Emidio Spinelli: la verità nella filosofia antica
La distinzione tra scienza e opinione
Emidio Spinelli, docente di Storia della Filosofia antica presso La Sapienza di Roma, ci accompagna in un percorso attraverso l'evoluzione del concetto di verità nella filosofia antica.
Parmenide è il primo a fare una netta distinzione tra verità e opinione: negli ultimi versi del Proemio, la divinità dichiara di averlo chiamato per fargli conoscere sia la verità, sia le opinioni dei mortali. È qui, che si inaugura per il mondo occidentale la differenza tra la scienza - la conoscenza salda - da una parte, e l'opinione dall'altra. La conoscenza vera, nel caso di Parmenide, ha a che fare con l'arcaica indistinzione tra l'ontologia, la logica e il linguaggio. Nel mondo arcaico, ciò che è, ciò che è dicibile e ciò che è pensabile non possono essere scollegati tra loro. Non è quindi possibile, in quest’epoca, pensare a una separazione tra una verità di carattere logico, una di carattere ontologico e un'altra di carattere epistemologico o linguistico. Questo fino a quando i sofisti non irrompono sulla scena: Gorgia con il suo Trattato sul non essere e Protagora con La verità mettono in discussione questa impostazione.
Con Platone si manifesta la reazione più forte alla sfida dei sofisti, che avevano indebolito l'idea di verità come valore assoluto.
L'idea di Platone è quella di formare una vera episteme: una conoscenza salda che abbia la verità come punto di riferimento
Emidio Spinelli
Nel passo della Reminiscenza del Menone, l'uomo produce proposizioni vere, che, per potere essere tali, hanno bisogno di riconoscere ciò che era già stato conosciuto in un mondo prenatale. Quindi, la garanzia delle proposizioni è l'idea. Per la prima volta, Platone chiarisce che se esistono una verità e una scienza vera, ciò che le garantisce è l'oggetto della conoscenza e non il metodo attraverso il quale noi conosciamo quell'oggetto.
Con Aristotele avviene una svolta.
Aristotele è perfettamente cosciente che la ricerca della verità è un compito difficile, e che la difficoltà sta soprattutto in noi, nel soggetto, cioè, che tenta di conoscere la verità.
Emidio Spinelli
Il vero e il falso, per Aristotele, non sono nelle cose, ma nel pensiero, in ciò che affermiamo e neghiamo nel discorso, fondandoci sul nostro pensiero. La verità diventa funzione della lingua e del pensiero.
In epoca ellenistica, le scuole filosofiche dello stoicismo e dell'epicureismo esprimono un cambiamento di prospettiva. Il problema non è più cosa conoscere, ma in che modo possiamo conoscere in maniera legittima e vera. Per gli epicurei, però, l'unico criterio di verità accettabile è la sensazione, e tutte le sensazioni, indistintamente, sono vere. Per gli stoici, invece, una rappresentazione catalettica in grado di afferrare la realtà deve, poi, ricevere anche l'assenso del soggetto conoscente.
Da Rai Teche: Alètheia. Tra verità e opinioni, 2013