Luchino Visconti, l'occhio aristocratico

Si spegne il 17 marzo 1976

Nel tracciare un itinerario attraverso i miei film, partirei inevitabilmente da Ossessione, mi fermerei un momento a La terra trema dicendo che è un film che ha avuto il torto di uscire forse con 15 anni di anticipo, passando per Senso che amo tuttora, malgrado tutto. E arriverei fino a Vaghe stelle dell’Orsa che è invece un film che io sento molto mio e che mi appartiene moltissimo

Siamo nel 1968. Luchino Visconti sta girando La caduta degli dei, la storia di una famiglia di grandi industriali tedeschi ambientata agli albori della Germania nazista, primo della cosiddetta Trilogia tedesca che completerà nel 1972 con Morte a Venezia e Ludwig.

L’intervista ripercorre, raccontate dallo stesso Visconti, le tappe più significative della sua carriera. Dalle prime regie per il cinema, all’attività legata alla messa in scena di opere liriche passando per la sua attività teatrale a cui si deve tra l'altro la scoperta, in Italia, di un filone del teatro americano cosiddetto “verista”: da Erskine Caldwell (La via del tabacco, 1945) a Tennessee Williams (Lo zoo di vetro, 1946; Un tram che si chiama desiderio, 1949) e ad Arthur Miller (Morte di un commesso viaggiatore, 1951; Uno sguardo dal ponte, 1958; Après la chute, 1965). 
Al suo nome, come regista teatrale, si associò presto la parola “leggenda”: la “leggenda Visconti”. Il gusto per il fasto, per la messa in scena mirabolante, per la ricerca del pezzo raro, culmina nel 1949 con la rappresentazione della tragedia in cinque atti Troilo e Cressida di William Shakespeare.

L’arrivo di un professionista puntiglioso, perfezionista com’ero io a quel tempo, aveva fatto nascere queste leggende. Qualche cosa di vero c’è e qualche cosa di vero non c’è. E’ vero, in effetti, che per ogni messa in scena che ho fatto, ho cercato di essere il più vicino possibile ad una perfezione che, naturalmente, non ho mai raggiunto ma alla quale ho sempre aspirato.

Tornando al grande schermo, una caratteristica dei suoi film è il connubio con la letteratura: un romanzo, un racconto o addirittura la tragedia greca.

Nelle mie opere cinematografiche confluiscono sempre esperienze culturali. Credo che anche quelle opere che sono originali – come ad esempio Rocco e i suoi fratelli, che è una storia scritta da me – anche lì confluiscono moltissime suggestioni di carattere letterario.

Accanto al Visconti regista cinematografico e teatrale, l’intervista affronta anche l’innamoramento di Visconti per l’opera lirica, in particolare per il melodramma verdiano. Qui il regista si sente di aver portato come personalissimo contributo il senso di responsabilità nella rappresentazione di capolavori assoluti, trattati, secondo il suo parere, con estrema leggerezza dai realizzatori dell’epoca. Poi, quella che è indubbiamente un'attenzione meritoria: riportare i capolavori operistici alla comprensione e dunque all’apprezzamento di un pubblico giovane.

Di Luchino Visconti guarda su Rai Play il film Rocco e i suoi fratelli (1960) e, per approfondire la vita e l'opera del regista: Luchino Visconti, Album di famiglia