David Lynch: 75 anni, con stile
Premio Oscar alla carriera nel 2019
L’oscurità dell’essere umano, del suo aspetto, del suo intimo. I simboli, l’assurdo, l’assoluta libertà di espressione del bene e del male, sono sempre state le caratteristiche del cinema di David Lynch che, il 20 gennaio 2021 compie 75 anni, con stile.
Considerato un regista di culto. Un uomo colto ed eclettico. Alla sua attività di regista poco prolifico, creatore di una manciata di capolavori, il regista americano ha sempre affiancato quella di artista e pittore.
Nel 2019 gli è stato assegnato il premio Oscar alla carriera. Un premio che aveva sfiorato tre volte con le nomination come miglior regista per i film The Elephant man, Velluto blu e Mulholland drive.
Tutto è cominciato con Eraserhead, La mente che cancella del 1977, la sua opera prima. Un film poco noto ma adorato da una nicchia di cinefili e da Stanley Kubrick, suo grande estimatore.
Nel 1980 esce un altro capolavoro, The Elephant man, girato anche questo in bianco e nero. La storia, (il riadattamento da due libri), di un uomo costretto in un corpo deforme. Joseph Merrick viene usato come un fenomeno da baraccone, perché affetto da una malattia congenita che dà al suo aspetto quello di un elefante. Chiunque veda questa creatura per la prima volta si ritrae inorridito. Ma facendo la conoscenza con Joseph Merrick, offeso da una malattia terribile e dolorosa, il regista ribalta la tesi. Il suo aspetto è orribile, è vero, ma il suo intimo è squisito.
Velluto blu del 1986 inaugura la serie di film che indagano nella provincia americana, nel torbido, nell’orrido. Nel 1990 esce Cuore selvaggio. Dopo il successo strepitoso ottenuto dalla sua serie televisiva, I segreti di Twin Peaks, andata in onda dal 1990 al 1991, girò la versione cinematografica: Fuoco cammina con me, del 1992. Non fu un successo, né per gli amanti della serie né per i neofiti che non riuscivano a capire niente della trama.
Dopo Strade perdute del 1997 e Una storia vera, del 1999 girò Mulholland Drive nel 2001. Nato come episodio pilota di una serie televisiva e diventato film in corso d’opera, ha lasciato più di un dubbio tra i suoi spettatori. Nel film torna il tema dell’assurdo, della libertà di espressione e del confine labile tra bene e male. Le protagoniste sono due donne, due aspiranti attrici, una affetta da amnesia, in una Hollywood torbida e sensuale, in perfetto stile Lynch. L’ultima opera del regista americano è L’impero della mente del 2006. I confini tra verità e sogno sono sempre più labili. La verità si mescola alla fantasia e ritorno. David Lynch ama raccontare storie che non abbiano nulla di scontato. Usa il cinema per dire che niente è come sembra. Lo fa alla sua maniera, incurante di ogni giudizio. Non a caso ha ambientato la maggioranza dei suoi lavori nella provincia americana. Per scardinare meglio e fino in fondo le certezze e sorprendere lo spettatore. Quel che sembra non è mai quel che è.
Considerato un regista di culto. Un uomo colto ed eclettico. Alla sua attività di regista poco prolifico, creatore di una manciata di capolavori, il regista americano ha sempre affiancato quella di artista e pittore.
Nel 2019 gli è stato assegnato il premio Oscar alla carriera. Un premio che aveva sfiorato tre volte con le nomination come miglior regista per i film The Elephant man, Velluto blu e Mulholland drive.
Tutto è cominciato con Eraserhead, La mente che cancella del 1977, la sua opera prima. Un film poco noto ma adorato da una nicchia di cinefili e da Stanley Kubrick, suo grande estimatore.
Impiegò 7 anni a finirlo ed ebbe diversi problemi con la produzione. Alla fine della lavorazione, che aveva esaurito ogni sua risorsa economica, dormì sul set per alcuni mesi. Il mercato di un film tanto sconvolgente e originale, così diverso da ogni altro e per giunta in bianco e nero, non poteva essere quello convenzionale. Finì nel circuito dei film proiettati a mezzanotte. Malgrado questi limiti nella distribuzione, col tempo divenne un film di culto e ancora oggi è considerato una delle sue opere migliori. E' la storia di un uomo perseguitato dai suoi incubi e dal figlio deforme e urlante. I richiami alla pittura, la sua ma anche quella di Francis Bacon (altra cosa in comune con Stanley Kubrick, che adorava il pittore inglese) sono evidenti nell’estetica di questo film visionario.Eraserhead è un sogno di cose oscure e inquietanti
David Lynch
Nel 1980 esce un altro capolavoro, The Elephant man, girato anche questo in bianco e nero. La storia, (il riadattamento da due libri), di un uomo costretto in un corpo deforme. Joseph Merrick viene usato come un fenomeno da baraccone, perché affetto da una malattia congenita che dà al suo aspetto quello di un elefante. Chiunque veda questa creatura per la prima volta si ritrae inorridito. Ma facendo la conoscenza con Joseph Merrick, offeso da una malattia terribile e dolorosa, il regista ribalta la tesi. Il suo aspetto è orribile, è vero, ma il suo intimo è squisito.
Lynch vuole che ci si abitui al suo aspetto, tanto è gentile e di animo sensibile e poi lo si ami per quello che è. Dopo una vita di abusi, percosse e violenze, the elephant man, Joseph Merrick, è il più umano tra gli uomini. E trova un pò di pace grazie ad un' amicizia "speciale".La gente ha paura di ciò che non riesce a capire
Joseph Merrick
Nel 1984 esce Dune altro film di culto per gli amanti della fantascienza. Tratto dall’omonimo romanzo di Frank Herbert. La trasposizione cinematografica dell’opera fu molto complicata: diversi i pianeti dove aveva luogo la narrazione, numerosi gli effetti speciali richiesti dalla storia, ambientata nel 10191. Un film senza mezze misure, come tutte le opere di Lynch, amato o odiato.No! Io... non sono un elefante! Io non sono un animale, sono un essere umano!
Joseph Merrick
Velluto blu del 1986 inaugura la serie di film che indagano nella provincia americana, nel torbido, nell’orrido. Nel 1990 esce Cuore selvaggio. Dopo il successo strepitoso ottenuto dalla sua serie televisiva, I segreti di Twin Peaks, andata in onda dal 1990 al 1991, girò la versione cinematografica: Fuoco cammina con me, del 1992. Non fu un successo, né per gli amanti della serie né per i neofiti che non riuscivano a capire niente della trama.
Dopo Strade perdute del 1997 e Una storia vera, del 1999 girò Mulholland Drive nel 2001. Nato come episodio pilota di una serie televisiva e diventato film in corso d’opera, ha lasciato più di un dubbio tra i suoi spettatori. Nel film torna il tema dell’assurdo, della libertà di espressione e del confine labile tra bene e male. Le protagoniste sono due donne, due aspiranti attrici, una affetta da amnesia, in una Hollywood torbida e sensuale, in perfetto stile Lynch. L’ultima opera del regista americano è L’impero della mente del 2006. I confini tra verità e sogno sono sempre più labili. La verità si mescola alla fantasia e ritorno. David Lynch ama raccontare storie che non abbiano nulla di scontato. Usa il cinema per dire che niente è come sembra. Lo fa alla sua maniera, incurante di ogni giudizio. Non a caso ha ambientato la maggioranza dei suoi lavori nella provincia americana. Per scardinare meglio e fino in fondo le certezze e sorprendere lo spettatore. Quel che sembra non è mai quel che è.