Carlo Diano. La tragedia greca 

I sette a Tebe di Eschilo e l'Antigone di Sofocle 

Nel video una lezione del filologo e filosofo Carlo Diano per la Rai del 5 febbraio del 1969, con interventi di attori che recitano brani delle tragedie I sette a Tebe di Eschilo e l’Antigone di Sofocle
 
Creonte, re di Tebe, con un discorso in cui il dovere verso la patria viene considerato come principio di ogni premio e di ogni pena, ordina che ad Eteocle, che ha difeso la patria, siano tributati tutti gli onori che si devono ai morti, ma che Polinice sia lasciato insepolto in preda ai cani e agli uccelli, perché considerato un traditore. Antigone, sfidando la pena che l’attende, va di notte a cospargere di polvere il cadavere del fratello e, colta il giorno dopo in flagrante a ripetere il rito, è condotta dalle guardie davanti al re. 

La contrapposizione è tra due principi ideali, la città e la famiglia, ma nell’Antigone di Sofocle gli dèi sono anche gli dèi dell’amore, non soltanto dèi della giustizia e la sede naturale dell’amore è la famiglia, per cui quando lo Stato nega l’amore nega gli dèi.

Questo fa intendere perché Creonte sia presentato come un tiranno e da quegli stessi dèi ai quali si appella sia condannato ad assistere alla distruzione della propria famiglia. 

In realtà l’Antigone è la denuncia e la condanna del primo stato laico che sia sorto al mondo, lo stato di Pericle, addottrinato da Anassagora che agli dèi aveva sostituito la necessità della natura e la ragione dell’uomo. 

Alla grandezza dell’uomo, alle arti e alla tecnica con la quale egli si impone alla natura, Sofocle aggiunge le leggi incrollabili e non scritte per le quali si immola Antigone e non c’è nulla oggi di più attuale. 

Carlo Diano (Vibo Valentia 1902 – Padova 1974) fu allievo di Nicola Festa, Vittorio Rossi e Giovanni Gentile. Dopo aver insegnato Latino e Greco nei Licei, dal 1933 al 1940 fu comandato dal Ministero degli Esteri come lettore di lingua italiana nelle università di Lund, Copenhagen e Göteborg, cosa che gli permise di lavorare nonostante il rifiuto di iscriversi al Partito Fascista. A Roma frequentò assiduamente l’ambiente della scuola romana di Storia delle Religioni, che grande parte ebbe nel suo pensiero storico-religioso e studi composizione al Conservatorio di Santa Cecilia. Dal 1946 insegnò Grammatica Greca e Latina, Papirologia, Storia della filosofia antica, Letteratura greca, Storia antica presso l’Università di Bari. Nel 1950 vinse il concorso a cattedra di Letteratura Greca presso l’Università di Padova, dove rimase fino al collocamento a riposo. Ivi tenne anche diversi insegnamenti tra cui un seguitissimo corso di Storia delle Religioni. Fu più volte Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia e dal 1958 al 1974 direttore del Centro per la Tradizione Aristotelica nel Veneto da lui fondato. Le sue traduzioni dei Tragici, di Epicuro, di Platone, di Eraclito, di Menandro e di Meleagro lo annoverano fra i maggiori traduttori dei classici. Per i suoi studi epicurei, iniziati nei primi anni ’30, per l’edizione degli Ethica e di papiri ercolanesi è riconosciuto a livello internazionale come uno dei maggiori e più autorevoli studiosi del filosofo di Samo. Insignito di numerose medaglie, riconoscimenti e onorificenze sia in Italia che all’estero, nel 1969 gli fu conferito il Premio dell’Accademia Nazionale dei Lincei; fu inoltre socio di numerose accademie italiane e straniere, sia in Europa che negli Stati Uniti. Si spense a Padova il 12 dicembre 1974.