Corrado Ocone. Nicola Chiaromonte
Percorsi di pensiero nell'Italia del Novecento
Nicola Chiaromonte non può essere definito un filosofo nel senso stretto e tecnico, men che mai professionale, del termine. Non ha elaborato teorie, né ha seguito nei suoi scritti percorsi storico-teorici formalmente compiuti; neanche quando si è occupato di idee e pensatori classici o a lui coevi. Lo si può definire un umanista, nel senso lato del termine, cioè un dotto cultore delle humanae litterae, da cui traeva spunti o in cui trovava appoggio per le sue non sistematiche riflessioni sul tempo attuale e sulla condizione umana; o, per altri versi, un moralista, nel senso classico e francese del termine, quello che trova in Montaigne la prima e forse la più compiuta espressione in età moderna.
La figura di Chiaromonte si inserisce pienamente in un’area culturale che negli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso ebbe il suo massimo fulgore, ossia quella corrente o “aria di famiglia” comune a molti che fu l’esistenzialismo, soprattutto con la sua esigenza, la cui ascendenza non è difficile ritrovare in Kierkegaard, di ritornare all’uomo singolo con la sua specificità e nella sua finitezza. Il che poi significava, o avrebbe dovuto significare, stabilirne la priorità rispetto agli enti collettivi o ai concetti astratti che in quel torno di anni e decenni si erano impadroniti della vita sociale e quindi anche di quella individuale: dalla Razza al Partito, dalla Storia all’Umanità.
Per Chiaromonte la malafede è un concetto pubblico, non legato ontologicamente all’esistenza umana, ma indicante una condizione storica particolare, la nostra attuale. La malafede è prima di tutto per lui “lo spirito del tempo”: segnala il fatto che l’uomo ha perso la fede non solo in Dio ma anche in una qualsiasi idea che dia senso al mondo. È quello che altre volte Chiaromonte chiamerà “nihilismo”.
Corrado Ocone si occupa di filosofia e teoria politica, con particolare attenzione alle tematiche del neoidealismo italiano e del pensiero liberale. Collabora a vari organi di stampa nazionali e a riviste scientifiche italiane e straniere. È direttore dell’area scientifica di “Nazione futura” e membro del comitato scientifici della Fondazione Cortese di Napoli, della Fondazione Craxi, della Fondazione Fare Futuro, della Fondazione Tatarella e dell’Istituto Internazionale Jacques Maritain. Fra i suoi volumi: Benedetto Croce. Il liberalismo come concezione della vita (Rubbettino, 2005, poi Il Sole 24 Ore 2013); La libertà e i suoi limiti. Antologia del pensiero liberale da Filangieri a Bobbio (con Nadia Urbinati, Laterza 2006); Liberali d’Italia (con Dario Antiseri, Rubbettino, 2011); Il nuovo realismo è un populismo (con Donatella Di Cesare e Simone Regazzoni, Il Melangolo, 2013); Liberalismo senza teoria (Rubbettino, 2013); Il liberale che non c’è. Manifesto per l’Italia che vorremmo (curatore, Castelvecchi 2015); Il liberalismo nel Novecento. Da Croce a Berlin (Rubbettino, 2016); Attualità di Benedetto Croce (Castelvecchi, 2016); La cultura liberale. Breviario per il nuovo secolo (Giubilei Regnani, 2018); Europa. L’Unione che ha fallito (Historica, 2019): La chiave del secolo. Interpretazioni del Novecento (Rubbettino, 2019).Chiaromonte fu inattuale nel suo tempo, un tempo dominato dalle grandi ideologie, dalla cultura politica cattolica e da quella marxista, ma anche dala cultura politica laica del Mondo di Pannunzio.