Felice Casorati. Pittura che nasce dall'interno

Felice Casorati. Pittura che nasce dall'interno

Figure meditate e ipnotiche in mostra ad Aosta

Felice Casorati. Pittura che nasce dall'interno
Felice Casorati. Pittura che nasce dall’interno, la mostra allestita presso il Museo Archeologico Regionale di Aosta, propone oltre cento opere tra dipinti, sculture, disegni e bozzetti teatrali, databili dal 1904 al 1960, che consentono di rileggere il percorso creativo di uno dei maggiori artefici del Novecento attraverso sei sezioni dedicate non solo alla pittura, ma anche ad un ambito di ricerca meno indagato, la scultura.
Il titolo della mostra, spiega il curatore Alberto Fiz, prende spunto da un testo scritto dallo stesso Casorati in occasione della I Quadriennale di Roma del 1931 che appare come una dichiarazione di poetica: “Di fatto io non ho mai capito il movimento “qui déplace les lignes” e adoro le forme statiche: e poiché la mia pittura nasce, per così dire, dall’interno e mai trova origine dalla mutevole “impressione”, è ben naturale che queste forme statiche e non le mobili immagini della passione, si trovino nelle mie figure…”.

La rassegna analizza la costruzione di un percorso autonomo dove il riferimento costante è la pittura racchiusa nel motto dell'artista Numerus, mensura, pondus (numero, misura, peso). La strategia compositiva è alla base della sua indagine che sottopone il reale alle regole dell’intelletto.

Tra i capolavori proposti troviamo Le vecchie comari, 1908, Persone, 1910, Le ereditiere, 1910, Maria Anna De Lisi, 1918, Tiro al bersaglio, 1919, Le due sorelle, 1921, Donne in barca, 1933, Testa gialla, 1950.  Viene poi presentato a quasi sessant'anni dalla sua ultima mostra pubblica risalente al 1964 Nudo con le trecce o Ragazza di schiena del 1930.


Felice Casorati, Le ereditiere (Le sorelle) dettaglio, 1910, olio su tela, Mart - Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto

Insieme a un gruppo di disegni in parte inediti, la mostra presenta Fanciulla addormentata, inchiostro su carta intelata, preziosa testimonianza del 1921 che rappresenta lo studio preparatorio per il dipinto omonimo andato distrutto dieci anni dopo nel rogo del Glaspalast, il Palazzo di Cristallo di Monaco
Nel percosrso espositivo anche due pannelli risalenti presumibilmente al 1919 realizzati da Casorati per la sua abitazione torinese. Sono stati per  decenni occultati dallo stesso artista e oggi, dopo uno studio attento, vengono proposti per la prima volta in una mostra pubblica.

Nell'ambito della scultura compare un raro bassorilievo in gesso La dormiente del 1924 identico a quello che faceva parte del teatro privato del mecenate e collezionista torinese Riccardo Gualino.
Non manca poi un approfondimento sulla scuola privata di Casorati, nota come Scuola di via Galliari, dove si sono formati i suoi allievi più noti tra cui Silvio Avondo, Albino Galvano, Nella Marchesini, Marisa Mori, Paola Levi Montalcini, Lalla Romano e Daphne Maugham che diventerà sua moglie.


Felice Casorati, Le due sorelle (Libro aperto e libro chiuso) dettaglio, 1921, tempera su tavola, Mart - Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto

In mostra, per la prima volta, anche una selezione degli oggetti provenienti dallo studio torinese del pittore, elementi quali l'astrolabio, la testa del manichino, l'elmo, la ciotola che si rintracciano come modelli in molte delle sue opere trovando ogni volta una logica compositiva differente.Una riflessione centrale nel racconto espositivo ideato ad Aosta, infatti, è l'importanza per Casorati dell'atelier come luogo fisico e mentale della rappresentazione. Nell’autunno del 1917, dopo la tragica morte del padre, Casorati abbandona Verona per trasferirsi a Torino nella casa-studio di via Mazzini, dove abiterà tutta la vita: "da allora" sottolinea Albero Fiz  "Casorati identifica l'atelier con la propria architettura mentale all'interno della quale dispone gli elementi della scacchiera compositiva dando vita a un microcosmo dove il contenitore respira all'unisono con il contenuto. La pittura si propone come universo autonomo e l'atelier diventa la regola aurea dove, in una dimensione temporale sospesa, si svolge la scena. 
Dipinto esemplare di questo processo mentale che conduce all'elaborazione di una personalissima estetica è Maria Anna De Lisi, "dove lo studio è esso stesso la pittura con i suoi misteri nascosti e impenetrabili. Non c'è nulla di realistico in una costruzione puramente intellettuale dove la stessa figura ritratta, pur avendo nome e cognome, appare un'assoluta invenzione."

