HOT SPOT. Caring for a burning world

HOT SPOT. Caring for a burning world

Alla Galleria Nazionale 26 artisti riflettono sul mondo rovente

25 Ott 2022 > 26 Feb 2023
HOT SPOT. Caring for a burning world

Fino al 26 febbraio 2023 la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea presenta la mostra collettiva Hot Spot. Caring for a burning world a cura di Gerardo Mosquera.

Hot Spot prende il titolo dall’omonima opera di Mona Hatoum (“Hot Spot III”, 2009) inclusa in mostra: una grande installazione in ferro e neon che raffigura il pianeta Terra acceso da una luce rossa che simboleggia i conflitti che lo rendono rovente. L’opera racconta di come il modo dirompente con cui è stata organizzata la società umana sembri condurre alla catastrofe ambientale.

Il fallimento del progetto moderno e della possibilità stessa di uno sviluppo armonioso dell’umanità nel suo ambiente è oggigiorno molto più che evidente e si colloca con forza al centro del dibattito contemporaneo.


Il percorso espositivo riunisce le molteplici reazioni a queste condizioni da parte di 26 artisti provenienti da tutto il mondo e appartenenti a generazioni differenti. Le opere selezionate approfondiscono la complessità della situazione attuale proponendo più che una visione di denuncia un attivismo estetico che intende stimolare la riflessione e sensibilizzare al disastro, per immaginare un diverso rapporto con il pianeta.

Spiega il curatore, Gerardo Mosquera: "E' naturale che l’arte affronti temi così scottanti: molti artisti nel corso della propria carriera lo hanno fatto in modo militante, reattivo e pertinente, ma questa mostra, invece, contribuisce alla critica ecologico-sociale attraverso un percorso più indiretto, ma non meno urgente e puntuale. Il percorso espositivo non considera la questione come qualcosa di specifico, ma la apre e la amplifica esplorando altri aspetti, a volte ambigui e contraddittori, o armoniosi, suggerendo la possibilità di una rinascita dell’ambiente naturale, poiché la vita sulla Terra ha un’enorme capacità di resilienza."


Se le opere di Mona Hatoum e Pier Paolo Calzolari raccontano gli effetti estremi che il clima può raggiungere attraverso il contrasto visivo e materico, la forza dirompente che possono manifestare gli elementi, come l’acqua, è riportata in Flooded di Kim Juree, dove si osserva la dissoluzione di un’architettura di argilla.

Gideon Mendel ha invece documentato con le sue fotografie la devastazione lasciata dallo scatenarsi sempre più frequente di inondazioni in diversi punti del Pianeta. A metà strada tra documentazione e fotografia di scena, l’approccio didascalico in queste opere è rafforzato dalla componente estetica. Allo stesso modo, attraverso immagini suggestive di acque che crescono sfidando la gravità, il video di Ange Leccia suggerisce l’idea dell’innalzamento del livello del mare.

La crescita vertiginosa della popolazione umana e la sua espansione vorace e incontrollata con il conseguente sfruttamento delle risorse ambientali, portano in primo piano anche la relazione con gli altri esseri viventi che abitano la Terra e che, durante il lockdown, si sono visti riappropriarsi di spazi vitali apparendo in maniera sorprendente lungo le vie cittadine.
Queste apparizioni ricorrono nelle sculture di Davide Rivalta, i cui gorilla – animale in via di estinzione - accolgono il pubblico all’ingresso della Galleria.

La crisi della biodiversità, l’estinzione vertiginosa di specie animali e vegetali e la critica allo sviluppo violento delle aree urbanizzate sono al centro dei lavori di Daphne Wright e Ida Applebroog, ed emergono con sottile ironia nel piccolo roadrunner fermo al confine tra Stati Uniti e Messico ritratto da Alejandro Prieto.

Non mancano le contraddizioni, come nell’immagine inquietante del video di Jonathas de Andrade in cui il pescatore abbraccia e accarezza il pesce che sta facendo agonizzare.

L’aumento della popolazione sul Pianeta va di pari passo con la sovrapproduzione di beni e di conseguenza con l’aumento di sprechi e di rifiuti: è la spazzatura rappresentata con eloquente eleganza da Chris Jordan nella sua massività. I crescenti processi di urbanizzazione e tecnologizzazione del mondo hanno scarsa considerazione per l’ambiente naturale, dando vita a fenomeno inquietanti come le maree oscure ritratte da Allan Sekula.

Le piante agitate dalle macchine nelle sculture in folle movimento di Rachel Young sembrano commentare questo aspetto, così come la manipolazione genetica e il passaggio ai cyborg e alla robotizzazione. La lirica visiva di Johanna Calle agisce in modo contrario: costruisce un albero con una macchina da scrivere.


Ogni opera d’arte è polisemica e sempre aperta all’interpretazione. Hot Spot. Caring for a burning world non propugna slogan, piuttosto vuole prendersi cura del mondo anche attraverso l’arte, invitando a riflettere in modi molto diversi e soggettivi sui gravi problemi del pianeta nella loro complessità e non solo sul piano ecologico e sociale.


In copertina Cristina Lucas, To the Wild, 2012.