Jean-Luc Godard: il cinema come arte assoluta
Addio al regista francese
Godard nasce Parigi il 3 dicembre 1930 e riesce ad allontanarsi dagli orrori della guerra rifugiandosi in Svizzera, terra d'origine della famiglia. Nella capitale torna nel 1948, frequenta il liceo e successivamente la Sorbonne. Negli anni dell'università diventa habitué dei cine club del Quartiere Latino dove conosce François Truffaut, Jacques Rivette e Erich Rohmer. Nel 1950, insieme a Rivette e Rohmer, fonda la Gazette du cinéma, dove scrive recensioni con lo pseudonimo 'Hans Lucas'. Nel 1952, inizia a collaborare come critico e saggista con i Cahiers du cinéma e realizza i primi cortometraggi. L'uscita nei cinema del film A' bout de souffle (Fino all'ultimo respiro), nel 1960, cambierà alla radice le regole della cinematografia, influenzando profondamente la nuova generazione di cineasti europei e inaugurando la stagione della Nouvelle Vague.
La macchina da presa di Godard sembra tallonare i personaggi, le riprese trasmettono spontaneità e immediatezza e lo spettatore sembra assistere a un reportage, come se il mondo venisse ripreso e registrato in modo autentico, senza alcun filtro o artificio di costruzione del profilmico
Da "Cinemacritico.it
Dall'esordio fulminante di Godard nella cinematografia, alla sua ultima opera, Le livre d'image (2018), di cui vi proponiamo la visione, sono molti i film del regista francese che lo confermano un autore originale e dissacrante, poco compreso dal pubblico, oggetto di discussione da parte della critica e spesso censurato. Ad esempio, il film Le petit soldat, realizzato a tempo di record sempre nel 1960, e definito esplicitamente da Godard "un film politico" sulla guerra d'Algeria, venne accusato di qualunquismo e censurato dalla Commissione di controllo. Il deputato di estrema destra Jean-Marie Le Pen propose in parlamento l'espulsione dalla Francia dell'autore.
Un fotogramma del film "Le livre d'image", 2018Nonostante gli attacchi e le incomprensioni, Godard continua la sua personale ricerca di nuovi spunti narrativi, mettendo ossessivamente al centro della riflessione la funzione stessa del mezzo cinema. Cinema che, a partire da La gaia scianza (1968) per finire con Crepa padrone, tutto va bene (1972), diventa "militante", possibile strumento - o meglio "arma" - rivoluzionaria. E' esplicita e violenta la critica alle istituzioni borghesi, è amara la constatazione del fallimento della classe intellettuale dopo la delusione del Sessantotto. Il primo grande successo di pubblico arriva nel 1983 con Prènome Carmen che fa vincere a Godard il Leone d'oro per il Miglior film alla Mostra del Cinema di Venezia. L'idillio dura poco tanto che con il successivo Je vous salue, Marie (1984) piovono addirittura accuse di blasfemia.
Con Le livre d'image, nel 2018, Godard torna ancora una volta sul potere dell'immagine, nel tentativo di sondarne i significati più profondi. Ma non solo. Il regista francese si spinge oltre, arriva ad indagare l'Immaginario collettivo in frammenti di frasi, disegni, dipinti, fotografie, che si ripetono nel film in maniera ossessiva, identici a se stessi eppure sempre diversi. Le immagini in movimento non sono solo quelle cinematografiche (da Hitchcock a Pasolini, da Rossellini al genere western), sono anche i video degli smartphone, di You tube. Alle immagini si mescolano la musica, i gesti, i suoni, le parole, inframezzati da stacchi al nero improvvisi, che lasciano le frasi incompiute, sospese. Il tutto per raccontare il caos in cui è immerso l'Occidente contemporaneo mentre all'orizzonte si intravedono le prime luci di un'alba (una rinascita) possibile: l'Oriente.
Un fotogramma del film "Le livre d'image", 2018