Mostra "L'arte triestina al femminile nel '900 d'avanguardia italiano ed europeo"
Dal 14 maggio al 31 luglio 2024
Nell’ambito del progetto, all’ISTITUTO ITALIANO DI CULTURA DI BRUXELLES, dal 14.5 al 31.7.2024, sarà allestita un’unica grande rassegna, intitolata L’ARTE TRIESTINA AL FEMMINILE NEL '900 D’AVANGUARDIA ITALIANO ED EUROPEO, ideata e curata da Marianna Accerboni. In mostra circa 130 opere tra dipinti, disegni, bozzetti teatrali e non, sculture e ceramiche accanto a fotografie, lettere, documenti, libri, abiti, accessori, profumi, gioielli e oggetti. I pezzi in esposizione non sono mai stati presentati in Belgio: tra questi, vari materiali inediti, rari e poco noti. L’esposizione intende focalizzare e approfondire la creatività triestina femminile d’avanguardia nel contesto del Novecento italiano ed europeo attraverso cinque artiste emblematiche, note per la maggior parte a livello internazionale: Leonor Fini, Maria Lupieri, Maria Melan, Anita Pittoni e Miela Reina. A ognuna di loro, tutte molto apprezzate da Gillo Dorfles, verrà dedicata una sezione che ne ricostruirà sinteticamente la creatività e la vita.
Dal canto suo l’ambasciatrice d’Italia a Bruxelles Federica Favi dichiara “Siamo molto felici di realizzare questo progetto, che è il frutto di un’importante collaborazione con la Regione Friuli-Venezia Giulia, perché farà conoscere anche all’estero l’opera e il percorso di alcune artiste straordinarie”
“Le caratteristiche socioculturali delle donne triestine - spiega la curatrice Marianna Accerboni -, che risultano uniche in Italia per un intrecciarsi di fattori storici, sociali e politici complessi e particolari, legati alla plurisecolare centralità nel contesto europeo e alla multiculturalità di Trieste, hanno determinato la creatività e le scelte artistiche innovatrici di queste artiste, proiettandole verso un’avanguardia europea, secondo un percorso unico nell’arte italiana. Questa mostra propone dunque un quadro inatteso dell’avanguardia artistica femminile triestina dell’epoca, che si pose al pari con la più spiccata avanguardia europea e internazionale, e sarà accompagnata da vari eventi collaterali in tema”.
CONCEPT
La mostra all’Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles intende testimoniare, attraverso la vita e le opere di cinque emblematiche artiste triestine, Leonor Fini, Maria Lupieri, Maria Melan, Anita Pittoni e Miela Reina, l’elevato e particolare milieu culturale che ha caratterizzato il Novecento a Trieste - città che nel corso del tempo aveva assunto una straordinaria connotazione internazionale - e la valenza creativa e innovativa dell’elemento femminile sviluppatasi in tale contesto. Queste artiste, accomunate da un talento spesso geniale, avevano infatti apportato, attraverso modi diversi, ma affini in quanto d’avanguardia e poliedrici, una ventata di novità in un emisfero artistico culturale già molto avanzato come quello della Trieste dell’epoca. Una città in cui albergava un’anima europea e mitteleuropea, che sopravvive ancor oggi in vari artisti triestini, i cui modelli di riferimento – cioè i pittori e gli scultori locali di un tempo - si erano formati tra la fine dell’Ottocento e il primo Novecento seguendo due direttrici: l’Accademia di Belle Arti di Venezia, da cui avevano tratto una cognizione gioiosa della luce, ma soprattutto l’Accademia di Monaco (dove erano state presenti, tra gli altri, con ruoli diversi, personalità eminenti come Klee e Kandinsky) e quelle di Vienna e Berlino, autentiche culle e fucine della modernità. E, a Trieste, tali artisti avevano altresì raccolto anche i semi di quella coeva avanguardia internazionale germinata all’Est che, transitando per Trieste e Fiume, si raccordava alle istanze più avanzate della modernità francesi e austro tedesche, collegando Mosca e il mondo slavo a Parigi.
