Barbara Fanini. La lingua di Leonardo da Vinci

  La parola complementare all'immagine  

Barbara Fanini, linguista dell’Accademia della Crusca e ricercatrice dell’Università degli studi di Firenze, intervistata in occasione del Convegno Decodificare i codici di Leonardo, che si è tenuto a Firenze dal 10 al 12 ottobre 2019, al Kunsthistorisches Institut in collaborazione con il Museo Galileo e sostenuto dal Comitato Nazionale per la celebrazione dei 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci, organizzato da Alessandro Nova e Paolo Galluzzi, parla del rapporto di Leonardo da Vinci (Vinci, Firenze , 1452 - Amboise 1519) con la lingua. 
Si tratta di un rapporto difficile e per certi aspetti anche contradditorio. È noto che Leonardo preferisce il disegno alla parola, dal momento che la parola può tentare di avvicinarsi all’oggetto che intende descrivere ed è uno strumento provvisorio, che varia a seconda del tempo e delle nazioni, mentre il disegno è uno strumento oggettivo, che descrive in un istante ciò che l’occhio ha osservato. 

La parola e l'immagine per Leonardo sono in un rapporto di simbiosi, che diventa imprescindibile nei fogli di anatomia, dove egli afferma che bisogna “figurare e descrivere”. Se il disegno per Leonardo è uno strumento di conoscenza, anche la parola è una via di accesso al sapere, perché trovare la parola esatta per definire un concetto non è che un modo per catalogarlo e inserirlo nell’inventario dell’universo. 

Leonardo a poco più di trent’anni si rende conto che il suo vocabolario di tecnico formatosi nelle botteghe non è più sufficiente e allora inizia a raccogliere vocaboli, termini colti, latinismi e anche a ideare parole ed espressioni nuove, come moto revertiginoso, moto elico, moto trivellante, che gli servono per descrivere la realizzazione fisica. 
La capacità di Leonardo di interagire con la lingua è un aspetto che deve ancora essere approfondito, perché per varie ragioni i linguisti hanno evitato i suoi  autografi, soprattutto per la vastità e la specificità degli argomenti trattati. Ma una significativa inversione di tendenza si è avuta con la realizzazione dei glossari leonardiani, per iniziativa di Romano Nanni, al tempo direttore della Biblioteca Leonardiana di Vinci, che ha coinvolto l’Accademia della Crusca: sotto la guida di Paola Manni e Marco Biffi si è creato un gruppo di lavoro, che ha coinvolto altre università italiane e che ha dato vita ai glossari delle macchine, della prospettiva e dell’anatomia, della meccanica teorica e dell’architettura. 
Inoltre, il Museo Galileo di Firenze, in collaborazione con la Biblioteca Leonardiana di Vinci, ha dato vita alla Leonardoteca, una banca dati, che nasce dalla sinergia di competenze diverse, in cui c’è una sezione interamente dedicata al lessico.