Non chiamatemi Maestro

Non chiamatemi Maestro

Omaggio a Mario Monicelli

Non chiamatemi Maestro
Non voleva essere chiamato maestro. Non voleva essere considerato il padre della commedia all’italiana. Non voleva e basta. Detestava le etichette.

Gli unici maestri sono quelli delle scuole elementari, quelli che ci hanno insegnato anche a tenere la matita in mano, il resto non esiste.

Non era semplice parlare con Mario Monicelli, regista, 65 film all’attivo, una carriera lunghissima. Era un uomo schietto, ruvido, senza orpelli. Odiava essere blandito. Di lui parlano i film. Molti dei quali hanno inventato la commedia all’italiana. Solo per citare i più importanti : I soliti ignoti del 1958, la storia di una banda di ladruncoli sbilenchi, incapaci, improvvisati. Ma così veri, umani, specchio di un’Italia che stava lentamente ma inesorabilmente cambiando. Il nord, il sud, i dialetti, i vestiti modesti. L’ironia, la battuta fulminante, la tipicità e l’intelligenza. Un film che faceva ridere ma restituiva una fotografia ben precisa, quella degli italiani appena un istante prima del boom economico.

Oggi ci chiamate maestri ma allora noi registi e gli sceneggiatori, ci riunivamo per lavorare a un progetto senza intenzioni. Ci divertivamo fra noi, ecco tutto

Con La grande guerra del 1959 Monicelli scrisse una delle pagine più belle del nostro cinema. Vittorio Gasmann e Alberto Sordi sono i protagonisti, il milanese e il romano, di una guerra vista con gli occhi di due uomini senza qualità, pavidi, privi di ideali. Nel corso del film i due personaggi, si riscattano di fronte all'orrore, prendendo coscienza di sé e della dignità umana. Monicelli con questo film ebbe la nomination all’Oscar per il miglior film straniero. Non vinse ma fu comunque un’incoronazione. Per Mario Monicelli la I Guerra mondiale non era uno scherzo. Era anche un fatto personale, il suo primo ricordo.

Mi ricordo mio padre quando tornò dalla I guerra mondiale nel 1919, avrò avuto 4 anni. Ricordo bene l’odore acre, sgradevole della sua giubba. Era un odore di polvere, sudore…

A Monicelli piaceva ridere e sorridere di tutto. Diceva che le cose tragiche possono essere anche comiche.

La prima opera italiana, quella che ci ha reso un popolo, è La Commedia di Dante. Nella Commedia c’è tutto, questa è la vera identità italiana, la nostra spina dorsale, il resto non esiste

Perentorio, indifferente all’adulazione e all’approvazione, Monicelli adorava il suo lavoro. Era felice di aver avuto successo perché la fama gli aveva dato la libertà, la possibilità di decidere, di scegliere. Dopo I compagni  del 1963, ricordiamo L’armata Brancaleone, del 1966. Un film divertente, geniale nell’invenzione di un linguaggio unico, originalissimo fatto di latino e “volgare”. Amici miei, del 1975 che ebbe un successo straordinario. Da un idea di Pietro Germi, che non aveva potuto portare a termine il progetto per motivi di salute, Monicelli aveva ricavato una commedia agro-dolce che ha fatto scuola. Con Risate di gioia del 1960, il regista toscano riunì sul grande schermo, due mostri sacri come Totò e Anna Magnani. Totò aveva già lavorato con lui ai tempi di Guardie e ladri  e con la Magnani aveva calcato le tavole della rivista, una fucina di talenti per il grande schermo. Nel film i due attori interpretavano due comparse di Cinecittà, due poveri diavoli persi nella vita e nella crudeltà feroce di un Capodanno romano. Altro film da ricordare è Un borghese piccolo piccolo, del 1977, con Alberto Sordi in una delle sue migliori prove. Anche quella storia, rispecchiava come sempre nei suoi film, il momento storico in cui era ambientata. Un padre cercava e trovava l’assassino del figlio. Poi la discesa agli inferi, con la coppia Alberto Sordi e Shelley Winters in stato di grazia. Questa breve carrellata si conclude con Parenti serpenti, del 1991, un altro flash velenoso dell’umanità declinata al negativo. Una bella riunione di famiglia per le feste di Natale, un colpo di scena sorprendente, che sbriciola la famiglia e la riduce in un cumulo di macerie. Malato da tempo, Monicelli ha scelto di morire a 95 anni. Non voleva dipendere da nessuno. Della morte rideva, come di tutte le cose

Ho riso di tutti, vorrei che ai miei funerali ridessero di me, senza pietà. Spero siano ironici, sarcastici, vorrei proprio un funerale divertente


Omaggio al grande regista Mario Monicelli, che, intervistato da Johnny Palomba, rievoca la sua vita e le sue opere.