Canova e Paolina Borghese
La Venere moderna nel racconto di Francesca Cappelletti
Il marmo di “Paolina Borghese come Venere vincitrice” fu commissionato dal principe Camillo Borghese ad Antonio Canova nel 1804 per essere ultimato quattro anni dopo.
In questo filmato (Storie in Galleria) la direttrice della Galleria Borghese Francesca Cappelletti racconta la storia di un’opera iconica nella vasta e prestigiosa produzione di Canova, una statua discussa come lo fu la protagonista di questo sensuale ritratto.
Paolina arrivava al suo secondo matrimonio a soli ventitré anni. Infatti, era vedova del generale Leclerc morto di una malattia tropicale a Santo Domingo dove Napoleone lo aveva spedito con la moglie per sedare una rivolta indigena; una scusa ufficiale che serviva solo a soffocare lo scandalo provocato a Parigi dalla condotta libertina di Paolina. Camillo la sposò senza neanche aspettare la conclusione dell’anno di vedovanza della donna.
La coppia si trasferì a Palazzo Borghese di Roma, dove Paolina riprendeva la vita di sfarzo e divertimenti che tanto amava, allontanando da sé le simpatie dei romani per la chiusura del bel parco della Villa fino ad allora giardino pubblico.
Tuttavia, l’artista fece un “ritratto ideale” tipico del cosiddetto genere “grazioso” della sua produzione, come ad esempio “Le tre Grazie”.
Il destino del celebre marmo segui le evoluzioni della storia. Esposta in pompa magna nella residenza dei Borghese a Torino, dove Camillo era Governatore dei Dipartimenti Transalpini, alla caduta di Napoleone “Paolina” verrà trasferita a Roma e dopo qualche anno chiusa in una cassa per evitare problemi con la corte pontificia. Una decisione condivisa e caldeggiata dalla stessa donna che, ormai quarantenne, scriveva al marito di non mostrare più a nessuno quel suo ritratto che “sfiora l’indecenza”.
Della scultura esistono numerosi disegni preparatori, assieme al gesso originale canoviano conservato nella Gipsoteca di Possagno, prototipo che mostra ancora i “punti”, i riferimenti utili per il trasferimento della scultura in marmo. È certo che Canova lasciava questa operazione ai suoi assistenti, riservando a sé stesso “l’ultima mano” della levigatura; la fase più delicata e paziente, svolta con abrasivi sempre più sottili, portava all’effetto della “vera carne”, una particolarità esaltata dal lume di candela.
FOTO DI COPERTINA
Antonio Canova, Paolina Borghese Bonaparte come Venere Vincitrice, marmo di Carrara, h 92cm, con il letto 160cm
In questo filmato (Storie in Galleria) la direttrice della Galleria Borghese Francesca Cappelletti racconta la storia di un’opera iconica nella vasta e prestigiosa produzione di Canova, una statua discussa come lo fu la protagonista di questo sensuale ritratto.
Allora Primo Console, Napoleone che un anno dopo sarebbe diventato imperatore, accolse con grande piacere il legame con la nobilissima famiglia romana.Chi era Paolina Borghese?
Bellissima e vivace sorella di Napoleone, Paolina Bonaparte era andata in sposa di Camillo Borghese nel 1803 a Parigi
Paolina arrivava al suo secondo matrimonio a soli ventitré anni. Infatti, era vedova del generale Leclerc morto di una malattia tropicale a Santo Domingo dove Napoleone lo aveva spedito con la moglie per sedare una rivolta indigena; una scusa ufficiale che serviva solo a soffocare lo scandalo provocato a Parigi dalla condotta libertina di Paolina. Camillo la sposò senza neanche aspettare la conclusione dell’anno di vedovanza della donna.
La coppia si trasferì a Palazzo Borghese di Roma, dove Paolina riprendeva la vita di sfarzo e divertimenti che tanto amava, allontanando da sé le simpatie dei romani per la chiusura del bel parco della Villa fino ad allora giardino pubblico.
Fiorirono i pettegolezzi sulla nudità della scultura e l’eventualità che la principessa avesse posato svestita per l’artista. Lei stessa avrebbe maliziosamente affermato “ogni velo può cadere dinanzi al Canova”.Sebbene il matrimonio non fosse particolarmente felice, Camillo convocò Canova, l’artista più illustre del momento per il ritratto della bella moglie
Tuttavia, l’artista fece un “ritratto ideale” tipico del cosiddetto genere “grazioso” della sua produzione, come ad esempio “Le tre Grazie”.
Il destino del celebre marmo segui le evoluzioni della storia. Esposta in pompa magna nella residenza dei Borghese a Torino, dove Camillo era Governatore dei Dipartimenti Transalpini, alla caduta di Napoleone “Paolina” verrà trasferita a Roma e dopo qualche anno chiusa in una cassa per evitare problemi con la corte pontificia. Una decisione condivisa e caldeggiata dalla stessa donna che, ormai quarantenne, scriveva al marito di non mostrare più a nessuno quel suo ritratto che “sfiora l’indecenza”.
Canova ha espresso in quest’opera altissima una summa della propria cultura figurativa e ne ha fatto un’icona del proprio singolare Neoclassicismo. La posa della principessa, distesa su un’elegante “agrippina”, una sorta di chaise-longue stile Impero molto in voga all’epoca, rimanda al repertorio classico, alle sculture etrusche e romane sdraiate sui sarcofagi. E non solo. Paolina Borghese ricorda le Veneri di tradizione veneta cinquecentesca, in particolare quelle di Tiziano.Paolina rappresentata come “Venere vincitrice del giudizio di Paride”, tiene nella mano sinistra la mela, simbolo del mito omerico per cui la giovane ha appena trionfato come la più bella tra le dee
Della scultura esistono numerosi disegni preparatori, assieme al gesso originale canoviano conservato nella Gipsoteca di Possagno, prototipo che mostra ancora i “punti”, i riferimenti utili per il trasferimento della scultura in marmo. È certo che Canova lasciava questa operazione ai suoi assistenti, riservando a sé stesso “l’ultima mano” della levigatura; la fase più delicata e paziente, svolta con abrasivi sempre più sottili, portava all’effetto della “vera carne”, una particolarità esaltata dal lume di candela.
Stupefacente anche la resa del materasso che pare affondare morbidamente sotto il peso della dea, un effetto di verosimiglianza degno di un precedente illustre: il materasso che Bernini aveva creato per l’”Ermafrodito” appartenuto a Scipione Borghese e che, proprio negli anni delle spogliazioni napoleoniche in cui Paolina veniva scolpita, prendeva la via di Parigi, assieme ad altre centinaia di opere.Nella finitura di Paolina, Canova stese sul marmo l’acqua di rota che dava alla superficie maggior lucentezza
Un’ultima curiosità: sotto all’agrippina è nascosto il meccanismo originale, tuttora funzionante, che permette alla scultura di girare e mostrarsi a 360°.Canova, che si era opposto fieramente alla vendita dei marmi Borghese, ne restituisce una versione neoclassica
FOTO DI COPERTINA
Antonio Canova, Paolina Borghese Bonaparte come Venere Vincitrice, marmo di Carrara, h 92cm, con il letto 160cm