Luce interiore. L'oro e la pietra in Edgardo Mannucci
In mostra a Fabriano un pioniere dell'arte informale
Luce Interiore. L’oro e la pietra in Edgardo Mannucci, presso la Pinacoteca Civica di Fabriano è un omaggio allo scultore marchigiano protagonista dell’arte informale italiana ed europea.
L’esposizione, a cura di Lorenzo Fiorucci e Giuliana Poli, mette in dialogo le opere di Mannucci con le collezioni storiche del museo e ripercorre le tappe fondamentali della carriera dell’artista, partendo da alcune opere figurative del primo dopoguerra, come i ritratti della moglie Altea (1946) e della figlia Cristina (1945), per arrivare all’evoluzione verso l’arte informale, segnata profondamente dalla tragedia della Seconda guerra mondiale e dell’ordigno atomico. Un trauma che ha trasformato il pensiero e la pratica artistica di Mannucci, spingendolo verso una ricerca in cui la materia diventa forma di resistenza e sublimazione.
Dopo il 1946, le sue sculture iniziano a emergere da una lavorazione intensa e simbolica di metalli come ferro, ottone e alluminio, materiali poveri o di scarto che l’artista arricchisce con pietre e vetro di Murano, generando nuove forme cariche di energia luminosa.
Luce Interiore non è solo un omaggio a un grande scultore, e un riconoscmento del valore storico e umano del suo percorso, ma anche una riflessione sull’arte come possibilità di rinascita e trasformazione.
«Con questa esposizione la città di Fabriano rinnova il proprio legame con l’arte e la memoria, aprendo uno spazio di dialogo tra passato e presente. Le opere di Mannucci, intrise di luce e materia, ci ricordano come la bellezza possa essere forza di rinascita e strumento di riflessione collettiva. È un’occasione preziosa per avvicinare i cittadini e i visitatori alla profondità di un artista marchigiano che ha saputo interpretare le contraddizioni del suo tempo e trasformarle in visioni universali.» – dichiara l’assessore alla Bellezza, Maura Nataloni.

Edgardo Mannucci (Fabriano 10 giugno 1904 - Arcevia 21 novembre 1986) fin da giovane lavora nella bottega del padre, per poi frequentare la Scuola d’Arte di Matelica. Si trasferisce a Roma, dove conosce Balla, Prampolini, Marinetti, Castellino. A Roma incontra un altro artista fabrianese, Quirino Ruggeri, diventa suo allievo e sposa sua figlia. Ruggeri costituisce un punto di riferimento importante per Mannucci, soprattutto per l’interesse che ha verso il primitivismo plastico. Nel 1940 è mandato al fronte, viene ferito, fatto prigioniero a Creta e, nel 1944, torna in Italia. Si è esaurito oramai l’interesse per la forma naturalistica, in quanto Mannucci è suggestionato dalle ricerche spaziali e geometriche degli altri artisti. Profondamente colpito dalla tragedia di Hiroshima, non considera più la figura come un mezzo di espressione adeguato a rappresentare la realtà e venuto a conoscenza della nuova forma di energia generata dalla scissione dell’atomo, giunge a realizzare forme mai viste, attraverso la tecnica della saldatura diretta, dove la materia incandescente sembra creare energia vitale. Sperimenta l'uso di materiali quali il ferro, l'ottone, il bronzo e il vetro, in sintonia con le ricerche polimateriche dell'ambiente romano e di Alberto Burri. Negli anni Cinquanta partecipa alla formazione del "Gruppo Origine" con Colla, Capogrossi e Burri. E' considerato dalla critica come uno dei protagonisti dell’arte plastica informale europea.
