Alighiero e Boetti
Diversi come due gocce d'acqua
L'uno, il doppio, il molteplice, l'inscindibile tensione tra il singolare e il plurale e la titanica quanto vana impresa di ridurre all'ordine il flusso caotico e incessante del divenire, elaborando la realtà anche attraverso il pensiero scientifico e l'ars combinatoria, giocando con la magia dei numeri e della geometria.[…] cercheremo un'armonia / sorridenti, fra le braccia / anche se siamo diversi / come due gocce d'acqua.
Wisława Szymborska, Nulla due volte (da Appello allo Yeti, 1957)
Abitato, folgorato dall'ossessione del doppio, alla perenne ricerca di un'unità mancante, sempre sfuggente, Alighiero Boetti nel 1968 crea un alter ego avviando un percorso che dalle poetiche dell'Arte Povera prosegue verso orizzonti ancora più sperimentali con la produzione di opere originalissime, insieme individuali e corali.
Scomparso nel 1994 Boetti "è stato l'ultimo grandissimo esponente di un mondo arrestatosi sulle soglie dell'era elettronica".
Un artista come Alighiero, scrive Marco Tirelli, "ha fondato una nuova e inaudita idea del classico, in cui il rigore, la norma, i modelli e le regole fossero sempre instabili, autogeneranti e proliferanti, sia pure nella loro fissità di oggetti immobili".
Per ricordare l'artista a trent'anni dalla sua scomparsa l'Accademia Nazionale di San Luca ha proposto la mostra Alighiero e Boetti. Raddoppiare dimezzando (a cura di Marco Tiirelli, 29 ottobre 2024 - 15 febbraio 2025), attraverso un itinerario costruito su alcuni lavori emblematici dell'avventura artistica di Boetti come Gemelli (1968), fotomontaggio fotografico eseguito da Mario Ponsetti su indicazione dell’artista che si sdoppia in un altro, simile ma non speculare.Nessuna opera di Alighiero si esaurisce in sé stessa, nel suo corpo fisico o nella data in cui è stata realizzata, ma apre sempre a nuovo senso, ad altro da sé. Le sue opere sono proteiformi, si trasformano sotto il nostro sguardo. Inquietano e rassicurano allo stesso tempo.
Marco Tirelli
Un lavoro con cui Boetti dà anche inzio aila pratica dei lavori postali, stampando l'Immagine in cinquanta cartoline spedite agli amici.
Storia naturale della moltiplicazione (1974-1975), è un grande polittico formato da undici carte quadrettate che ben visualizza i processi mentali, matematici, combinatori, di gioco su cui si fondano le creazioni dell'artista; nell'installazione Io che prendo il sole a Torino il 19 gennaio 1969 (1992), Boetti si autorappresenta insieme a una farfalla, allusione all’Io che supera il limite corporeo, mentre nell'Autoritratto (1993), scultura in bronzo a grandezza naturale, l'artista mette in scena il processo di trasmutazione della materia in spirito, pensiero, immaginazione.

Alighiero Boetti: Autoritratto, 1993, Bronzo, sistema idraulico e dispositivo elettrico, Courtesy Fondazione Alighiero e Boetti, Roma
Opera iconica della produzione di Boetti è l'Opera postale (De bouche à oreille), di dimensioni colossali, creata nel 1992-93 (contemporaneamente a cinquanta kilim ricamati in Afghanistan) per una mostra allestita a Le Magasin – Centre National d’Art Contemporain di Grenoble. Esposta raramente l’opera è un unicum che raccoglie, in una sorta di cosmografia, la summa di tutto il lavoro precedente dell’artista e “rimette al mondo” i passaggi più alti della sua ricerca.
Realizzata con la collaborazione delle Poste francesi e del Musée de la Poste, la composizione si articola in undici serie, ognuna delle quali formata da due elementi: le buste e i disegni (506 buste affrancate e timbrate e 506 disegni a tecnica mista). Tutti i lavori postali di Boetti sono complessi meccanismi costruiti sull’aleatoria avventura del viaggio, sulla permutazione matematica dei francobolli e la segreta bellezza dei fogli contenuti nelle buste.

Alighiero Boetti, Opera postale (De bouche à oreille), 1992-1993, Accademia Nazionale di San Luca, Foto Andrea Veneri
Alighiero Boetti (1940 -1994) – o Alighiero e Boetti come si firma a partire dal 1971 – nasce a Torino dove esordisce nell’ambito dell’Arte Povera nel gennaio del 1967. Nel 1972 si trasferisce a Roma, contesto più affine alla sua predilezione per il Sud del mondo. Già l’anno precedente ha scoperto l’Afghanistan e avviato il lavoro artistico che affida alle ricamatrici afghane, tra cui le Mappe, i planisferi colorati che riproporrà lungo gli anni, come registro dei mutamenti politici del mondo.
Artista concettuale, versatile e caleidoscopico, moltiplica le tipologie di opere la cui esecuzione – in certi casi – viene delegata con regole ben precise ad altri soggetti e altre mani: così i ricami di lettere, piccoli o grandi, e multicolori; o i Tutto, fitti puzzle in cui si ritrovano silhouette eterogenee tra cui sagome di oggetti e di animali, immagini tratte da riviste e carta stampate.
Un altro settore dell’opera di Boetti, di mano inconfondibilmente sua, offre nei primi anni Settanta tanti ‘esercizi’ su carta quadrettata, basati su ritmi musicali o matematici; successivamente su carta, composizioni leggere in cui scorrono schiere di animali memori della decorazione etrusca e pompeiana. Il tempo, il suo scorrere affascinante e ineluttabile, è forse il tema unificante della pluralità tipologica e iconografica di Boetti.
Alighiero Boetti ha esposto nelle mostre più emblematiche della sua generazione, da When attitudes become form (1969) a Contemporanea (1973), da Identité italienne (1981) a The italian metamorphosis 1943-1968 (1994).
E’ più volte presente alla Biennale di Venezia, con sala personale nell’edizione del 1990, un omaggio postumo nel 2001 e con un’ampia mostra alla Fondazione Cini nell'edizione del 2017.
Tra le mostre più significative degli ultimi anni è stata realizzata la grande retrospettiva Game Plan in tre prestigiose sedi (il MOMA di New York, la Tate di Londra, il Reina Sofia di Madrid). Dell’ampio corpus di opere molte sono conservate in diverse sedi museali italiane ed internazionali, tra cui il Centre Pompidou di Parigi, Stedelijk Museum, il MOCA di Los Angeles, ecc.
Foto di copertina: Specchio cieco, 1975, NewYork, Opera realizzata da Alighiero Boetti a partire da una foto scattata da Gianfranco Gorgoni
L'intervista ad Alighiero Boetti è stata tratta dalle Teche Rai (Avvenimenti / Alighiero Boetti, in onda nel 1997)
Le immagini delle opere sono state concesse, cortesemente, dalla Fondazione Alighiero e Boetti