La collocazione della città era infatti, già nell’Ottocento, centro europea e la sua composizione cosmopolita, essendo allora Trieste l’unico porto del vasto Impero asburgico e il secondo porto d’Europa dopo Marsiglia. Successivamente al crollo dell’assetto austro-ungarico, la città adriatica, allora avanzatissima, sospesa tra pensiero mitteleuropeo e suggestioni italiane, rappresentò - nel primo Novecento e tra le due guerre mondiali - l’humus ideale per la formazione di queste artiste, vissute a stretto contatto con il colto milieu internazionale e d’avanguardia che connotava la città, nel cui contesto ebbero modo di frequentare assiduamente personaggi triestini loro coetanei, che sarebbero divenuti famosi a livello mondiale. Tra questi, per esempio, il futuro gallerista Leo Castelli, che, promuovendo la Pop art, avrebbe cambiato la storia dell’arte del secondo Novecento; il famoso critico, estetologo e artista Gillo Dorfles, Bobi Bazlen, grande traghettatore della letteratura dell’Est europeo in Italia, e il pittore Arturo Nathan, accanto a Italo Svevo e Umberto Saba. E non va dimenticato che anche i genitori di Richard Rogers, grande archistar internazionale e Leone d’Oro alla Carriera alla Biennale di Architettura del 2006, erano triestini e a Trieste Rogers rimase sempre molto legato anche perchè in questa città aveva frequentato assiduamente il cugino Ernesto Nathan Rogers (architetto triestino cofondatore del celebre Gruppo BBPR di Milano con Gian Luigi Banfi, Lodovico Barbiano di Belgiojoso, Enrico Peressutti), che lo aveva fortemente indirizzato e infine convinto a scegliere la professione di architetto. Un po’ diversa tra tutte appare la vicenda della più giovane Miela Reina, nata nel ’32 da padre siciliano, provveditore agli studi, e da una valente giornalista triestina. Una pittrice che viaggiò molto ma che, vivendo a Trieste, fu anche molto attenta ai venti innovatori dell’arte contemporanea che provenivano dall’Est e da altri centri europei.
LA MOSTRA
A ogni artista è dedicata una sezione, in cui la personalità e l’arte di ciascuna sono testimoniate nei loro molteplici aspetti. Verrà proiettato anche un video della Videoest Trieste, inedito per il Belgio, con l’unica intervista in cui Leonor Fini racconta la sua vita e ricorda in particolare gli anni triestini.
In linea con le tendenze del linguaggio contemporaneo e con il concetto di multimedialità delle arti, l’inaugurazione sarà sottolineata da una performance musicale, rievocante l’atmosfera d’avanguardia degli anni Sessanta espressa da Miela Reina a Trieste e altrove nelle sue scenografie viventi. Tali momenti musicali saranno realizzati con il supporto di basi musicali, immagini registrate all’epoca e interventi live del celebre flautista e compositore toscano Roberto Fabbriciani (curriculum in allegato), considerato oggi il miglior interprete di musica contemporanea, che ha già operato più volte in rievocazioni musicali legate alla cultura triestina.
L’auspicio è che il pubblico italiano e straniero riscopra attraverso la mostra anche la colta e multietnica Trieste d’inizio ‘900 e degli anni fra le due guerre: una città allora eccezionalmente all’avanguardia sul piano culturale e dei costumi, da cui germina certamente il suo fascino attuale, recentemente riscoperto. Inoltre, i numerosi i documenti, foto, lettere, oggetti, abiti, testimonianze, opere, che caratterizzano la maggior parte dell’esposizione, potranno costituire un punto fermo di partenza, utile a svolgere ulteriori studi di approfondimento sulla personalità delle artiste presenti, fornendo altresì nuovi spunti d’interpretazione e di ricerca soprattutto al pubblico internazionale più giovane, che non conosce le vicende artistiche del ‘900 nel Nord Est italiano.
