Riviste. La cultura in Italia nel primo '900

Agli Uffizi rivive la fervida stagione delle avanguardie

E' una giornata buona, della nostra stagione letteraria. Un momento di attività, di rinnovamento […] e se accanto ai libri mettete poi i giornali, le riviste, tutti i fascicoli grandi e piccini che si stampano periodicamente nel paese, vi troverete davanti insieme con questo mucchio veramente enorme di carta stampata, tutto un mondo affollato e diverso di gente che in un modo o in un altro ci si muove sopra e ci vive; il nostro mondo letterario […] è ricco di numero e di importanza e di vita. 
Renato Serra, Le lettere, 1914 

Organizzata dagli Uffizi insieme alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, la mostra Riviste. La cultura in Italia nel primo ‘900 descrive compiutamente il fervido dibattito intellettuale che animò i primi decenni del Secolo Breve, esponendo le pagine delle pubblicazioni d’avanguardia che ne furono protagoniste: tra queste, «La Voce» di Prezzolini, i fogli futuristi di Marinetti, i periodici d’ispirazione sociale di Gobetti e Gramsci
Oltre 250 i pezzi esposti in nuove sale al piano terreno del complesso vasariano: oltre alle edizioni originali delle riviste, libri, manifesti, caricature, copertine ed una selezione di dipinti, disegni e sculture del tempo.


Programma sintetico (dettaglio), Leonardo, a. I, n. 1, 4 gennaio 1903. Testata di Adolfo De Karolis, Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale

Con il 1903 inizia la grande stagione fiorentina delle riviste, aperta dal «Leonardo» (1903-1907) di Giovanni Papini e Giuseppe Prezzolini, che vede riuniti giovani intellettuali accomunati dall’idealismo antipositivista e mossi dal desiderio di uno scardinamento della cultura del tempo. Sempre a Firenze nasce «Il Regno» (1903-1906), fondato da Enrico Corradini, primo importante organo di stampa del nazionalismo italiano. Per ultima si aggiunge «Hermes» (1904-1906), rivista letteraria di ispirazione dannunziana. Nello stesso fecondo 1903 esce a Napoli il primo fascicolo de «La Critica» (1903-1944) di Benedetto Croce, con l’intento di svolgere un’attività critica garantita dall’autorevole presenza di Croce e Giovanni Gentile.

Superata la fase inquieta del «Leonardo», Giuseppe Prezzolini fonda a Firenze «La Voce» (1908-1916), rivista destinata a rivestire un ruolo centrale nel dibattito culturale e politico italiano. Attraverso le sue colonne, dove sfilano le firme di Giovanni Amendola, Benedetto Croce, Gaetano Salvemini, Giovanni Gentile e della maggior parte degli intellettuali del tempo, si delinea la nuova Italia e viene svolta anche una fondamentale opera di diffusione dell’arte francese, dall’impressionismo al cubismo.

Nel 1913 Giovanni Papini e Ardengo Soffici, con la collaborazione di Aldo Palazzeschi e Italo Tavolato, fondano «Lacerba» (1913-1915). Del «Leonardo» vengono recuperati gli accenti eroici e i toni sprezzanti, cui si aggiunge il gusto toscano per lo sberleffo sarcastico. Protagonista della stagione fiorentina del futurismo e delle sue memorabili serate, il gruppo di «Lacerba» organizza tra il 1913 e il 1914 le esposizioni futuriste che portano a Firenze le opere di Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Giacomo Balla e Gino Severini. La rivista propone contributi critici sul cubismo, i discorsi contro il passatismo di Papini, gli scritti carichi di umorismo di Palazzeschi, ma anche i versi di Giuseppe Ungaretti e Dino Campana, oltre a manifesti programmatici e tavole parolibere. Dopo una schierata campagna interventista, cesserà le pubblicazioni in coincidenza con l’entrata in guerra dell’Italia.

Le avanguardie culturali del primo Novecento, che ebbero Firenze come epicentro, costituirono un momento di grande originalità e fervore per la cultura italiana, che si svecchiò e assunse una dimensione europea. […] Le idee nate da questo confronto anche aspro, ma pur sempre vivace e fecondo, hanno alimentato a lungo il pensiero politico e filosofico italiano, arrivando a volte sino ai nostri giorni. Dopo anni di silenzio con questa mostra si torna a discutere di idealismo e di risposta al positivismo.  Gennaro Sangiuliano, Ministro della Cultura

«Poesia» (1905-1909) è fondata a Milano nel 1905 da Filippo Tommaso Marinetti, Sem Benelli e Vitaliano Ponti. Oltre a promuovere le opere di Giovanni Pascoli, Giosuè Carducci e Gabriele d’Annunzio accanto a quelle di Gustave Kahn, John Keats e William Butler Yeats, pubblica nel 1909 il Manifesto del Futurismo, divenendo organo del movimento. A Firenze nasce invece «L’Italia Futurista» (1916-1918), fondata e diretta da Emilio Settimelli e Bruno Corra in seguito anche con Arnaldo Ginna. Ampio spazio è dedicato agli scritti di Marinetti che, insieme a Balla, partecipa con il gruppo fiorentino anche alla realizzazione del film Vita Futurista.

