Savinio incanto e mito. Una mostra di Ester Coen

Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps

Scomporre e scompaginare un ordine tradizionale. Un tentativo eccentrico per un artista eccentrico. Per un artista poliedrico e versatile come Alberto Savinio
Ester Coen

Savinio. Incanto e mito, una mostra raccontata dalla viva voce di Ester Coen, curatrice e figura di studiosa singolare. Esperta delle correnti artistiche concettuali e performative della seconda metà del secolo scorso, con incursioni nel contemporaneo, Coen è conoscitrice profonda delle avanguardie storiche europee del primo Novecento e in particolare, del milieu culturale futurista e metafisico italiano. Ha dedicato studi e mostre importanti a Boccioni e de Chirico ed ora, con Savinio. Incanto e mito, Coen, in collaborazione con Zelda De Lillo, ha scelto di far luce negli anni parigini in cui il poliedrico artista si è fatto pittore, tra il 1926 e il '32. 
Savinio. Incanto e mito, presenta un ricco corpus di opere provenienti solo in piccola parte da istituzioni pubbliche e per la maggiore, da collezionisti privati, pertanto, la mostra costituisce un'occasione unica per vedere riunita la produzione di un artista quasi assente dai grandi musei italiani e stranieri.

Per Rai Cultura, Ester Coen ci guida nelle sale di una mostra molto originale, una "sfida allestitiva", dentro la cornice storica del Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps, antica dimora di famiglie aristocratiche, oggi museo di una collezione statuaria permanente

Con l'aiuto degli architetti Maximiliano Pintore e Stefano Tonucci, Coen ha concepito un allestimento essenziale di circa novanta opere, selezionate tra dipinti e grafiche, disposte sui muri delle antiche sale, in un percorso non cronologico, ma scandito per assonanze tematiche e punteggiature di rimandi formali e di contenuto.
La mostra inizia nella Sala Mattei, allestita con una struttura leggera di acciaio e teche di vetro, contenenti una importante selezione di prime edizioni, dattiloscritti annotati e manoscritti autografi dell’artista, ad attestare l'incessante attività letteraria di Savinio che accompagna e si innesta negli anni con la passione per la musica, il teatro e la pittura. 

Ma chi era questo artista poliedrico e versatile, il cui messaggio oggi così attuale rimane aperto e a tratti ancora misterioso?

Andrea de Chirico, (1891-1952) alias Alberto Savinio, fratello minore di Giorgio de Chirico (1888-1978), era nato ad Atene, dal nobile diplomatico italiano Evaristo, ingegnere di un’impresa di costruzioni ferroviarie. In gioventù, mentre Giorgio studiava pittura al Politecnico di Atene, il precoce Andrea apprendeva la musica, diplomandosi a dodici anni in pianoforte.
Alla morte del padre (1905), i due fratelli e la madre Gemma, lasciarono la Grecia e dopo un primo soggiorno in Italia, si trasferiscono a Monaco di Baviera. Qui Giorgio frequenta l’Accademia di Belle Arti e il quindicenne Andrea prende lezioni di armonia e contrappunto dal famoso compositore Max Reger. 

Nati e cresciuti in Grecia, la folgorazione dei fratelli de Chirico per la cultura tedesca sarà permanente, dal pensiero di Schopenhauer, Nietzsche e Weininger, alla musica di Wagner e alla pittura di Böcklin, tutto questo rimarrà nelle cellule dei due giovani artisti che al tema della memoria dedicheranno particolare attenzione

Mentre Giorgio soggiornava a Monaco, Andrea con la madre a Milano promuoveva presso Casa Ricordi, Carmela, un'opera scritta a soli sedici anni che aveva interessato Mascagni. 
Nel 1910, Andrea decide di recarsi a Parigi e qui cambia nome, diventa Savinio. Il giovane italiano si unisce, con Picasso, Max Jacob e Francis Picabia, alla corrente più d’avanguardia, capeggiata dal poeta Guillaume Apollinaire, per il quale pubblica nella sua rivista Les Soirées de Paris, un'opera che è forse il primo esempio di contaminazione di generi nella storia del teatro: Les Chants de la mi-mort.
Le note di Les Chants, che a detta di Savinio, erano l'equivalente musicale della poesia di Apollinaire e le muse ispiratrici della prima pittura Metafisica del fratello Giorgio, echeggiano nella Sala Mattei a sottolineare l'esordio folgorante del giovane artista. 
Fra marionette, ombre, attori e cantanti, per i quali lo stesso Savinio disegnava i costumi, Les Chants non andò in scena, ma nel maggio del 1914, la suite per pianoforte insieme ad altri pezzi dell'opera, saranno parte di un concerto tenuto nella sede della rivista di Apollinaire, dove la foga e la grande irruenza del giovane compositore e pianista, impressionò tutti i presenti.

