I miti d'amore 

Umberto Curi 

Nel video il filosofo Umberto Curi parla di alcuni celebri miti d’amore dell’antichità classica: Eco e Narciso, Orfeo e EuridiceFilemone e Bauci.

La grandissima maggioranza dei miti che compongono il variegato repertorio della mitologia greca e latina è costituito da storie d’amore infelici, dall’esito luttuoso.

Ciò ci deve far interrogare sul motivo per il quale l’occidente non sia riuscito a pensare l’amore se non nella sua relazione indissolubile con la morte.
Una risposta si può forse trovare nel mito platonico dell’androgino, che racconta che ciascuno di noi non è un intero, ma è solo la metà di un intero originario, per cui tutta la nostra vita è caratterizzata dalla ricerca incessante dell’altra metà per ricostituire l’unità. Poiché questa ricerca quasi sempre approda ad esiti negativi, l’amore acquista il carattere tragico di un’aspirazione vana e interminabile.  

Il mito di Eco e Narciso, descritto nel III Libro delle Metamorfosi di Ovidio, racconta di un giovane sedicenne che faceva invaghire tutti di sé. L’aspetto estremamente seducente del personaggio nasconde però un’indole fiera e orgogliosa, che si mostra in maniera particolare nel respingere tutte le richieste d’amore. Per capire il mito nel suo significato più profondo dobbiamo ricordare le parole del veggente Tiresia che profetizzò che il ragazzo sarebbe potuto arrivare alla vecchiaia solo se non avesse conosciuto se stesso. Mettendo in relazione il vedere e conoscere e la possibilità di sopravvivere, il mito di Eco e Narciso contraddice il motto delfico Conosci te stesso, individuando nella conoscenza la via per la morte. 

Il mito di Orfeo e Euridice è narrato nei primi anni dell’era cristiana, sia nel IX libro delle Metamorfosi di Ovidio, sia nella IV Ecloga delle Georgiche di Virgilio. Orfeo e Euridice sono due giovani perdutamente innamorati l’uno dell’altra, che riescono finalmente a coronare il loro sogno d’amore con le nozze. Euridice muore morsa da un serpente velenoso e Orfeo, che non può sopravvivere senza l’amata, si avvia nell’Ade dove chiede alle divinità ctonie che gli venga rilasciata la sua sposa. Con le virtù del suo canto riesce a persuadere Plutone e Proserpina a riportare Euridice tra i viventi, ma non riesce a resistere alla tentazione di guardarla prima di aver raggiunto la luce, con la conseguenza che la sua amata ritorna definitivamente negli Inferi.

Il mito ha duemila anni di storia ed ha avuto le più diverse interpretazioni che non hanno però sciolto l’interrogativo di fondo: poteva effettivamente Orfeo non trasgredire il patto stabilito con le divinità ctonie e non voltarsi a guardare l’amata prima di uscire alla luce, violando così la regola che disciplina il passaggio tra la vita e la morte? 

Anche il mito di Filemone e Bauci è narrato nelle Metamorfosi di Ovidio: Zeus ed Ermes vogliono verificare nella regione dell’antica Lidia il rispetto delle regole della xenia, che impone l’accoglienza dello straniero. Bussano alla porta di Filemone e Bauci, due vecchietti che vivono in una casupola fatiscente, i quali li accolgono e li invitano a condividere quel pochissimo cibo che posseggono. A questo punto le due divinità si fanno riconoscere e per ricompensarli della loro generosità chiedono ai due vecchietti che cosa desiderino. La risposta di Filemone e Bauci è quella che essi desiderano solo morire nello stesso momento per evitare ad uno di loro la pena di dover sopravvivere senza l’altro. Zeus ed Ermes li trasformano allora in due piante destinate, crescendo, ad intrecciare i loro rami con un’unità che si protrae al di là della morte.    

Umberto Curi è professore emerito di Storia della filosofia presso l’Università di Padova, ha insegnato presso l’Università San Raffaele di Milano. È stato visiting professor presso numerosi atenei europei e americani. Nei suoi studi si è occupato della storia dei mutamenti scientifici per ricostruirne la dinamica epistemologica e filosofica, rivolgendosi a uno studio della tradizione filosofica imperniato sulla relazione tra dolore e conoscenza e sui concetti di logos, amore, guerra, verità, pena, approfondendo anche il rapporto tra cinema e filosofia. Tra le sue opere recenti: Straniero (Milano 2010); L’apparire del bello. Nascita di un’idea (Torino 2013); La porta stretta. Come diventare maggiorenni (Torino 2015); I figli di Ares. Guerra infinita e terrorismo (Roma 2016); Le parole della cura. Medicina e filosofia (Milano 2017); Veritas indaganda (Nocera Inferiore SA 2018); Il colore dell’inferno. La pena tra vendetta e giustizia (Torino 2019); Parola ai film (con B. Ayroldi Sagarriga, Milano 2021); Fedeli al sogno. La sostanza onirica da Omero a Derrida (Torino 2021).