Allestimento mostra sezione Le riviste del futurismo

La drammatica esperienza della prima guerra mondiale mette in evidenza un rinnovato bisogno di certezza, di “ritorno all’ordine”.
È in questo clima che nascono a Roma «Valori plastici» (1918-1921) e «La Ronda» (1919-1923). «Valori plastici» si caratterizza per un forte legame con la pittura metafisica, promuovendo la diffusione delle teorie estetiche di Carlo Carrà, Giorgio de Chirico e Alberto Savinio, orientate verso il ritorno al classicismo pittorico e all’esaltazione della cultura figurativa italiana del Trecento e del Quattrocento. Allo stesso modo «La Ronda», richiama l’idea di un “rientro in riga” tra le fila del mondo letterario: in polemica con le avanguardie letterarie, auspica il ritorno a un classicismo basato sui padri letterari dell’Ottocento italiano, Manzoni e Leopardi.

Nella Torino dell’immediato dopoguerra emerge la figura di Piero Gobetti che, a soli diciassette anni, fonda «Energie Nove» (1918-1920). L’attenzione per le questioni politiche e sociali lo avvicina a Antonio Gramsci, fondatore con Angelo Tasca, Umberto Terracini e Palmiro Togliatti de «L’Ordine Nuovo» (1919-1922), organo del neonato movimento dei consigli di fabbrica. Con «Rivoluzione Liberale» (1922-1925) Gobetti riprende il percorso politico intrapreso da «Energie Nove», indagando le cause storiche delle innumerevoli contraddizioni italiane. A seguito del delitto Matteotti, le limitazioni alla libertà di stampa rendono impossibile a Gobetti continuare la pubblicazione dei suoi scritti politici: da qui nasce appunto l’ultima delle sue riviste, «Il Baretti», il cui carattere puramente letterario consente di portare avanti l’opposizione al fascismo sul piano culturale.

Con l’ascesa del fascismo si afferma in Italia una tendenza culturale opposta all’esterofilia e al cosmopolitismo: è lo Strapaese e sostiene l’idea di una cultura autarchica, di un’arte di ispirazione paesana che serva a orientare l’azione politica e restituire al fascismo imborghesito la sua vera natura. Roccaforti di questa tendenza sono le riviste «Il Selvaggio» (1924-1943) e «L’Italiano» (1926-1942). Nascono lontane dalla capitale: la prima, a Colle Val d’Elsa, trasferendosi poi a Firenze sotto la guida di Mino Maccari; la seconda, nel cuore di Bologna, dove è fondata e diretta da Leo Longanesi, il quale negli anni Trenta si ritroverà a guidarle entrambe. Tutti e due abbandonano presto la loro originaria impostazione politica per lasciare spazio a temi prettamente artistici e letterari, pur ribadendo il diritto di poter ridere di chiunque, potenti inclusi.


Allestimento mostra sezione 900 e Solaria

Negli stessi anni in cui le testate di Strapaese si schierano in favore di una chiusura autarchica, nascono, sul versante opposto, due riviste che predicano l’apertura alle nuove correnti di stampo europeo: «900» (1926-1929) e «Solaria» (1926-1934). «900» nasce dalla volontà dei suoi fondatori, Massimo Bontempelli e Curzio Malaparte, di dar vita a una realtà editoriale internazionale (emblematica la scelta di pubblicare in francese). «Solaria» di Alberto Carocci condivide la missione europeista, ma al suo interno si dividono da una parte i “rondisti”, che aspirano a un’arte lontana dal coinvolgimento politico e dall’altra i “solariani”, che vedono nella cultura uno strumento di analisi e denuncia. Lo spirito critico, indipendente e cosmopolita di entrambe le riviste mal si adatta alla crescente intransigenza del regime: «900», a seguito dell’imposizione dell’uso dell’italiano, chiude i battenti dopo pochi anni; «Solaria», nonostante innumerevoli ingerenze e censure, sopravvivrà fino alla metà degli anni Trenta.

Riviste. La cultura in Italia nel primo ‘900
Firenze, Gallerie degli Uffizi, dal 15 giugno al 7 gennaio 2024