È l’inizio del modellarsi di quella eclettica e articolata personalità in cui risuonano forti gli echi dell’altrove. Il riverbero di quel sottile gioco di rimandi e rispecchiamenti da una sponda all’altra del Mediterraneo, passando per Germania e Francia, di quello sfalsamento spaziale, di quello scarto temporale ai quali Savinio si abbandona e si lascia trasportare. Riflessi e risonanze che, nel continuo rilancio di idee e immagini, deformandosi, creano inganno e verità di simulazione, reali e seducenti cifre della sua arte
Ester Coen

Con lo scoppio della guerra, i fratelli de Chirico e la madre Gemma rientrano in Italia. Dall'incontro dei due con De Pisis e Carrà, a Ferrara, intorno al 1917, nasce la Metafisica.
Savinio scrive su riviste d’avanguardia, italiane e straniere, anche dal fronte orientale a Salonicco dove veniva arruolato come interprete di neogreco. 
Tornato a Roma (1918), ritrovata la madre e il fratello, Savinio pubblica il suo primo libro italiano, Hermaphrodito (edizioni La Voce, 1918) e scrive per Valori Plastici di Mario Broglio e La Ronda di Cardarelli.
Nel 1924, incontra giovani autori e attori teatrali fra cui, Bontempelli, Prezzolini, Orio Vergani e Stefano Landi, il figlio di Luigi Pirandello. Sarà il drammaturgo e scrittore siciliano a far nascere il gruppo per il nuovo Teatro d’Arte. Savinio instaurerà con Pirandello un rapporto di grande affinità, offrendo la messinscena di una sua opera giovanile, La morte di Niobe (1913), tragedia mimica e musicale che andò in scena con fondali e costumi di Giorgio de Chirico nel 1925.

Aprile 1926. Savinio invia al fratello de Chirico a Parigi alcune sue opere pittoriche. De Chirico lo incoraggia a continuare e tre mesi dopo, lui e la moglie Maria Morino, attrice conosciuta al Teatro d’Arte, si trasferiscono a Parigi dove rimarranno fino al 1932 

A Parigi l'artista ottiene grandi successi, stringe rapporti con mercanti d’arte e gallerie e, nel 1927, allestisce la prima mostra presso la Galerie Bernheim, presentato in catalogo da un calligramme di Jean Cocteau.

Il veder lavorare, essere accanto a chi dipinge, permette evidentemente di apprendere insensibilmente attraverso l’occhio e la memoria
Giorgio Castelfranco

La pittura visionaria di Savinio si discosta dalla poetica dell'automatismo psichico dei surrealisti in auge nella Parigi dell'epoca. Il pittore, infatti, attinge dalla memoria in un processo razionale, da artista colto ed eclettico, capace di far dialogare le molteplici figure tratte dalle diverse discipline umanistiche con i miti moderni e fantasmagorici, le illustrazioni dell'Ottocento francese e le nuove muse del Novecento, come il cinema e la letteratura noir. 
La filosofia greca in particolare, riletta attraverso Nietzsche, riaffiora nell’illuminante metafora del gioco, scintilla primaria per l’esegesi dell’artista.

Non è la scelleratezza, bensì è l’impulso a giuocare, risorgente sempre di nuovo, che suscita alla vita altri mondi. Talvolta il fanciullo getta via il suo giocattolo, ma tosto lo riprende, per innocente capriccio. E non appena costruisce, egli collega, adatta e forma in obbedienza ad una legge e in base ad un ordine intimo. Soltanto l’uomo estetico può contemplare il mondo in questa maniera: egli ha sperimentato nell’artista e nel sorgere dell’opera d’arte, in quale misura necessità e giuoco, contrasto e armonia debbano accoppiarsi per generare l’opera d’arte
Friedrich Nietzsche

Al gioco, la mostra dedica una serie di opere eseguite tra il 1928 e il 1930, composizioni di forme elementari dalle cromie accese e variopinte, giocattoli ammassati in foreste di epoche aurorali o, come astronavi e sommergibili degne di Metropolis (Fritz Lang, 1927) che si alzano nel cielo o ancora, galleggiano sull'acqua. 
Per l’appartamento del gallerista parigino Léonce Rosenberg, Savinio realizza la decorazione di una delle tante stanze che costituirono l'impresa grandiosa e a cui partecipavano, Léger, Picabia, Herbin, Metzinger, Ernst, de Chirico e Severini.

In L'Île des charmes (1928), grande tela per Rosenberg, forme assemblate in vertiginose costruzioni piramidali di fantasia, immaginazione e meraviglia, echeggiano la potenza del fanciullo

Nel 1928, nasceva Angelica, la prima dei due figli e Savinio sperimentava la creatività tra sembianze familiari e quotidiane. 
Fra stratificazione di saperi, Savinio alle prese con schegge lampanti della mitica e tragica infanzia, in alcune tele e piccole carte fa riaffiorare stilemi e memorie del fratello de Chirico. Emblematici i titoli come La Partenza degli Argonauti (1925-26), I Dioscuri (1929), o Il Colloquio (1932), il cui modello iconografico rimanda al gruppo statuario di Oreste ed Elettra, presente nel Museo Nazionale Romano e che Savinio aveva visto nel repertorio di statuaria classica dell'archeologo e storico delle religioni Salomon Reihacd. 

