Simone Fagioli. Considerazioni su una "estetica semplice"

Sulla scia di Schiller, Schelling e Croce

Simone Fagioli parla del suo saggio Un’estetica semplice: della bellezza e dell’atto poetico, epilogo del volume Inconsapevoli emozioni, pubblicato nel 2020 dalla Società Editrice Fiorentina, partendo dall’analisi della domanda che il poeta e filosofo tedesco Friedrich Schiller nel 1793 si poneva all’interno della sua ricerca estetica: esiste un concetto oggettivo della bellezza? 
La risposta di Schiller è una quarta via rispetto ad una posizione soggettiva sensibile, soggettiva razionale e razionale oggettiva: egli introduce il concetto di oggettivo sensibile, possibile in forza della “libertà nel fenomeno”, ovvero attraverso un fondamento oggettivo alla libertà nel reale (Cfr. F. Schiller, Kallias, o della bellezza, e altri scritti di estetica, a cura di C. De Marchi, Milano, Mursia, 1993, pp. 51-52). Nel momento in cui l’uomo coglie o produce la bellezza raggiunge uno status estetico, all’interno del quale qualsiasi produzione artistica è libera e disinteressata: questo status equivale ad una seconda creazione rispetto alla prima creazione della natura, ed è, in tal senso, indipendente sia dalla volontà che dall’intelletto umano. Lo studio, come già annunciato, risponde alla stessa domanda iniziale posta da Schiller, in un’epoca, la nostra, in cui spesso si mette in dubbio il senso stesso di porsi tale domanda. Nonostante il bello e la bellezza siano concetti noti ad ogni artista in ogni tempo, all’interno della modernità il concetto di bello sembra non orientare più il giudizio estetico sull’arte: anzi, a partire da Georg Wilhelm Friedrich Hegel si parla di “morte dell’arte”, vale a dire che nella complessità del mondo neo-moderno l’atto estetico non è più completamente autonomo, poiché la bellezza e la ragione si sono così tanto intrecciati, che esso sconfina necessariamente nel pensiero e nei concetti (F.W. Hegel, Lezioni di estetica. Corso del 1823. Nella trascrizione di H.G. Hotho, tr. it. e intr. di P. D’Angelo, Roma-Bari, Laterza, 2019 7, pp. 16, 134, 135). 
I concetti di bello e di bellezza sono legati in maniera indissolubile alla sensibilità: solo attraverso un’esperienza sensibile si può esprimere un giudizio estetico. Un giudizio estetico è sempre legato ad un oggetto o ad un insieme di oggetti, che vengono esperiti da un altro ente (soggetto/uomo): pertanto, il giudizio estetico è l’espressione tipica di un fatto ontologico/conoscitivo. Inoltre, i concetti di “bello in sé” e di “bellezza in sé”, non sono definibili in maniera oggettiva, in quanto sono anch’essi concetti inevitabilmente legati alla sensibilità. L’unico modo che si ha per stabilire che qualcosa sia bello in sé, è quando questo oggetto determinato è considerato bello da una molteplicità di soggetti, per cui acquista un valore di per sé, condizione particolare che dipende dal fatto che una molteplicità di soggetti esprimono lo stesso giudizio di bellezza su quel determinato oggetto. Si può parlare, sotto questo profilo, di un concetto estetico in sé (il bello in sé o la bellezza in sé) che è determinato da un accordo linguistico, vale a dire cioè, che la maggior parte dei soggetti concorda sul giudicare bello quel determinato oggetto. 

Il saggio “un’estetica semplice: della bellezza e dell’atto poetico” mette in luce come il concetto di bellezza si forma nel momento in cui un soggetto ha una percezione sensibile di un oggetto, tale per cui questa azione sensibile fa nascere un sentimento estetico, che si definisce “bellezza”, la quale si esprime con un giudizio estetico. In questo caso, la bellezza acquista un valore per il soggetto che la esperisce, poiché generata da un sentimento di piacere o di felicità, indipendentemente dal contenuto e dalla forma dell’oggetto medesimo.

Nell’esperienza sensibile della bellezza, l’astrazione del concetto viene interiorizzato dal soggetto esperiente: piacere o felicità sono la manifestazione, il riverbero della bellezza e del bello. L’“estetica semplice” è un’estetica della meraviglia, dell’inconsapevolezza dell’essere unita alla ragionevolezza del sentire.
Ma come si collegano i concetti di bello e di bellezza, da un lato con il “bello artistico” generato dall’artista, e, dall’altro, con il suo fruitore? Sinteticamente, si può affermare, che non il piacere fa la bellezza, bensì la percezione sensibile della bellezza provoca, suscita il piacere. Solo nel momento artistico della produzione, la bellezza nasce dal piacere dell’artista-creatore, ma il fruitore estetico non con il proprio piacere crea la bellezza: esso assiste ad una bellezza scaturita, come si è detto, dal piacere dell’artista, il quale genera un secondo piacere, che corrisponde a quello percepito del fruitore. 
E nel caso particolare dell’atto poetico, come si origina la creazione artistica? 
Un poeta conosce la propria creazione estetica, come un inizio nel tempo, non come ciò, che ne sta a fondamento. Un poeta crea, nell’istante, un istante di vita che è il prima e il dopo, che è all’inizio e che, come tale, è improvvisa traccia stabile nel tempo. Un poeta ha, davanti ai propri occhi, un hóti creato di cui non riesce a rendere ragione, di cui egli non riesce a comprendere consapevolmente il dióti e di cui, disperatamente, senza fine e senza posa, si domanda: “tò tì esti?”.