LE ARTISTE
Leonor Fini (Buenos Aires 1907 – Parigi 1996), pittrice, costumista, scenografa, illustratrice, disegnatrice e scrittrice triestina. Voce solista del Surrealismo francese e internazionale, che seppe originalmente modulare attraverso varie tematiche, si formò nel contesto dell’eccezionale milieu multietnico e multiculturale della Trieste del primo ‘900, a stretto contatto con personalità quali Umberto Saba, Italo Svevo, Bobi Bazlen, Gillo Dorfles, Leo Castelli, Arturo Nathan, e a Milano, dove assimilò l’influenza novecentista a contatto con il classicismo di Achille Funi e il tonalismo di Carlo Carrà e Arturo Tosi. Linguaggio che abbandonò per il Surrealismo, quando nel 1931 si trasferì a Parigi, dove intraprese, da autentica self made women, una brillante carriera artistica internazionale, che la portò a esporre in sedi di grande prestigio quali, tra le altre, la Julien levi Gallery, il MoMA di New York e diverse Biennali veneziane. Autodidatta, indipendente, molto colta, originale, misteriosa, poliedrica ed esoterica, fu autrice fin da giovanissima di ritratti d’eccezione. Condusse per decenni un menage a trois con l’importante intellettuale polacco Costantin Jelenski e con il pittore ed ex diplomatico Stanislao Lepri, accanto ai quali è sepolta nel piccolo cimitero di Saint-Dyé-sur Loire.
Maria Lupieri (Trieste 1901 – Roma 1961), pittrice e scenografa triestina. Formatasi nell’elevato milieu artistico culturale della Trieste del primo ‘900, fu in contatto con Gabriele D’Annunzio e amica, tra gli altri, fin da giovanissima di Eugenio Montale, Carlo Levi, Umberto Saba e la figlia Linuccia, Arturo Nathan, Leonor Fini, Anita Pittoni, Virgilio Giotti, Gillo Dorfles e poi di Maria Pospisilova, pittrice surrealista cecoslovacca, rivelatasi molto importante per la sua formazione. Già nel 1927 fu scenografa al Teatro alla Scala di Milano. Influenzata dalle avanguardie coeve, si avvicinò al Futurismo e, a partire dal 1930, espose in molte mostre di rilievo, tra cui le Triennali milanesi, le Quadriennali di Roma e la Biennale di Venezia. Infaticabile sperimentatrice, dagli interessi esoterici, colse gli afflati del suo tempo, tra cui il Surrealismo e la pittura organica, capace di transitare da un’intensa rappresentazione narrativa (nature morte di fiori, intensi paesaggi e ritratti), condotta sul filo dell’Espressionismo figurativo, a esiti astratti e informali, esplicitati attraverso una forte sensibilità per la luce e il colore.
Maria Melan (Gorizia 1923 – Bruxelles 2023), architetto, pittrice, illustratrice, grafica pubblicitaria, docente e atelierista triestina. Di antica e nobile famiglia triestina, temperamento riservato, visse nel capoluogo giuliano fin dall’infanzia, trasferendosi quindi a Bruxelles. Laureata in Architettura a Venezia, fu per anni collaboratrice del grande architetto Carlo Scarpa. Vicina alla poetica di Bruno Munari e Riccardo Dalisi, fu cofondatrice del Gruppo Immagine e del MiniMu - Museo dei Bambini di Trieste. I suoi lavori testimoniano una grande freschezza d’inventiva, un modo armonico ed equilibrato di tener conto del pensiero delle avanguardie del Novecento senza tuttavia citarle, ma redigendo un proprio alfabeto di accostamenti raffinati e un po’ giocosi che alludono alla memoria futurista e costruttivista. Ha operato ed esposto ripetutamente in sedi e spazi urbani di prestigio in Toscana, a Trieste e a Bruxelles.
Anita Pittoni (Trieste 1901 – 1982), stilista, costumista teatrale, pittrice, poetessa, scrittrice ed editrice triestina. Animo indipendente e combattivo, temperamento irrequieto non facile, artista poliedrica, fondò a Trieste, con una filiale a Milano nell’atelier dell’architetto Agnoldomenico Pica, il suo Studio d’Arte decorativa, importante casa di alta moda femminile e maschile e di arredi tessili d’avanguardia, che faceva uso di tessuti innovativi quali per esempio il filo di ginestra e creava modelli antesignani per tipologia ed essenzialità. Come costumista teatrale lavorò, tra gli altri, per il regista Anton Giulio Bragaglia e, apprezzata da Gio Ponti, scrisse su Domus. Espose, tra l’altro, a Parigi, Berlino, Buenos Aires e New York, Medaglia d’oro nel 1936 alla Triennale di Milano, e nel ’37 Gran Prix all’Esposizione universale di Parigi. Dopo il secondo conflitto mondiale, chiuse l’atelier e fondò, con il sostegno di scrittori e poeti quali Umberto Saba, Giani Stuparich, Virgilio Giotti, Pier Antonio Quarantotti Gambini e Luciano Budigna, la Casa editrice Lo Zibaldone e un importante salotto letterario.