Nello Studiolo del Palazzo, luogo di riflessione e meditazione, sono riunite opere che riconducono a uno spazio intimo e interiore, paesaggi arcaici e foreste pietrificate, personificazioni di qualcosa di terrifico che incombe e sta per accadere 

Creature primitive e leggendarie all’origine della storia dell’umanità, come le fantasmatiche figure della Battaglia dei Centauri (1930). 
Il percorso espositivo prosegue nella Sala degli Obelischi tra i marmi raffiguranti satiri, ninfe e muse, con opere che inneggiano alla musica (Orfeo, 1929 ca.; Apollo 1931) e introducono il tema delle metamorfosi.
Nella Sala del Trono Ludovisi, pittura e scultura dialogano in un gioco di riverberi formali di piumaggi e panneggi. Qui il tono di Savinio diventa ironico e a tratti perverso, come nei suoi racconti, dove l'artista da forma a un'umanità animalesca in un bricolage folle e fanciullesco di donne con le teste di uccello (La vedova, 1931; Le due sorelle; Niobe, 1932). 

La mostra documenta anche parte dell'attività di Savinio autore teatrale e scenografo, negli anni Quaranta del Novecento, con un rapido affondo nella produzione di bozzetti, disegni, guazzi, maquette e scenografie 

In particolare, l'intensa collaborazione di Savinio con il Teatro alla Scala di Milano è presentata con gli allestimenti scenici di Oedipus Rex (1948) di Igor Stravinsky, su testo di Jean Cocteau e I racconti di Hoffmann (1949) di Jacques Offenbach. Il grande fondale di scena, su disegno di Savinio, Hoffmann e la Musa, allestito nella Sala Grande del Galata, dialoga con le forme classiche del gruppo scultoreo Galata suicida.
Hoffmann e la Musa (1949) mostra un sentimento di commossa partecipazione dell'artista per quella sua musa, qui immaginata con il volto dello strumento lirico, a cui giovanissimo si era votato per poi allontanarsene. 
Chiude la mostra un personaggio ancora familiare, risvegliato dal passato, simbolo di sfida e ribellione; è il possente Prometeo (1929), che sembra plasticamente misurarsi, nella Sala delle prospettive dipinte, con l’Hermes Loghios restaurato dall’Algardi.
 
La mostra è stata girata da Rai Cultura su concessione del Ministero della Cultura e del Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps (Roma).
Savinio. Incanto e mito è stata organizzata da Electa Editore (Milano).

Savinio Incanto e mito
Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps, Roma
8 febbraio – 13 giugno 2021


Ester Coen
Esperta di Futurismo, di Metafisica, di arte italiana della prima metà del Novecento, svolge le sue ricerche anche sugli anni Sessanta, Settanta e sul contemporaneo e realizza numerosi saggi e pubblicazioni. Coautrice con Giuliano Briganti della mostra e del catalogo Pittura Metafisica (Venezia 1979), con Maurizio Fagiolo di Savinio (Ferrara 1980) e con Maurizio Calvesi del repertorio ragionato dell’opera di Umberto Boccioni (1983). Cura al Metropolitan Museum di New York la retrospettiva su Boccioni nel 1988, partecipa e collabora a numerose mostre internazionali, tra le quali Italian Art in the 20th Century, Royal Academy (Londra 1989); Memoria del Futuro al Centro Reina Sofia (Madrid 1990); Art and Power, Hayward Gallery (Londra 1995). Nel 1996 firma la mostra sul Futurismo al Museo Picasso (Barcellona) e nel 2003 Metafisica alle Scuderie del Quirinale (Roma). Organizza in collaborazione con Mario Codognato una esposizione di Richard Serra ai Mercati di Traiano (Roma 1999); progetta la mostra di Gary Hill al Colosseo (Roma 2005) e cura la retrospettiva di Enzo Cucchi al Museo Correr (Venezia 2007). Nel 2009 è uno dei tre commissari dell’esposizione per il centenario della nascita del Futurismo (Centre Pompidou Parigi, Scuderie del Quirinale Roma e Tate Modern Londra). Sempre nel 2009, per il MART di Rovereto, organizza la mostra sui rapporti tra le prime avanguardie: Futurismo 100: Illuminazioni. Avanguardie a confronto. Italia-Germania-Russia; nel 2015 alle Scuderie del Quirinale l’esposizione Matisse-Arabesque; alla fine del 2017 alla Galleria Nazionale di Roma allestisce una sala con opere intorno al 1968, a cinquant’anni dalla “rivoluzione culturale” e recentemente una mostra sempre a Roma, a Palazzo Altemps, sul tema Incanto e mito nell’opera di Alberto Savinio. Ha insegnato nelle università di Firenze, Udine, L’Aquila e Roma3 Architettura. È stata presidente dell’Accademia Nazionale di Danza ed è membro del comitato scientifico della Treccani.