Incontri con il Cinema Buddhista

Bologna, IV edizione

04 Dic 2025 > 12 Dic 2025
Dopo le tappe di Roma e Perugia, la IV edizione di Incontri con il Cinema Buddhista conclude il suo percorso a Bologna, dove sarà ospitata dal 4 al 12 dicembre presso il Cinema Modernissimo. La rassegna, che apre al cinema una riflessione sulla spiritualità orientale, è promossa da Fondazione Maitreya, Asiatica Film Festival e JCI, da un'idea di Maria Angela Falà con la direzione artistica da Italo Spinelli. Tutte le proiezioni si svolgeranno in lingua originale con sottotitoli in italiano.

Attraverso una selezione di film provenienti da tutto il mondo – Bhutan, Tibet, Nepal, Cina, Corea, Giappone, India, Stati Uniti, Svizzera, Polonia – il progetto si propone come uno spazio dove il pensiero buddhista diventa la chiave per osservare le contraddizioni della realtà contemporanea: crisi ambientale, solitudini urbane, esilio, identità, desiderio di felicità. Anche in questa edizione, la qualità cinematografica è stata il primo criterio di selezione: ogni film è un’esperienza visiva che unisce rigore formale, forza narrativa e profondità spirituale. Le storie raccontate intrecciano vite ordinarie e percorsi straordinari, spiritualità vissute nella quotidianità, frammenti di mondo che invitano a uno sguardo più lento, più ampio, più umano.

Gli appuntamenti bolognesi partono da giovedì 4 dicembre con Agent of Happiness, film girato in Bhutan da Arun Bhattarai e Dorottya Zurbó. Il protagonista, Amber, è uno dei funzionari incaricati di misurare la felicità dei cittadini secondo l’utopia concreta della "Felicità Interna Lorda". In un paese che ha fatto della felicità un indicatore politico, il film racconta una diversa idea di benessere, che mette al centro la cura dell’altro e l’equilibrio con la natura.

Venerdì 5 dicembre, il Modernissimo ospita un trittico di opere firmate dal regista britannico Colin Still. No More to Say and Nothing to Weep For è un raro ritratto di Allen Ginsberg girato poco prima della sua morte nel 1996: parole, immagini e testimonianze si intrecciano per restituire la forza di un poeta che ha fatto della spiritualità e della militanza le colonne portanti della sua opera. A seguire, il cortometraggio Father Death, girato nell’appartamento di Ginsberg pochi giorni dopo la sua scomparsa.

Sabato 6 dicembre è in programma Mola: A Tibetan Tale of Love and Loss, intenso documentario firmato da Martin e Yangzom Brauen. Al centro della narrazione, la storia di una monaca tibetana centenaria, costretta all’esilio, che si riunisce con la figlia dopo sessantacinque anni. Una vicenda che attraversa la Storia con la S maiuscola ma conserva la delicatezza di un racconto intimo, familiare, universale. Martedì 9 dicembre, Seeking di Yang Yuan accompagna lo spettatore nel viaggio personale e spirituale di una giovane tibetana a Tokyo, sulle tracce della fede del padre.

La ricerca dell’altro diventa così anche ricerca di sé stessi, in un tempo e in uno spazio che mettono continuamente alla prova la propria identità

Giovedì 11 dicembre si proietterà The Cracked Goddess, un’opera visiva di Colin Still sulle sculture buddhiste di Amy Evans McClure, accompagnata dal testo poetico di Michael McClure e dalle musiche di Terry Riley. Seguirà Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera, capolavoro del 2003 di Kim Ki-Duk, presentato a cinque anni dalla scomparsa del regista. Il film è una profonda meditazione sull’impermanenza e sul ciclo della vita, ambientata in un eremo galleggiante immerso nella natura. Il passare delle stagioni diventa metafora del tempo interiore, e la crescita del protagonista – un giovane monaco – riflette l’eterno movimento tra nascita, colpa, solitudine e redenzione.


Una scena del film di  Kim Ki-Duk "Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera" (2003)

Chiudono la rassegna, venerdì 12 dicembre, due film fortemente legati al paesaggio e al linguaggio: My Lens, My Land, diretto da Ke Chen, regista tibetano, è una lettera d’amore alla sua terra e ai nomadi che la attraversano, un diario personale che intreccia immagini struggenti delle praterie dell’Amdo con il dialogo affettuoso con la figlia. A seguire, Dancing with the Dead: Red Pine and the Art of Translation, un ritratto diretto da Ward Serrill, dell’enigmatico poeta e traduttore Bill Porter, alias Red Pine, figura centrale nella riscoperta della poesia cinese come via spirituale.

Un racconto sul silenzio, sulla parola e sulla scelta di vivere ai margini per ritrovare l’essenziale.

PROGRAMMA

Sito di Incontri con il Cinema Buddhista