Miela Reina (Trieste 1935 – Udine 1972), pittrice, grafica, fumettista, scenografa e scultrice triestina. Laureata all’Accademia di Belle Arti di Venezia, grande viaggiatrice, fu molto apprezzata da Gillo Dorfles e una delle personalità più importanti e significative dell’arte triestina del secondo Novecento. Artista originale e fantastica, capace di divertire, far riflettere e sognare attraverso invenzioni antesignane e ludiche, connotate dalla freschezza dell’intuizione e da una genialità lieve e profonda, rimase molto legata alla Sicilia, regione d’origine del padre, da cui aveva tratto, nella sua prima fase creativa, ispirazione, dipingendo, nell’ambito dell’espressionismo figurativo, personaggi e ambientazioni emblematici e, più avanti, magma materici che tendevano a sganciarsi dalla figurazione. Per poi passare a un’inclinazione più visionaria, che dal ’67 si trasformò in un segno netto. Ideò anche originali storie a fumetti e ardite, poetiche sperimentazioni per il teatro, per la scuola e l’happening, decorazioni di edifici pubblici e motonavi. Punta di diamante, coraggiosa e sorprendente, dell’avanguardia triestina, attenta anche ai venti culturali dell'Est, partecipò per esempio più volte alla Biennale Musica di Zagabria: qui creò insieme al musicista Carlo de Incontrera una serie di lavori teatrali, dove, nel momento stesso dell’accadimento musicale, inventava in diretta sul palcoscenico fatti visivi particolarmente affascinanti. Al suo raffinato eclettismo e alla sua arte indipendente Trieste ha dedicato un teatro d’avanguardia che porta il suo nome e una scuola.
Le opere esposte all’Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles provengono dal Civico Museo Revoltella di Trieste, Civici Musei di Storia ed Arte di Trieste, Biblioteca Civica A. Hortis (Fondo Anita Pittoni) di Trieste, Collezione d’arte della Fondazione CRTrieste, La Wolfsoniana - Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura di Genova e da vari collezionisti privati, tra cui Maurizio Zanei, importante collezionista e detentore, tra l’altro, della più ampia collezione esistente del pittore Zoran Music. Alcune delle opere della Fini, in linea con il concept della mostra, sono particolarmente legate al periodo di formazione a Trieste e alla città, che lei riteneva “la città degli affetti” e a cui rimase sempre profondamente legata. Le opere di Miela Reina, di Maria Lupieri e di Maria Melan sono state scelte da Accerboni di concerto con le rispettive famiglie che le hanno ereditate, tra le più significative prodotte dalle artiste al fine di offrire un quadro sintetico ma esaustivo della loro creatività.
È un vero piacere ospitare questa mostra presso il nostro Istituto – afferma la direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles Allegra Iafrate - perché racconta il profondo cosmopolitismo di una regione da sempre aperta a molteplici influssi culturali”.
Dal canto suo l’ambasciatrice d’Italia a Bruxelles Federica Favi dichiara “Siamo molto felici di realizzare questo progetto, che è il frutto di un’importante collaborazione con la Regione Friuli-Venezia Giulia, perché farà conoscere anche all’estero l’opera e il percorso di alcune artiste straordinarie”
“Le caratteristiche socioculturali delle donne triestine - spiega la curatrice Marianna Accerboni -, che risultano uniche in Italia per un intrecciarsi di fattori storici, sociali e politici complessi e particolari, legati alla plurisecolare centralità nel contesto europeo e alla multiculturalità di Trieste, hanno determinato la creatività e le scelte artistiche innovatrici di queste artiste, proiettandole verso un’avanguardia europea, secondo un percorso unico nell’arte italiana. Questa mostra propone dunque un quadro inatteso dell’avanguardia artistica femminile triestina dell’epoca, che si pose al pari con la più spiccata avanguardia europea e internazionale, e sarà accompagnata da vari eventi collaterali in tema”.
