone ha creato Satellite, una scultura monumentale di 8 metri in bronzo. L’opera ricorda un tradizionale D’mba (detto anche nimba), maschera a spalla a forma di busto femminile creata dalle popolazioni Baga della costa della Guinea, usata durante le cerimonie rituali per comunicare con gli antenati. Leigh pone un’antenna satellitare fusa in bronzo in cima alla scultura, al posto del viso, alludendo così alla funzione del D’mba come canale di comunicazione.
L’ampia produzione artistica di Simone Leigh, espressa attraverso la scultura, i video e le performance, analizza la costruzione della soggettività femminile nera. Le sue opere scultoree di grandi dimensioni uniscono forme tratte dall’architettura vernacolare e dal corpo femminile, che Leigh costruisce con materiali e modi legati alle tradizioni artistiche dell’Africa e della diaspora africana, in una rappresentazione atemporale, come spiega la curatrice del padiglione degli Stati Uniti, Eva Respini
Simone Leigh, 2021. Works © Simone Leigh. Per gentile concessione dell'artista e della Matthew Marks Gallery. Credito fotografico: Shaniqwa Jarvis
Con una nuova serie di opere in bronzo e ceramica, esposte all’interno e all’esterno del padiglione, Leigh interviene con l’intento di colmare le lacune della memoria storica. Il titolo della mostra Sovreignity (Sovranità) si riferisce ai concetti di autogoverno e indipendenza individuale e collettiva, e allude agli obiettivi anticolonialisti del movimento Négritude. Essere sovrani significa non essere soggetti all’autorità, ai desideri o allo sguardo altrui, ma piuttosto essere autori e protagonisti della propria storia.
Simone Leigh, Last Garment, 2022. Bronzo, (137,2 × 147,3 × 68,6 cm). Per gentile concessione dell'artista e della Matthew Marks Gallery. Foto di Timothy Schenck. © Simone Leigh
Molte sculture esposte fanno riferimento a immagini e oggetti derivanti dalla diaspora africana e diffusi alla stregua di souvenir, al servizio delle narrazioni coloniali. Per quanto presentino i soggetti come autonomi, le opere figurative di Leigh non vogliono semplicemente celebrare la capacità delle donne nere di superare circostanze vessatorie, ma evidenziano le condizioni che tanto spesso le costringono ad affermare la propria umanità.
“Per dire la verità”, suggerisce Leigh, “bisogna inventare quel che può mancare nell’archivio, far collassare il tempo, occuparsi di questioni di dimensione, cambiare le cose dal punto di vista formale in modo da rivelare qualcosa di più autentico dei fatti”.
Tutte le opere all’interno del Padiglione sono realizzate dalla Leigh per l’occasione - in ceramica, bronzo e gres smaltato- e ci conducono a una riflessione sulla discriminazione razziale, le lacune e le distorsioni della storia coloniale, mettendo in primo piano le storie delle donne di colore, rimaste per troppo tempo senza voce.
Parte della mostra a Venezia saranno anche una serie di incontri con studiose e artiste nere che si terrà nell’ottobre 2022, organizzato da Rashida Bumbray, sotto il titolo Loophole of Retreat: Venice (La scappatoia del rifugio: Venezia). Il progetto riflette l’ethos collaborativo tipico della prassi artistica di Leigh, e rende omaggio alla lunga storia di collettività, condivisione e cura delle donne nere.
In copertina: Simone Leigh: Façade, 2022. Paglia, acciaio e legno, dimensioni variabili. Satellite, 2022. Bronzo, (7.3 × 3 × 2,3 m) (complessivamente). Per gentile concessione dell'artista e Galleria Matteo Marco. Foto di Timoteo Schenck. © Simone Leigh
Al centro del cortile esterno del Padiglione americano Simone ha creato Satellite, una scultura monumentale di 8 metri in bronzo. L’opera ricorda un tradizionale D’mba (detto anche nimba), maschera a spalla a forma di busto femminile creata dalle popolazioni Baga della costa della Guinea, usata durante le cerimonie rituali per comunicare con gli antenati. Leigh pone un’antenna satellitare fusa in bronzo in cima alla scultura, al posto del viso, alludendo così alla funzione del D’mba come canale di comunicazione.
L’ampia produzione artistica di Simone Leigh, espressa attraverso la scultura, i video e le performance, analizza la costruzione della soggettività femminile nera. Le sue opere scultoree di grandi dimensioni uniscono forme tratte dall’architettura vernacolare e dal corpo femminile, che Leigh costruisce con materiali e modi legati alle tradizioni artistiche dell’Africa e della diaspora africana, in una rappresentazione atemporale, come spiega la curatrice del padiglione degli Stati Uniti, Eva Respini
Simone Leigh, 2021. Works © Simone Leigh. Per gentile concessione dell'artista e della Matthew Marks Gallery. Credito fotografico: Shaniqwa Jarvis
Con una nuova serie di opere in bronzo e ceramica, esposte all’interno e all’esterno del padiglione, Leigh interviene con l’intento di colmare le lacune della memoria storica. Il titolo della mostra Sovreignity (Sovranità) si riferisce ai concetti di autogoverno e indipendenza individuale e collettiva, e allude agli obiettivi anticolonialisti del movimento Négritude. Essere sovrani significa non essere soggetti all’autorità, ai desideri o allo sguardo altrui, ma piuttosto essere autori e protagonisti della propria storia.
Simone Leigh, Last Garment, 2022. Bronzo, (137,2 × 147,3 × 68,6 cm). Per gentile concessione dell'artista e della Matthew Marks Gallery. Foto di Timothy Schenck. © Simone Leigh
Molte sculture esposte fanno riferimento a immagini e oggetti derivanti dalla diaspora africana e diffusi alla stregua di souvenir, al servizio delle narrazioni coloniali. Per quanto presentino i soggetti come autonomi, le opere figurative di Leigh non vogliono semplicemente celebrare la capacità delle donne nere di superare circostanze vessatorie, ma evidenziano le condizioni che tanto spesso le costringono ad affermare la propria umanità.
“Per dire la verità”, suggerisce Leigh, “bisogna inventare quel che può mancare nell’archivio, far collassare il tempo, occuparsi di questioni di dimensione, cambiare le cose dal punto di vista formale in modo da rivelare qualcosa di più autentico dei fatti”.
Tutte le opere all’interno del Padiglione sono realizzate dalla Leigh per l’occasione - in ceramica, bronzo e gres smaltato- e ci conducono a una riflessione sulla discriminazione razziale, le lacune e le distorsioni della storia coloniale, mettendo in primo piano le storie delle donne di colore, rimaste per troppo tempo senza voce.
Parte della mostra a Venezia saranno anche una serie di incontri con studiose e artiste nere che si terrà nell’ottobre 2022, organizzato da Rashida Bumbray, sotto il titolo Loophole of Retreat: Venice (La scappatoia del rifugio: Venezia). Il progetto riflette l’ethos collaborativo tipico della prassi artistica di Leigh, e rende omaggio alla lunga storia di collettività, condivisione e cura delle donne nere.
In copertina: Simone Leigh: Façade, 2022. Paglia, acciaio e legno, dimensioni variabili. Satellite, 2022. Bronzo, (7.3 × 3 × 2,3 m) (complessivamente). Per gentile concessione dell'artista e Galleria Matteo Marco. Foto di Timoteo Schenck. © Simone Leigh