Elliott Erwitt. Icons
Una commedia umana in ottanta scatti
Nei momenti più tristi e invernali della vita, quando una nube ti avvolge da settimane, improvvisamente la visione di qualcosa di meraviglioso può cambiare l’aspetto delle cose, il tuo stato d’animo. Il tipo di fotografia che piace a me, quella in cui viene colto l’istante, è molto simile a questo squarcio nelle nuvole. In un lampo, una foto meravigliosa sembra uscire fuori dal nulla.
Elliott Erwitt
Le idee per quanto possano essere straordinariamente affascinanti nella conversazione e nella seduzione, hanno poco a vedere con la fotografia, un racconto fulmineo, un dettaglio estrapolato dalla realtà che vale quanto o più delle parole. Era questa la visione di Elliott Erwitt, un artista capace di cogliere l’anima del Novecento e di trasformare attimi ordinari in immagini indimenticabili.
Elliott Erwitt: New York City, New York 1955
Elliott Erwitt. Icons, la mostra proposta a Roma, a Palazzo Bonaparte, curata da Biba Giacchetti, che è stata collaboratrice di Magnum e allieva del fotografo, oggi una delle massime conoscitrici del suo lavoro, è uno spaccato della storia e del costume, un percorso sintetico e completo della genialità di Erwitt, del suo sguardo sul mondo che ha saputo raccontare per quello che è: tragicomico, tenero, assurdo, irripetibile.
Circa ottanta le fotografie esposte, una selezione che raccoglie alcuni degli scatti più celebri del secondo Novecento: Jacqueline Kennedy durante il funerale del marito, Nixon che punta il dito sul petto di Nikita Krusciov, l’incontro tra Muhammad Ali e Joe Frazier, il volto scultoreo di Che Guevara, Marlene Dietrich e i molteplici ritratti di Marilyn Monroe, oltre il memorabile scatto della diva sul set con il vestito che si solleva. Illuminanti e originali esercizi di fotogiornalismo a cui si aggiungono esempi estratti
dalla variegata serie delle immagini urbane, dal filone dedicato alla tematica razziale e alcuni autoritratti, celebrazioni di un sé eccentrico, persino surreale.
Elliott Erwitt: Marilyn Monroe, 1954
Con un approccio tra il neorealismo e il minimalismo, l’uso prevalente del bianco e nero, Elliott Erwitt ha saputo lasciare una propria, peculiare visione del mondo, che combina umorismo e profondità di osservazione, ed emerge, dirompente, nelle numerose serie dedicate ai cani, raccolte in diversi libri, che nascondono riflessioni sulla gerarchia, sul punto di vista, sull’antropocentrismo stesso.
Elliott Erwitt nacque a Parigi da una famiglia di emigrati russi, nel 1928. Passò i suoi primi anni in Italia, a Milano. A 10 anni, si trasferì in Francia con la sua famiglia e da qui negli Stati Uniti, nel 1939, prima a New York e, due anni dopo, a Los Angeles. Durante i suoi studi alla Hollywood High School, Erwitt lavorò in un laboratorio di fotografia che sviluppava stampe "firmate" per i fan delle star di Hollywood. La grande opportunità gli venne offerta dall'incontro, durante le sue incursioni newyorchesi a caccia di
lavoro, con personalità come Edward Steichen, Robert Capa e Roy Stryker, che amavano le sue fotografie al punto da diventare i suoi mentori. Nel 1949 tornò in Europa, viaggiando e immortalando realtà e volti in Italia e Francia. Questi anni segnarono l'inizio della sua carriera di fotografo professionista. Chiamato dall'esercito americano nel 1951, continuò a lavorare per varie pubblicazioni e, contemporaneamente, anche per l'esercito stesso, mentre soggiornava in New Jersey, Germania e Francia. Nel 1953, congedato dall'esercito, Elliott Erwitt venne invitato da Robert Capa, socio fondatore, a unirsi all'agenzia Magnum Photos in qualità di membro fino a diventarne presidente nel 1968 per tre mandati. Il fotografo si è spento nella sua casa di New York a 95 anni, il 29 novembre 2023.
Foto di copertina: Elliott Erwitt, Dog jumping, Paris 1989
Elliott Erwitt. Icons
Roma, Palazzo Bonaparte 28 giugno - 21 settembre 2025