CONCEPT
La mostra all’Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles intende testimoniare, attraverso la vita e le opere di cinque emblematiche artiste triestine, Leonor Fini, Maria Lupieri, Maria Melan, Anita Pittoni e Miela Reina, l’elevato e particolare milieu culturale che ha caratterizzato il Novecento a Trieste - città che nel corso del tempo aveva assunto una straordinaria connotazione internazionale - e la valenza creativa e innovativa dell’elemento femminile sviluppatasi in tale contesto. Queste artiste, accomunate da un talento spesso geniale, avevano infatti apportato, attraverso modi diversi, ma affini in quanto d’avanguardia e poliedrici, una ventata di novità in un emisfero artistico culturale già molto avanzato come quello della Trieste dell’epoca. Una città in cui albergava un’anima europea e mitteleuropea, che sopravvive ancor oggi in vari artisti triestini, i cui modelli di riferimento – cioè i pittori e gli scultori locali di un tempo - si erano formati tra la fine dell’Ottocento e il primo Novecento seguendo due direttrici: l’Accademia di Belle Arti di Venezia, da cui avevano tratto una cognizione gioiosa della luce, ma soprattutto l’Accademia di Monaco (dove erano state presenti, tra gli altri, con ruoli diversi, personalità eminenti come Klee e Kandinsky) e quelle di Vienna e Berlino, autentiche culle e fucine della modernità. E, a Trieste, tali artisti avevano altresì raccolto anche i semi di quella coeva avanguardia internazionale germinata all’Est che, transitando per Trieste e Fiume, si raccordava alle istanze più avanzate della modernità francesi e austro tedesche, collegando Mosca e il mondo slavo a Parigi.
La collocazione della città era infatti, già nell’Ottocento, centro europea e la sua composizione cosmopolita, essendo allora Trieste l’unico porto del vasto Impero asburgico e il secondo porto d’Europa dopo Marsiglia. Successivamente al crollo dell’assetto austro-ungarico, la città adriatica, allora avanzatissima, sospesa tra pensiero mitteleuropeo e suggestioni italiane, rappresentò - nel primo Novecento e tra le due guerre mondiali - l’humus ideale per la formazione di queste artiste, vissute a stretto contatto con il colto milieu internazionale e d’avanguardia che connotava la città, nel cui contesto ebbero modo di frequentare assiduamente personaggi triestini loro coetanei, che sarebbero divenuti famosi a livello mondiale. Tra questi, per esempio, il futuro gallerista Leo Castelli, che, promuovendo la Pop art, avrebbe cambiato la storia dell’arte del secondo Novecento; il famoso critico, estetologo e artista Gillo Dorfles, Bobi Bazlen, grande traghettatore della letteratura dell’Est europeo in Italia, e il pittore Arturo Nathan, accanto a Italo Svevo e Umberto Saba. E non va dimenticato che anche i genitori di Richard Rogers, grande archistar internazionale e Leone d’Oro alla Carriera alla Biennale di Architettura del 2006, erano triestini e a Trieste Rogers rimase sempre molto legato anche perchè in questa città aveva frequentato assiduamente il cugino Ernesto Nathan Rogers (architetto triestino cofondatore del celebre Gruppo BBPR di Milano con Gian Luigi Banfi, Lodovico Barbiano di Belgiojoso, Enrico Peressutti), che lo aveva fortemente indirizzato e infine convinto a scegliere la professione di architetto. Un po’ diversa tra tutte appare la vicenda della più giovane Miela Reina, nata nel ’32 da padre siciliano, provveditore agli studi, e da una valente giornalista triestina. Una pittrice che viaggiò molto ma che, vivendo a Trieste, fu anche molto attenta ai venti innovatori dell’arte contemporanea che provenivano dall’Est e da altri centri europei.
LA MOSTRA
A ogni artista è dedicata una sezione, in cui la personalità e l’arte di ciascuna sono testimoniate nei loro molteplici aspetti. Verrà proiettato anche un video della Videoest Trieste, inedito per il Belgio, con l’unica intervista in cui Leonor Fini racconta la sua vita e ricorda in particolare gli anni triestini.
In linea con le tendenze del linguaggio contemporaneo e con il concetto di multimedialità delle arti, l’inaugurazione sarà sottolineata da una performance musicale, rievocante l’atmosfera d’avanguardia degli anni Sessanta espressa da Miela Reina a Trieste e altrove nelle sue scenografie viventi. Tali momenti musicali saranno realizzati con il supporto di basi musicali, immagini registrate all’epoca e interventi live del celebre flautista e compositore toscano Roberto Fabbriciani (curriculum in allegato), considerato oggi il miglior interprete di musica contemporanea, che ha già operato più volte in rievocazioni musicali legate alla cultura triestina.
