Ernst Jünger. Il «testimone di un secolo»

Domenico Conte

Nel video il professor Domenico Conte, intervistato a Napoli nella sede della Società Nazionale di Scienze, Lettere e Arti, parla dello scrittore tedesco Ernst Jünger (Heidelberg 1895 - Wilflingen 1998), un personaggio complesso e controverso, che con la sua vita ha attraversato l’intero XX secolo.
Una vita “divisa” in due parti, inquieta e avventurosa la prima, da contemplatore solitario la seconda e tra le due la Seconda Guerra Mondiale e il nazismo. 
Jünger, esponente di primo piano del reducismo tedesco, assume posizioni politicamente violente di forte radicalismo di destra, entrando in polemica con Hitler che considerava «un borghese». 

Combatte la Seconda guerra mondiale sul fronte orientale nel Caucaso, dove, riflettendo sui tentativi di invasione della Russia, sostiene che Hitler sta ripetendo l’errore di Napoleone, perché ci sono tanti motivi per non avvicinarsi alla Russia ed il principale è di carattere non militare ma metafisico: la Russia è un titano del dolore. 


Dopo la Seconda guerra mondiale Jünger attraversa una profonda trasformazione “filosofica”, si ritira nella foresteria di un castello dove vive in solitudine per decenni come un «contemplatore solitario». 
Nel 1932 scrive Der Arbeiter, Il lavoratore, un’opera decisiva per capire il Novecento, dove descrive tutta l’esistenza umana come  un’esistenza di lavoro: la giornata di lavoro, dice provocatoriamente, dura ventiquattro ore.

Il sottotitolo dell’opera è «Dominio e forma»: il Lavoratore è forma e la forma domina il mondo, ma nel mondo del lavoro il borghese è destinato a scomparire. C’è il «dominio della forma», ma c’è anche «la forma del dominio», si obbedisce e si comanda in un’essenzializzazione molto radicale dei rapporti politici. 


Jünger, attento lettore di Spengler, fu profondamente influenzato dal Tramonto dell’Occidente da lui definito un «libro carismatico». Il concetto di «civilizzazione» unisce i due autori, ma in Jünger questo concetto cambia di segno perché, mentre in Spengler la civilizzazione significa tramonto, fissità, cristallizzazione e alla fine morte, per Jünger la civilizzazione non è il tramonto del vecchio mondo, ma l’avvento di un nuovo mondo, quello del lavoratore. 

Mentre Spengler pensa il tramonto, Jünger pensa una nuova alba e si potrebbe dire che si tratta di albe e tramonti d’Europa. 

Con Jünger c’è una nuova alba, ma è un’alba livida, metallica, non è un’«aurora dalle dita di rosa»: è lo Jünger degli anni Trenta che vede un’alba, ma anche un tramonto, perché la sua fiducia nel mondo del lavoratore si va incrinando. 


Con i romanzi criptostorici e distopici, Heliopolis del 1949 e Eumeswil del 1977, due romanzi della decadenza, il tragitto di Jünger si chiude in un passaggio dalla metastoria alla post-storia e nello stesso tempo dall’antiumanesimo del lavoratore alla ricerca di un nuovo, problematico umanesimo. 

Domenico Conte è professore ordinario di Storia della filosofia nel Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, dove attualmente insegna Filosofia e storia della cultura e coordina il Corso di dottorato in Scienze Filosofiche. È membro dell’Accademia Pontaniana e dell’Accademia di Scienze Morali e Politiche, di cui è stato per due mandati Presidente. È stato anche Presidente Generale della Società Nazionale di Scienze, Lettere e Arti in Napoli. Domenico Conte è studioso della storia della cultura italiana e tedesca fra Otto e Novecento. Fra le sue pubblicazioni si ricordano: Viandante nel Novecento. Thomas Mann e la storia (2019); Primitivismo e umanesimo notturno. Saggi su Thomas Mann (2013); Albe e tramonti d’Europa. Su Jünger e Spengler (2009); Storia universale e patologia dello spirito. Saggio su Croce (2005, trad. tedesca 2007), per il quale ha ricevuto il «Premio Federico Chabod» dell’Accademia dei Lincei; Introduzione a Spengler, 1997 (trad. tedesca 2004); Catene di civiltà. Studi su Spengler, 1994.