Fellini racconta "Amarcord"

Come nasce un film "felliniano"

Per me Rimini è il solito, confuso imbroglio. Non ci torno volentieri anche per una comodità di collocazione fantastica. Ormai l'ho collocata esteticamente, immaginariamente e il riscontro realistico mi disturba. La Rimini immaginaria è diventata per me materiale di lavoro. 
Federico Fellini

L'intervista a Federico Fellini - tratta dalla puntata Fellini racconta. Un autoritratto ritrovato andata in onda nel 2001 su Rai Uno - è una registrazione del 1975 in cui il grande regista commenta il premio Oscar per la regia e la sceneggiatura ottenuto quell'anno per il film Amarcord. Non c'è stato critico in disaccordo sul fatto che Amarcord fosse "il film felliniano per eccellenza", sia per il contenuto che per la forma. Per nulla provinciale, tanto che i critici americani ci videro "il meglio di quanto è stato fatto nel cinema", Amarcord in realtà ha come soggetto principale l'umanità intera, come la vedeva Fellini nel suo personalissimo mondo onirico. Con lui, scriveva Georges Simenon, il cinema nasce dai fantasmi del subcosciente che premono per poter uscire allo scoperto. Fellini li faceva affiorare, li disegnava e poi li incarnava nei personaggi delle sue pellicole, tutti, dai protagonisti fino all'ultima delle comparse. 

Fellini si sofferma anche a parlare del significato e del valore che lui attribuisce al cinema ed in particolare al lavoro di regista.

Quando uno parla delle cose che conosce, di se stesso, della propria famiglia, del proprio paese, della neve, della pioggia, della prepotenza, della stupidità, dell'ignoranza, della speranza, della fantasia, dei condizionamenti politici o religiosi, quando uno parla delle cose della vita, in maniera sincera, senza pretendere di voler ammonire nessuno e senza sbandierare pesantemente filosofie o mandare messaggi, usa un linguaggio che tutti possono capire, che tutti possono fare proprio
Federico Fellini