Massimo e La Smorfia

A "Giochiamo al Varieté" in onore di Napoli

Troisi, Arena e Decaro, ovvero I Saraceni, nascono artisticamente sulle tavole di un teatrino di fortuna, allestito in un garage al numero 31 di via San Giorgio Vecchio a Napoli. Lello e Massimo si conoscono fin da ragazzini e insieme fanno spettacolo a scuola e, tra di loro, nella vita di ogni giorno, per ridere un po’. Non riuscivano a trovare lavoro, come succedeva a molti ragazzi napoletani, ma amavano il teatro: Eduardo De Filippo, Raffaele Viviani, Dario Fo. Quando decisero di sperimentare più seriamente, alla ricerca della formula giusta per dare vita al “cabaret partenopeo”, genere che ancora non esisteva, cominciarono a mischiare i testi di De Filippo e i monologhi di Fo con i gesti e i dialoghi portati in scena dalle avanguardie del momento. 

Quando ci riunivamo per scrivere, il posto dove si scriveva era il letto di Massimo, perché lui non si alzava mai e infatti sul letto stazionavano fogli, macchine per scrivere... insomma tutto l'occorrente. Tutto era stanziale, nel senso che stavamo tutti nella camera da letto di Massimo, qualche appunto, cartacce dappertutto e lunghi silenzi, potevamo stare zitti anche per tre ore
Lello Arena

Gli spunti per costruire sketch e numeri canori arrivava dalla vita di tutti i giorni, dall’attualità, perfino da sogni fatti.

Ognuno pensava per conto suo e non voleva dire per primo quello che aveva pensato, aspettava che fosse un altro a parlare. Poi si lavorava, si confrontava, si sceglieva il meglio prima di arrivare a un canovaccio da provare in scena. Solo dopo l'esito con il pubblico si arrivava allo sketch definitivo. E gli spunti potevano venire da qualunque cosa. Una volta a Natale, proprio alla Rai, vidi un presepe con due buoi. Chiesi al custode e lui senza turbarsi mi disse: 'Questo abbiamo trovato'. Da lì venne lo sketch della Natività. Un'altra volta Lello arrivò tutto agitato, aveva sognato che dal Vesuvio non usciva più lava, ma purea di patate, una splendida soluzione al problema della fame. Enzo Decaro

Il nome La Smorfia nasce quando, nel 1978, il trio debutta a Roma, al cabaret La Chanson

Perché ci chiamiamo la Smorfia? È un riferimento, tipicamente napoletano, a un certo modo di risolvere i propri guai: giocando al Lotto, e sperando in un terno secco... la "smorfia", infatti, non è altro che l'interpretazione dei sogni e dei vari fatti quotidiani, da tradurre in numeri da giocare a lotto
Massimo Troisi

Due dirigenti Rai di allora, Bruno Voglino e Mario Pogliotti, li notano e li consegnano nelle sapienti mani di Enzo Trapani e Giancarlo Magalli che erano in cerca di nuovi talenti per il programma televisivo Non Stop dove, lo stesso anno, debuttano. Nel 1979 Pippo Baudo, nel programma Luna Park, gli affida uno spazio fisso: ogni puntata un siparietto tutto per loro. L’ultima apparizione televisiva del gruppo è nel 1980 con il programma Giochiamo al Varieté. Il bel Vesuvio blù, un omaggio ai classici del teatro napoletano firmato da Antonello Falqui e Michele Guardì (in questo video).
La Smorfia si scioglie poco dopo, nonostante il successo dello spettacolo teatrale Così è (se vi piace), citazione del Così è (se vi pare) di Luigi Pirandello.