Un poeta, nel tempo della inconsapevolezza dell’essere e del vivere, sente ed avverte, presenti in sé, inconsapevoli emozioni, che lo attraversano irrazionalmente come incontenibili e travolgenti vampe di fuoco, come irrefrenabile successione di entusiasmanti sentimenti, di sacri afflati e divine manie: ha così cominciamento l’atto dello scrivere in versi, teleologicamente rivolto alla creazione ed alla composizione poetica. Le lettere, le parole, i versi e le strofe si susseguono, quindi, in un fluire incessante ed aperto, che appare semplice accadere accidentale, getto casuale di semplici emozioni.

In verità, si può scrivere solamente “appare”, in quanto ciò che effettivamente sia una simile creazione, non può essere dimostrato dalla pura ragione: dell’atto creativo poetico, ed artistico in generale, si ha una semplice intuizione intellettuale estetica (Cfr., B. Croce, Breviario di estetica, Milano, Adelphi, 1990, pp. 22-32). Un poeta giunge, pertanto, ex abrupto, all’inspiegabilità del momento topico del poetare: egli non comprende, egli non capisce, né meglio, né altrimenti, né in modo ulteriore il suo fare poesia. Un poeta intuisce soltanto e non già è in grado di spiegare, (o almeno, non sa e non sa come spiegare), per mezzo di una o di più argomentazioni razionali, la causa della propria creazione poetica. E se è vero, com’è vero, che «[...] come l’artista vien spinto involontariamente alla produzione, e persino con intima resistenza (di qui le espressioni ricorrenti presso gli antichi, quali pati Deum ecc., di qui in generale l’idea di un’ispirazione recata da un afflato estraneo), similmente anche l’oggetto sopraggiunge nella sua produzione quasi senza suo intervento, […] come l’uomo segnato dal fato non porta a termine quello che vuole o che in mente, ma ciò che deve compiere per un destino incomprensibile sotto il cui influsso egli giace, così l’artista, per quanto sia chiaramente intenzionato, per l’aspetto propriamente oggettivo della sua creazione, pare tuttavia trovarsi sotto l’influsso di un potere che lo separa da tutti gli altri uomini e lo costringe a esprimere o rappresentare cose che lui stesso non vede perfettamente e il cui senso è infinito» (F.W.J. Schelling, Sistema dell’idealismo trascendentale, introd., trad. it., note e apparati di G. Boffi, Milano, Bompiani, 2006, p. 559-sgg).

La grandezza del poeta risiede, pertanto, nell’esprimere nella singolarità della sua esperienza sensibile e delle sue immagini l’universalità dei sentimenti umani, di conferire al suo particolare punto vista il carattere della totalità. E in tale espressione risiede la verità? La parola poetica, in altri termini, oltre ad esprimere bellezza è anche portatrice di verità? Afferma senza mezzi termini il poeta inglese John Keats: «Bellezza è verità, verità è bellezza, questo solo/ Sulla terra sapete, ed è quanto basta». John Keats

La parola poetica è portatrice di verità, nella misura in cui «l’essere si disvela all’uomo che lo interroga. Solo nel linguaggio autentico della poesia, si possono trovare le vere risposte che riguardano la nostra esistenza» (S. Fagioli, Burattinai di Parole, Perugia, Cesvol, 2010, p. 6).

Simone Fagioli è un poeta, filosofo e critico d’arte. È professore di filosofia e storia, Accademico Benemerito dell’Accademia Costantiniana di Roma, socio della Società Filosofica Italiana, dell’Accademia Internazionale d’Arte Moderna di Roma, della Società Italiana di Scienze Matematiche e Fisiche e anche Presidente dell’Associazione Culturale “FareCultura”. 
Per la sua attività culturale ha ricevuto numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali, tra cui si ricordano: Riconoscimento al Merito Speciale – Premio Accademico Internazionale di Poesia e Arte Contemporanea “Apollo Dionisiaco”, VII edizione, Roma 2020; Finalista Premio Firenze 2019 XXXVII EDIZIONE; Premio Internazionale Oscar Wilde 2019 – Wilde Vip European Award 2019 (Ottaviano 2019); Finalista XV Edizione del Premio Letterario “Le parole nel cassetto” – (Firenze 2019); Premio Internazionale SpoletoFestivalArt 2018 per la filosofia contemporanea (Spoleto 2018) e per la  letteratura (Spoleto 2012); Premio Nazionale di Poesia “Versi Distillati” (Brescia 2009); Finalista Premio Letterario Nazionale di Poesia “Valle dell’Aniene” (Roma, 2007); Trofeo Internazionale “Medusa Aurea XXVIII Edizione” dell’Accademia Internazionale d’Arte Moderna (Roma, 2005); Finalista con Menzione di Merito III Edizione del Premio Letterario Internazionale “Trofeo Giacomo Leopardi” (Recanati, 2005); Premio Letterario Internazionale “Treditre Editori - Città di Avezzano” (Avezzano, 2004); Premio Nazionale di Poesia “Primavera Strianese” (Striano, 2003); Finalista con Menzione di Merito X Edizione del Premio Letterario Internazionale di Poesia “Poseidonia - Paestum” (Paestum, 2004); Finalista XI Edizione Premio Letterario Nazionale di Poesia e Giornalismo “La fonte - Città di Caserta” (Caserta, 2003); Premio Nazionale di Poesia “Igino Giordani” (Caltanissetta, 2001); 3° Classificato Premio Nazionale di Poesia ”Massimo D’Azeglio” (Barletta, 2000).