L’auspicio è che il pubblico italiano e straniero riscopra attraverso la mostra anche la colta e multietnica Trieste d’inizio ‘900 e degli anni fra le due guerre: una città allora eccezionalmente all’avanguardia sul piano culturale e dei costumi, da cui germina certamente il suo fascino attuale, recentemente riscoperto. Inoltre, i numerosi i documenti, foto, lettere, oggetti, abiti, testimonianze, opere, che caratterizzano la maggior parte dell’esposizione, potranno costituire un punto fermo di partenza, utile a svolgere ulteriori studi di approfondimento sulla personalità delle artiste presenti, fornendo altresì nuovi spunti d’interpretazione e di ricerca soprattutto al pubblico internazionale più giovane, che non conosce le vicende artistiche del ‘900 nel Nord Est italiano.
LE ARTISTE
Leonor Fini (Buenos Aires 1907 – Parigi 1996), pittrice, costumista, scenografa, illustratrice, disegnatrice e scrittrice triestina. Voce solista del Surrealismo francese e internazionale, che seppe originalmente modulare attraverso varie tematiche, si formò nel contesto dell’eccezionale milieu multietnico e multiculturale della Trieste del primo ‘900, a stretto contatto con personalità quali Umberto Saba, Italo Svevo, Bobi Bazlen, Gillo Dorfles, Leo Castelli, Arturo Nathan, e a Milano, dove assimilò l’influenza novecentista a contatto con il classicismo di Achille Funi e il tonalismo di Carlo Carrà e Arturo Tosi. Linguaggio che abbandonò per il Surrealismo, quando nel 1931 si trasferì a Parigi, dove intraprese, da autentica self made women, una brillante carriera artistica internazionale, che la portò a esporre in sedi di grande prestigio quali, tra le altre, la Julien levi Gallery, il MoMA di New York e diverse Biennali veneziane. Autodidatta, indipendente, molto colta, originale, misteriosa, poliedrica ed esoterica, fu autrice fin da giovanissima di ritratti d’eccezione. Condusse per decenni un menage a trois con l’importante intellettuale polacco Costantin Jelenski e con il pittore ed ex diplomatico Stanislao Lepri, accanto ai quali è sepolta nel piccolo cimitero di Saint-Dyé-sur Loire.
Maria Lupieri (Trieste 1901 – Roma 1961), pittrice e scenografa triestina. Formatasi nell’elevato milieu artistico culturale della Trieste del primo ‘900, fu in contatto con Gabriele D’Annunzio e amica, tra gli altri, fin da giovanissima di Eugenio Montale, Carlo Levi, Umberto Saba e la figlia Linuccia, Arturo Nathan, Leonor Fini, Anita Pittoni, Virgilio Giotti, Gillo Dorfles e poi di Maria Pospisilova, pittrice surrealista cecoslovacca, rivelatasi molto importante per la sua formazione. Già nel 1927 fu scenografa al Teatro alla Scala di Milano. Influenzata dalle avanguardie coeve, si avvicinò al Futurismo e, a partire dal 1930, espose in molte mostre di rilievo, tra cui le Triennali milanesi, le Quadriennali di Roma e la Biennale di Venezia. Infaticabile sperimentatrice, dagli interessi esoterici, colse gli afflati del suo tempo, tra cui il Surrealismo e la pittura organica, capace di transitare da un’intensa rappresentazione narrativa (nature morte di fiori, intensi paesaggi e ritratti), condotta sul filo dell’Espressionismo figurativo, a esiti astratti e informali, esplicitati attraverso una forte sensibilità per la luce e il colore.
Maria Melan (Gorizia 1923 – Bruxelles 2023), architetto, pittrice, illustratrice, grafica pubblicitaria, docente e atelierista triestina. Di antica e nobile famiglia triestina, temperamento riservato, visse nel capoluogo giuliano fin dall’infanzia, trasferendosi quindi a Bruxelles. Laureata in Architettura a Venezia, fu per anni collaboratrice del grande architetto Carlo Scarpa. Vicina alla poetica di Bruno Munari e Riccardo Dalisi, fu cofondatrice del Gruppo Immagine e del MiniMu - Museo dei Bambini di Trieste. I suoi lavori testimoniano una grande freschezza d’inventiva, un modo armonico ed equilibrato di tener conto del pensiero delle avanguardie del Novecento senza tuttavia citarle, ma redigendo un proprio alfabeto di accostamenti raffinati e un po’ giocosi che alludono alla memoria futurista e costruttivista. Ha operato ed esposto ripetutamente in sedi e spazi urbani di prestigio in Toscana, a Trieste e a Bruxelles.