L'attitudine a considerare l'atelier come centro visivo della composizione, con la conseguente teatralizzazione degli oggetti, è confermata dall'opera simbolo Lo studio (1922-1923). Andato distrutto nel 1931 durante l'incendio del Glaspalast, il palazzo di Cristallo di Monaco dov'era esposto in occasione della Kunstausstellung, è stato ridipinto nel 1934: "Lo studio fra i miei quadri è quello che più ho amato. Credevo anche che in esso fossero evidenti senza possibilità di equivoci non solo lo schema mentale, ma soprattutto la mia visione spirituale, sebbene espressa con una castigatezza così compiaciuta che sapeva di mortificazione. Io avevo allora il cuore gonfio di orgoglio per l'opera mia. Finalmente avevo creato il quadro", scrive Casorati nel 1943 in occasione della conferenza all'Università di Pisa da cui emerge il suo testo più esaustivo.

 

[...] il teatro, così come la musica, rappresenta il filo rosso che percorre l'indagine di Casorati, straordinario inventore di spazi scenici, luoghi tangibili e ineffabili di una pittura ipnotica attraversata dall'aria ferma delle cose [...]
Alberto Fiz, curatore della mostra 

Le opere in mostra provengono da istituzioni pubbliche e private tra cui la GAM-Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea e la Fondazione Guido ed Ettore De Fornaris di Torino, il Mart-Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, gli Archivi Teatro e Museo alla Scala di Milano, i Musei Civici di Verona-Galleria d’Arte Moderna Achille Forti, la Galleria d'Arte Moderna Ricci Oddi di Piacenza, la Collezioni dei Musei Civici Fiorentini – Collezioni del Novecento, la Galleria d'Arte Moderna Paolo e Adele Giannoni, le Collezioni d'arte contemporanea della Regione autonoma Valle d'Aosta, il Gruppo Tim-Collezione Olivetti di Torino e la Rai.


Felice Casorati: Abbandono (Nudo di schiena) dettaglio, olio su tavola, 1929, GAM - Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea, Torino   

Felice Casorati nasce a Novara nel 1883. Durante l’infanzia e l’adolescenza si sposta di frequente  al seguito del padre, ufficiale di carriera sino a giungere, nel 1915, a Padova, dove frequenta il liceo classico e dove, nel 1906, si laurea in Giurisprudenza. In questa città  inizia il suo apprendistato artistico. Nel 1907 è presente  per la prima volta alla Biennale di Venezia con il Ritratto della sorella Elvira. Tra il 1907 e il 1911, con la famiglia, vive a Napoli, e dal 1911 a Verona, dove frequenta l’ambiente artistico più avanzato e influenzato dalle Secessioni di Monaco e di Vienna. Sarà presente alle Biennali veneziane nelle edizioni del 1909, 1910, 1912 e del 1914, all’Esposizione Internazionale di Valle Giulia a Roma nel 1911 e alle edizioni del 1913 e del 1915 della Secessione Romana. Alla fine del 1915 Casorati va sotto le armi, in Trentino. Nell’autunno del 1917, dopo la tragica morte del padre, Casorati, con la madre e le due sorelle Elvira e Giuseppina, abbandona Verona per trasferirsi a Torino nella casa-studio di via Mazzini, dove abiterà tutta la vita. La guerra e il suicidio del padre lasceranno nell’artista un segno profondo che si rifletterà anche nell’atmosfera delle grandi tempere del 1919-1920. A Torino stringe una profonda amicizia con il giovane Piero Gobetti, che cura e pubblica nel 1923 la prima monografia a lui dedicata con il titolo Felice Casorati pitttore. Collabora alla sua attività editoriale e, nell’aprile del 1922, compare tra i firmatari, su Rivoluzione Liberale, diretta da Gobetti, di un appello rivolto ai giovani intellettuali per far nascere una cultura e una società nuova, spiritualmente rinnovata. Nel 1920, dopo aver  rinunciato a partecipare alla Biennale di Venezia ed essere stato escluso da Ca’ Pesaro,  promuove un vero e proprio esodo secessionista concretizzatosi nella Mostra degli Artisti dissidenti di Ca’ Pesaro alla galleria Geri Boralevi in piazza San Marco.