Luce Interiore. L’oro e la pietra in Edgardo Mannucci
Fabriano, Pinacoteca Civica Bruno Molajoli, 11 settembre - 8 novembre 2025
L’esposizione, a cura di Lorenzo Fiorucci e Giuliana Poli, mette in dialogo le opere di Mannucci con le collezioni storiche del museo e ripercorre le tappe fondamentali della carriera dell’artista, partendo da alcune opere figurative del primo dopoguerra, come i ritratti della moglie Altea (1946) e della figlia Cristina (1945), per arrivare all’evoluzione verso l’arte informale, segnata profondamente dalla tragedia della Seconda guerra mondiale e dell’ordigno atomico. Un trauma che ha trasformato il pensiero e la pratica artistica di Mannucci, spingendolo verso una ricerca in cui la materia diventa forma di resistenza e sublimazione.
Dopo il 1946, le sue sculture iniziano a emergere da una lavorazione intensa e simbolica di metalli come ferro, ottone e alluminio, materiali poveri o di scarto che l’artista arricchisce con pietre e vetro di Murano, generando nuove forme cariche di energia luminosa.
Una sezione della mostra è dedicata ai gioielli d’artista realizzati da Mannucci dal dopoguerra fino agli ultimi anni di vita, piccole sculture da indossare in cui si condensa tutta la forza poetica della sua visione: l’incontro fra bellezza, materia e spiritualità.È una luce interiore, quella che Mannucci cerca e dona: un’energia che si oppone al buio della distruzione e propone una nuova visione dell’umanità, abitata dall’arte e non dalla guerra.
Luce Interiore non è solo un omaggio a un grande scultore, e un riconoscmento del valore storico e umano del suo percorso, ma anche una riflessione sull’arte come possibilità di rinascita e trasformazione.
«Con questa esposizione la città di Fabriano rinnova il proprio legame con l’arte e la memoria, aprendo uno spazio di dialogo tra passato e presente. Le opere di Mannucci, intrise di luce e materia, ci ricordano come la bellezza possa essere forza di rinascita e strumento di riflessione collettiva. È un’occasione preziosa per avvicinare i cittadini e i visitatori alla profondità di un artista marchigiano che ha saputo interpretare le contraddizioni del suo tempo e trasformarle in visioni universali.» – dichiara l’assessore alla Bellezza, Maura Nataloni.

Edgardo Mannucci (Fabriano 10 giugno 1904 - Arcevia 21 novembre 1986) fin da giovane lavora nella bottega del padre, per poi frequentare la Scuola d’Arte di Matelica. Si trasferisce a Roma, dove conosce Balla, Prampolini, Marinetti, Castellino. A Roma incontra un altro artista fabrianese, Quirino Ruggeri, diventa suo allievo e sposa sua figlia. Ruggeri costituisce un punto di riferimento importante per Mannucci, soprattutto per l’interesse che ha verso il primitivismo plastico. Nel 1940 è mandato al fronte, viene ferito, fatto prigioniero a Creta e, nel 1944, torna in Italia. Si è esaurito oramai l’interesse per la forma naturalistica, in quanto Mannucci è suggestionato dalle ricerche spaziali e geometriche degli altri artisti. Profondamente colpito dalla tragedia di Hiroshima, non considera più la figura come un mezzo di espressione adeguato a rappresentare la realtà e venuto a conoscenza della nuova forma di energia generata dalla scissione dell’atomo, giunge a realizzare forme mai viste, attraverso la tecnica della saldatura diretta, dove la materia incandescente sembra creare energia vitale. Sperimenta l'uso di materiali quali il ferro, l'ottone, il bronzo e il vetro, in sintonia con le ricerche polimateriche dell'ambiente romano e di Alberto Burri. Negli anni Cinquanta partecipa alla formazione del "Gruppo Origine" con Colla, Capogrossi e Burri. E' considerato dalla critica come uno dei protagonisti dell’arte plastica informale europea.
Luce Interiore. L’oro e la pietra in Edgardo Mannucci
Fabriano, Pinacoteca Civica Bruno Molajoli, 11 settembre - 8 novembre 2025