Anita Pittoni (Trieste 1901 – 1982), stilista, costumista teatrale, pittrice, poetessa, scrittrice ed editrice triestina. Animo indipendente e combattivo, temperamento irrequieto non facile, artista poliedrica, fondò a Trieste, con una filiale a Milano nell’atelier dell’architetto Agnoldomenico Pica, il suo Studio d’Arte decorativa, importante casa di alta moda femminile e maschile e di arredi tessili d’avanguardia, che faceva uso di tessuti innovativi quali per esempio il filo di ginestra e creava modelli antesignani per tipologia ed essenzialità. Come costumista teatrale lavorò, tra gli altri, per il regista Anton Giulio Bragaglia e, apprezzata da Gio Ponti, scrisse su Domus. Espose, tra l’altro, a Parigi, Berlino, Buenos Aires e New York, Medaglia d’oro nel 1936 alla Triennale di Milano, e nel ’37 Gran Prix all’Esposizione universale di Parigi. Dopo il secondo conflitto mondiale, chiuse l’atelier e fondò, con il sostegno di scrittori e poeti quali Umberto Saba, Giani Stuparich, Virgilio Giotti, Pier Antonio Quarantotti Gambini e Luciano Budigna, la Casa editrice Lo Zibaldone e un importante salotto letterario.
Miela Reina (Trieste 1935 – Udine 1972), pittrice, grafica, fumettista, scenografa e scultrice triestina. Laureata all’Accademia di Belle Arti di Venezia, grande viaggiatrice, fu molto apprezzata da Gillo Dorfles e una delle personalità più importanti e significative dell’arte triestina del secondo Novecento. Artista originale e fantastica, capace di divertire, far riflettere e sognare attraverso invenzioni antesignane e ludiche, connotate dalla freschezza dell’intuizione e da una genialità lieve e profonda, rimase molto legata alla Sicilia, regione d’origine del padre, da cui aveva tratto, nella sua prima fase creativa, ispirazione, dipingendo, nell’ambito dell’espressionismo figurativo, personaggi e ambientazioni emblematici e, più avanti, magma materici che tendevano a sganciarsi dalla figurazione. Per poi passare a un’inclinazione più visionaria, che dal ’67 si trasformò in un segno netto. Ideò anche originali storie a fumetti e ardite, poetiche sperimentazioni per il teatro, per la scuola e l’happening, decorazioni di edifici pubblici e motonavi. Punta di diamante, coraggiosa e sorprendente, dell’avanguardia triestina, attenta anche ai venti culturali dell'Est, partecipò per esempio più volte alla Biennale Musica di Zagabria: qui creò insieme al musicista Carlo de Incontrera una serie di lavori teatrali, dove, nel momento stesso dell’accadimento musicale, inventava in diretta sul palcoscenico fatti visivi particolarmente affascinanti. Al suo raffinato eclettismo e alla sua arte indipendente Trieste ha dedicato un teatro d’avanguardia che porta il suo nome e una scuola.
Le opere esposte all’Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles provengono dal Civico Museo Revoltella di Trieste, Civici Musei di Storia ed Arte di Trieste, Biblioteca Civica A. Hortis (Fondo Anita Pittoni) di Trieste, Collezione d’arte della Fondazione CRTrieste, La Wolfsoniana - Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura di Genova e da vari collezionisti privati, tra cui Maurizio Zanei, importante collezionista e detentore, tra l’altro, della più ampia collezione esistente del pittore Zoran Music. Alcune delle opere della Fini, in linea con il concept della mostra, sono particolarmente legate al periodo di formazione a Trieste e alla città, che lei riteneva “la città degli affetti” e a cui rimase sempre profondamente legata. Le opere di Miela Reina, di Maria Lupieri e di Maria Melan sono state scelte da Accerboni di concerto con le rispettive famiglie che le hanno ereditate, tra le più significative prodotte dalle artiste al fine di offrire un quadro sintetico ma esaustivo della loro creatività.