Segantini e François Millet

Un focus di Niccolò D'Agati

In questo filmato Niccolò D’Agati, curatore della mostra su Giovanni Segantini (Arco 1858 - Monte Schafberg 1899), allestita al Museo Civico di Bassano del Grappa (Giovanni Segantini. Da Arco alle vette più alte), racconta il rapporto del pittore con l’opera di Jean-François Millet (1814-1875). 

Il confronto con il maestro del realismo francese, già richiamato dalla critica del suo tempo, persiste nel Novecento diventando frequente nella letteratura artistica e consolidandosi come un autentico topos interpretativo dell’opera segantiniana  

Segantini e Millet furono accostati la prima volta in occasione dell’Esposizione Universale di Amsterdam del 1883; successivamente, l’accostamento si era ampiamente diffuso in Francia, Italia, Germania, Svizzera e Inghilterra, quando negli ambienti Secessionisti e Simbolisti di fine Ottocento si parlava di un “Millet delle Alpi” riferendosi proprio all’artista di Arco. 
D’Agati, stimato studioso dell’arte italiana di fine Ottocento e inizio Novecento, (anche curatore scientifico della Galleria G. Segantini di Arco), puntualizza che questa fase di Segantini coincise con il suo trasferimento da Milano alla Brianza (1881-1886), quando l’artista lasciava il rumore cittadino per ritrovare i paesaggi originari della campagna, assieme ai poveri contadini che la abitavano. La ricerca stilistica dell’artista, finora maestro di cromatismi ricercati, evolve verso una pittura fatta di luci e ombre, dove il colore si accorda in toni bassi che esaltano la dimensione psicologica di scene familiari e suggestive, come “Bacio alla croce” (1881-1882), “Effetto di luna” (1882), “La raccolta dei bozzoli” (1882-1883),  “Ritorno dal pascolo” (1882-1884) e altre presenti in mostra (Segantini, una biografia per immagini).

L’accostamento di Segantini ad un astro della pittura francese come Millet serviva ad accrescere l’importanza del giovane di Arco in un’epoca in cui, dopo la morte del francese, era iniziata a prosperare la sua fama

Da allora, lo Stato francese acquistava le sue opere, mentre in diverse occasioni nascevano retrospettive (1878, 1887, 1889) che consacravano a icona l'artista e soggetti come “L’Angelus” (1858-1859), sul quale lo stesso Salvador Dalí scriverà un testo (Il mito tragico dell'Angelus di Millet, 1932-1935), poi elaborato in immagini. 
Ma alla fortuna critica di Millet, contribuiva anche una biografia illustrata (Alfred Sensier, 1881) e soprattutto, un’ampia diffusione delle sue opere tramite incisioni e fotografie, quest’ultime, già realizzate dalla fine degli anni Sessanta dell’Ottocento dal francese Gaston Braun (1845-1928). 
D’Agati sottolinea che la conoscenza di Millet da parte di Segantini avvenne, quasi esclusivamente, grazie a questi album fotografici bianco e nero che, alla fine del 1880, il pittore, mercante e suo sodale mecenate, Vittore Grubicy (1851–1920), consegnava a Segantini dando il via al “periodo milletiano” (1881-1884).

Segantini, infatti, non poté mai recarsi in Francia perché, privo di passaporto, a causa di un disguido burocratico visse da apolide

Inoltre, l’artista non conosceva la lingua francese, ma forse qualche lettura ad alta voce sull’artista gli arrivò da parte di persone del suo entourage. 
Con Millet, Grubicy faceva conoscere al giovane anche la pittura naturalista europea della “Scuola dell’Aia”, allora in voga, della quale in mostra spicca l’acquaforte di un “Seminatore” (1883), ripreso da Millet, di Matthijs Maris (1839–1917) e la tela “Cullato fino al sonno” (1871), un piccolo olio dedicato a una scena di affetti familiari di David Adolf Constant Artz (1837–1890).
Ma il confronto tra Segantini e Millet nella mostra di Bassano è stato evidenziato con l’efficace accostamento di due tele: la “Pastorella con il suo gregge” (1863), un’altra opera iconica del francese e “Dopo il temporale” (1884) del nostro artista. 

Il confronto tra i due artisti, sollevato dalla critica per comunanza di temi, andava ben oltre ...

Infatti, il Naturalismo e il Verismo di Millet non si traduce in una semplice rappresentazione fotografica della realtà, sottolinea D’Agati:

Anzi, la realtà viene reinterpretata alla luce di quella che è la volontà di lasciare emergere un contenuto emozionale, psicologico, legato a quello che per Millet era l’essenza del paesaggio naturale”
Niccolò D’Agati

Millet riusciva a raggiungere questi esiti grazie alla forte sinteticità del suo disegno compositivo e al respiro monumentale delle sue figure. Per Segantini, questa influenza si manifesta soprattutto sul piano visivo, dato che l’artista aveva studiato le opere millettiane dalle riproduzioni fotografiche in bianco e nero di Braun.

Dalla fotografia deriva la lezione su taglio compositivo, ossia l’inquadratura e le proporzioni delle figure che Segantini compone facendo emergere il contenuto emozionale dell’immagine

Questa conoscenza “indiretta” dell’opera originale, tuttavia, non cancellava del tutto la dimensione cromatica delle riproduzioni di Millet: grazie la loro alta qualità, Segantini riusciva a tradurre con precisione i valori tonali e la raffinatezza del tratto del maestro, anche nell’uso dei pastelli e delle matite Conté che il pittore di Arco si fece recapitare appositamente da Parigi. In opere a pastello quali “Bacio alla croce” (1884-1886), è evidente come Segantini metteva a punto una tecnica moderna fatta di fitte campiture a tratteggio, interrotte dall’uso del bianco per la resa della luce. 

“Dopo il temporale”, esposto al Salon di Parigi nel 1884, fu molto apprezzato dalla critica francese proprio per i suoi legami con la cultura milettiana

Da Millet, infatti, deriva la composizione semplificata e concisa, l’attenzione per la monumentalità della figura, qui reinterpreta in chiave umanista, secondo un modello di panteismo cosmico che piacque molto nei circoli Secessionisti di Berlino, Vienna e Monaco, presso autori vicini al Simbolismo
Da questo punto di vista, “Dopo il temporale”, chiude la fase briantea di Segantini e apre a quella successiva che vedrà un radicale schiarimento della tavolozza nella resa di una nuova luce naturale.
Mentre fino ad ora Segantini lavorava di sera, alla luce di candele, ora torna all’en plein air anche grazie alla vicinanza con Grubicy che, in questi anni, lo introduce alle nuove teorie scientifiche sulla scomposizione della luce, studi che il collezionista aveva potuto conoscere negli ambienti artistici europei (Segantini e Ritorno dal bosco). 

INFO MOSTRA 
Giovanni Segantini 
Museo Civico di Bassano del Grappa, Piazza Garibaldi 34 (VI)
25 ottobre 2025 – 22 febbraio 2026
Aperta tutti i giorni 10:00-19:00. Chiusa i martedì 


FOTO DI COPERTINA
Giovanni Segantini, Dopo il temporale, 1884, olio e tempera su tela, 180x123cm., Collezione privata
Jean-François Millet, Pastorella con il suo gregge, 1863, olio su tela, 81x101cm., Musée d’Orsay, Parigi