Diventa protagonista e promotore della vita culturale e artistica torinese: suscitano scalpore le sue opere esposte nel 1919 alla Promotrice, nel 1921 alla Mole Antonelliana e nel 1923 alla Quadriennale al Valentino, dove, nella sala IX di cui è responsabile, ha invitato a esporre De Chirico, Carrà, Tosi, Conti, Viani e i giovani pittori torinesi Chessa, Menzio, Levi, Galante e Morando. Conosce Riccardo Gualino che gli commissiona il proprio ritratto e quello dei familiari e lo incarica del progetto per il teatro privato della propria abitazione. Il teatrino, disegnato e realizzato in collaborazione con l’architetto Alberto Sartoris, sarà inaugurato nel 1925. Apre in via Galliari 33 la Scuola libera di Pittura di Felice Casorati, che diventa luogo non solo di formazione artistica per gli allievi che la frequentano, ma anche punto di incontro di pittori e intellettuali. Nel 1926 una delle sue allieve è la pittrice Daphne Maugham, che sposerà nel 1931, anno in cui acquista la casa di Pavarolo, sulla collina torinese. Nel 1934 nasce il figlio Francesco.
Nel 1924 è invitato con una sala personale alla Biennale di Venezia, presentato da Lionello Venturi (sarà poi presente a numerose edizioni dell’esposizione veneziana, con una personale nel ’38, ’42, ’52, ’64). Dal 1924 espone al Canegie Institute di Pittsburgh dove sarà presente con continuità sino al 1938 e di nuovo nel 1950. A partire dal 1926, pur se in una posizione indipendente, è presente alle mostre del Novecento Italiano organizzate in Italia e all’estero da Margherita Sarfatti e dal 1931 alle Quadriennali romane. In quegli anni espone in numerose rassegne internazionali.

Nel 1933 è chiamato da Guido Maria Gatti e Vittorio Gui a collaborare come scenografo al I Maggio Musicale Fiorentino e disegna scene e costumi per La Vestale di Gaspare Spontini. Per Casorati è l’inizio della sua attività di scenografo, che si protrae per un ventennio, lavorando, in particolare con  i  musicisti Casella, Malipiero, Petrassi, Ghedini, Dallapiccola. Collabora alla selezione delle opere per la sezione del Novecento della grande mostra d’arte italiana dei secoli XIX e XX a Parigi, al Jeu de Paume, curata da Antonio Maraini, cui partecipa con cinque sue opere. E’ presente, nel 1937, a Parigi, nel padiglione italiano, dell’Esposizione internazionale e a Berlino, alla Preussische Akademie der Künste per l’Arte italiana dal 1800 ai contemporanei; nel 1939 a San Francisco, per Golden Gate International e a Londra, in Contemporary Painting in Europe. Nel 1941 è nominato docente di pittura all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, di cui nel 1952 diventa direttore e nel 1954 presidente. Nel 1955 partecipa alla prima edizione di Documenta di Kassel. Nel 1960 riceve in Campidoglio la Medaglia d’oro al merito professionale; a settembre muore la sorella Elvira, soggetto di alcuni fra i più importanti quadri di Casorati. Nel 1961, già sofferente di disfunzioni circolatorie, subisce l’amputazione della gamba sinistra. Dopo l’operazione riprende la sua attività dedicandosi soprattutto al disegno e all’incisione.
Muore nella casa di via Mazzini il 1° marzo 1963.

Foto di copertina: Felice Casorati, Maria Anna De Lisi (dettaglio), tempera su tavola, 1919, Collezione privata

Felice Casorati. Pittura che nasce dall’interno
Aosta, Museo Archeologico Regionale, dal 2 Dicembre 2023 al 7 Aprile 2024